Recensione L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio

Creato il 01 luglio 2014 da Nereia @LibrAngoloAcuto
Ieri e oggi avrei dovuto fare talmente tante di quelle cose che, onestamente, non le ricordo nemmeno tutte. Se sto qui a scrivervi a quest'ora, capirete da soli che di queste cose ne ho portate a termine solo un paio. No, nemmeno un paio, una e mezza. E dire che non sono nemmeno andata al lavoro ieri mattina, quindi avrei potuto, come dire, fare qualunque cosa. Avevo il mondo ai miei piedi e invece... Invece niente. Ho finito Ervas e ho oziato sul letto. Non ho nemmeno dormito, non ho visto un film, niente. Ho guardato il nulla dritto di fronte a me. E non si trattava nemmeno del soffitto, dato che il mio letto è incassato, per cui se alzo lo sguardo vedo l'armadio... Quindi, giovini, ho finito Ervas e fissato l'armadio. Ma sono qui per parlarvi di Haruki Murakami, prima che passi troppo tempo e non trovi più il coraggio di scriverne.
Titolo: L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio
Autore: Murakami Haruki
Editore: Einaudi
Pagine: 264
Prezzo: 20Il mio voto: 4 piume
Trama
Quando vieni tradito dagli unici amici che hai, quando all’improvviso le persone piú care ti voltano le spalle senza una spiegazione, nel tuo cuore si spalanca un abisso dentro il quale è facile precipitare. Tazaki Tsukuru ha convissuto con il dolore di quell’abbandono per troppo tempo. Dopo sedici anni capisce che non può nascondersi per sempre: deve rintracciare gli amici della giovinezza e scoprire il motivo di quel gesto. Ma piú di tutto deve scoprire chi è veramente Tazaki Tsukuru. Il nuovo romanzo di Murakami Haruki è una meditazione sulla natura della felicità, sull’amicizia e il desiderio. Sul prendere coscienza di una cosa: che iniziamo a vivere davvero soltanto quando iniziamo a morire un po’.
La mia recensione
Letto perché avremmo dovuto parlarne in gruppo allo scorso appuntamento di Non sono sòle, mi ha lasciata un po'... Un po' perplessa. Mi sento di precisare che, gruppo di lettura o meno, questo libro lo avrei letto comunque, magari fra circa quindici anni – considerati i miei tempi bradipi (si potrà usare come aggettivo? Sarà mica bradipici?) –, ma lo avrei letto lo stesso. Sì, perché a me Haruki Murakami piace molto, mi piacciono le sue storie, mi piace l'uso che fa delle parole, mi piacciono le immagini che trasmettono i suoi personaggi. Perché, vedete, di Haruki cerco sempre di spiegare agli altri cosa mi piaccia così tanto e non ci riesco mai. O meglio, non riesco a spiegarlo razionalmente. Perché ci sono quegli autori, quei libri, che ti entrano dentro, che sembrano afferrare il tuo cuore con la mano e scuoterlo violentemente, che ti trafiggono i polmoni con le loro parole taglienti e ti fanno respirare appena, togliendoti l'aria. E, capite, è del tutto irrazionale. Murakami scuote il mio cuore ma, ancor più, manda in visibilio i miei neuroni presinaptici. Non so cosa succede a livello cerebrale, probabilmente quello che più si avvicina è uno scoppio di elettricità, qualcosa di simile ai fuochi d'artificio, per intenderci.
Ecco, Murakami mi emoziona nel profondo. Potrebbe descrivere la copertina dell'elenco telefonico o rielaborare il foglietto illustrativo del paracetamolo e io lo troverei interessante, leggendolo tutto d'un fiato.La storia de L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, raccontata da chiunque altro, mi avrebbe annoiata a morte. È un libro dove, parliamoci chiaramente, non succede nulla. E però il nulla di Haruki Murakami non è mai un vero e proprio nulla. Tazaki Tsukuru ci viene descritto come un uomo qualunque, solo e senza amici, innamorato di Sara, una donna che, non sapremo mai perché, risulta sfuggente e dalla personalità poco definita.
Sara è, al contempo, la persona che spingerà Tazaki Tsukuru verso un viaggio nel passato – utile per effettuare il grande passo che lo accompagnerà verso la maturazione interiore – ma anche un personaggio che rimane nell'ombra, a suo modo anonima. Murakami ci guida, con la tipica e affascinante lentezza della letteratura nipponica, dentro il passato di Tazaki, facendocelo vivere attraverso i suoi stati d'animo, le sue sensazioni, le sue mancanze e, soprattutto, le sue convinzioni. Tazaki, l'incolore Tazaki, l'anonimo e poco interessante Tazaki, l'incompreso, triste Tazaki. Ma Tazaki, nella realtà, è così come si percepisce oppure è solo una rappresentazione, errata, che lui ha di sé stesso? Un romanzo che più che narrarci una vicenda, ce ne narra le emozioni che ne derivano. Un viaggio, di "pellegrinaggio" verso il passato, intenso e introspettivo.
Un romanzo che mi ha ricordato, per alcuni aspetti, le atmosfere che mi aveva trasmesso Norwegian Wood, che ho letto un bel po' di tempo fa e che ho molto molto molto apprezzato. La stessa calma nella narrazione, la stessa purezza dei sentimenti, la stessa storia d'amore intensa e, per certi versi, platonica.
Probabilmente non il miglior romanzo di Murakami ma comunque un libro secondo me da leggere e non sottovalutare, se non altro per bearsi delle immagini che l'autore ci regala con le sue parole:“La gelosia − Tsukuru lo imparò da quel sogno − è la prigione più avvilente che ci sia al mondo. Perché è una prigione nella quale l’individuo si rinchiude da solo. Non ci viene spinto a forza da qualcuno. Ci entra di sua spontanea volontà, chiude la porta a chiave dall’interno e getta la chiave dalla finestra, al di là delle sbarre”.
Sì, le immagini. Le immagini che i libri di Murakami trasmettono sono forse quello che più mi fa amare il suo modo di raccontare le storie. Come si trattasse di un libro illustrato, lui riesce a "disegnare" non solo personaggi e ambientazioni  che è qualcosa che riescono a fare tantissimi autori −  ma anche e soprattutto emozioni, sentimenti, sensazioni. Impossibile spiegarlo altrimenti, bisogna che guardiate questo libro attraverso i vostri occhi.
L'unica pecca è forse che, rispetto ad altri suoi lavori, questo libro risulti poco incisivo, che rischi di abbandonare la vostra memoria in breve tempo. Le immagini, però, quelle immagini che ti scuotono dentro... Quelle no, è impossibile dimenticarle.

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