Molto di più di semplici racconti a tratteggiare l'emozione dell'inizio di un impegno sociale e civile, ma l'insieme dei brani costruisce davvero l'immagine dell'importanza di questo lavoro, dell'amore e della convinzione necessaria a svolgerlo, comune nel tempo, così come le difficoltà e il disinteresse di fondo dello stato che in fondo lo trascura dandolo per scontato e gli stipendi da fame e il senso di abbandono a cui viene lasciato il sistema, come se una volta istituito dovesse funzionare da solo. Vi divertirete come me, scorrendo le storie di maestri che a dorso di mulo raggiungevano aule disastrate in cui pascolavano i maiali o che arrivavano fuori delle frontiere conquistate con l'orgoglio della missione di dispensare cultura. Quelli a cui veniva rimproverato di non avere i baffi per mostrare maggiore carisma o ancora quelle maestrine alle prese con le difficoltà di avere qualche gessetto, un bottiglione di inchiostro o una sdrucita e superata carta geografica, a cui le mamme raccomandavano di picchiarli forte quei discoli, ma tutti uniti dalla coscienza dell'importanza del proprio lavoro. Un libro che può servire anche a ricordare alle istituzioni che da questa scuola pubblica possono nascere i nostri punti di forza, mentre il suo abbandono contribuisce in maniera decisiva alla decadenza del paese. Intanto se vi capita, non perdetevi una visita del Museo della scuola ospitato nello splendore di Palazzo Barolo a Torino, a cui la stessa Pasino dedica il suo tempo e le sue cure attente.
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