Recensione: L'isola di Arturo, di Elsa Morante

Creato il 28 luglio 2022 da Gliscrittori

Libri Recensione di Davide Dotto. L'isola di Arturo di Elsa Morante (Einaudi). Un romanzo di formazione che attinge da quello d’avventura del '700 e dell'800. Premio Strega 1957, un impasto di elementi realistici e fiabeschi con un linguaggio suggestivo.

L’isola di Arturo di Elsa Morante nell’insieme rappresenta la regione della fanciullezza, una dimensione sacra e indeclinabile. Nel rievocare la sua vita a Procida, Arturo confida il desiderio di tornarvi: «Mi accontenterei d’essere uno scorfano, ch’è il pesce più brutto del mare, pur di ritrovarmi laggiù, a scherzare in quell’acqua». Con questa citazione si apre la trasposizione cinematografica tratta da Damiano Damiani nel 1962.
Se Arturo vi è nato, il padre, Wilhelm Gerace, vi è sbarcato e vi sbarca continuamente. Egli ricorda Ulisse; il castello la reggia di Itaca. Quest’ultimo non è occupato, non c’è Penelope ad attenderlo ma Telemaco. Le donne sono assenti, e tali saranno a lungo. È l’isola a legare padre e figlio, in un comune destino: non staccarsi mai da Procida se non condividendo fantastici viaggi intervallati da infiniti ritorni.

Il vero luogo sperduto è la casa, intorno alla quale “la solitudine fa uno spazio enorme”.

Qui trascorre l’infanzia, senza dare confidenza e frequentare nessuno, nemmeno chi la abita. La mancanza delle donne evidenzia uno stato di abbandono: pavimenti nascosti sotto una coltre di polvere indurita, stanze occupate da gufi, pipistrelli e misteriosi quadrupedi. La donna rievoca qualcosa di antico, alimentando un mito latente.
I nomi stessi delle creature femminili richiamano un modello più elevato: Nunziata, Assunta, la cagnetta Immacolatella. Tuttavia, come nota Graziella Bernabò nel volume dedicato a Elsa Morante – La fiaba estremale donne «non riescono a essere veramente salvifiche perché corrose dalla fragilità».

L'isola di Arturo è un romanzo di formazione, attinge molto da quello d’avventura settecentesco e ottocentesco. Procida è un punto sospeso in cui ci si prepara a ciò che verrà dopo.

Al momento la Storia, la guerra e la morte aspettano fuori dalla porta. Sin dalla prima pagina la realtà tenta l’ingresso in un territorio che l’ha messa al bando. Una lunga serie di affondi pone a repentaglio le certezze di fanciullo, segnando le varie fasi della maturazione di Arturo.
Wilhelm Gerace, il padre, non è sempre all’altezza del mito che gli appartiene.
La giovane matrigna è una presenza estranea, difficile da accogliere e da gestire (arduo abituarsi su due piedi all’idea che uno ti è parente). Emerge una complicata familiarità tra lei e il ragazzo: lui ha quattordici anni, lei sedici. Nunziata mette in discussione l’esistenza del figliastro, la sua innaturale condizione, l’essere vissuto senza madre, in totale isolamento. Assai simile, anche se per poco, a una compagna di giochi, gli oppone una fiaba diversa: «Eh, sarebbe stato bello al tempo che tu eri piccerillo, essere parenti fra di noi».

Fino a ora Arturo è stato un satellite del padre: crescendo acquisisce una fisionomia definita, è un individuo in grado di dare giudizi di cui teme le conseguenze.

Prende le distanze, coglie nuovi termini di paragone. Il comportamento di Wilhelm è inedito e strano: a tratti parla un ragazzo, non l’adulto. Nunziata, moglie e madre, è in mezzo a due fuochi. Arturo, giustificato dall’età, prova sentimenti sui quali deve interrogarsi e interrogare.
Insomma, nel romanzo non vi è alcuno scontro generazionale. Ciascuno sta al confine di differenti età: Nunziata tra adolescenza e maturità è concentrata sul presente. Arturo, tra infanzia-adolescenza, in attesa della rivelazione assoluta e decisiva, è proiettato verso un futuro ricco di promesse ma di poche certezze. Wilhelm è uomo fatto, ha superato la linea d’ombra, continua a guardare al passato, legato al proprio sé adolescente («Sembrava cercasse la nostra compagnia, e nello stesso tempo non la potesse sopportare»): ha eredi che si sono già presi – o si prenderanno presto – ciò che loro spetta.

L'isola di Arturo

di Elsa Morante
Einaudi
Narrativa
ISBN 978-8806222642
Cartaceo 12,35€
Ebook 6,99€

Sinossi 

Il romanzo è un'esplorazione attenta della prima realtà verso le sorgenti non inquinate della vita. L'isola nativa rappresenta una felice reclusione originaria e, insieme, la tentazione delle terre ignote. L'isola, dunque, è il punto di una scelta e a tale scelta finale, attraverso le varie prove necessarie, si prepara qui, nella sua isola, l'eroe ragazzo-Arturo. È una scelta rischiosa perché non si dà uscita dall'isola senza la traversata del mare materno; come dire il passaggio dalla preistoria infantile verso la storia e la coscienza.


Davide Dotto