Recensione: La casa dei fantasmi, di John Boyne
Creato il 18 marzo 2015 da Mik_94
Se
mio padre è morto è colpa di Charles Dickens.
Titolo:
La casa dei fantasmi
Autore:
John Boyne
Editore:
Rizzoli
Numero
di pagine: 300
Prezzo:
€ 18,00
Sinossi: La
vita cambia all'improvviso nell'arco di una settimana per Eliza
Caine, giovane donna beneducata ma di carattere, amante dei buoni
libri e di famiglia modesta ma rispettabile. Un'infreddatura le porta
via il padre che, a dispetto di una brutta tosse, ha voluto ad ogni
costo assistere a una lettura pubblica del grande scrittore inglese
in una sera di pioggia londinese. Disperata per la morte del
genitore, Eliza risponde d'impulso a un annuncio misterioso che la
conduce nel Norfolk, a Gaudlin Hall, dove diventa l'istitutrice di
Isabella ed Eustace, due bambini deliziosi ma elusivi. Nella grande
casa sembra che non ci siano adulti, i genitori dei piccoli Westerley
sono di fatto assenti in seguito al terribile epilogo di una storia
di abusi, ossessioni e gelosie. Ma contrariamente a quel che sembra,
nei grandi ambienti della villa non è il silenzio a regnare: in
quelle stanze vuote spadroneggia un'entità feroce e spietata, decisa
a imporsi sulla donna per impedirle di occuparsi dei bambini.
La recensione
L'ultimo
John Boyne e le giornate slavate fanno pendant. I proverbi dicono che
non ci sono più le mezze stagioni, e uno ci ride su, ma questa quasi
primavera che fa il filo all'inverno e dialoga con l'autunno, nel suo
limbo fresco e opprimente, ci offre un cantuccio su misura. Inutile
dire, inutile fare. Mettiamoci comodi e fingiamo che le feste
natalizie non ancora debbano venire e che gli esami siano, dunque,
cosa lontanissima – e se solo gli ombrelli non mi abbandonassero
per strada e le macchine veloci non mi inzuppassero i pantaloni,
facendo tuffi nelle buche ribollenti, io mi fingerei anche
contento. Sono pigro e lento, fatto apposta per l'inverno. L'estate
mi stanca. La stagione degli amori in ritardo ha visto uscire in
ritardo un romanzo figlio di una Londra ottocentesca uggiosa e pesta:
una creatura di carta che mi avrebbe portato compagnia nei mesi
notoriamente più crudeli. Adatissimo ai bar con gli sbuffi dei tè e
i pasticcini, i vetri appannati e le luci basse. Una visione molto
british, troppo per la misera provincia italiana, anche se scommetto
che caffè istantaneo e biscotti del discount, con la luce dell'abat
jour che ha assistito a tutte le mie letture quando, in soggiorno,
con una scintilla e uno scoppio sordo si erano fulmine di comune
accordo tutte le lampadine, avrebbero reso altrettanto suggestiva
l'atmosfera che La casa dei fantasmi si merita. Da sé,
soprannaturale e prepotente, ha chiamato a raccolta le nuvole, in
mancanza dell'inverno. Un inverno finto, questo, in cui incastonare
un romanzo gotico bello, riuscito, rigorosamente vecchio stile, che
ha diritto alle sue misteriose presenze, alle notti buie e tempestose
delle frasi fatte, alla sua modica dose di spifferi. Inizia con
Charles Dickens e, apparentemente, lo abbandona al secondo capitolo,
ma Dickens resta – spettro tra gli spettri – insieme alla più
passionale delle sorelle Bronte, in un volume che vive di citazioni
alte e basse, di sacro e profano fusi insieme, e che spazia con tocco
fatato dall'alta letteratura di genere alla Susan Hill di The
Woman in Black, dalle pellicole a basso budger – ma ad alto
fascino – con il logo della Hammer al Guillermo Del Toro che verrà.
La trama, sentita mille volte ma d'effetto, segue la giovane
protagonista – sfortunata ragazza dotata di una bellezza sgraziata
e acerba – alle prese con una settimana in cui tutto cambia: il
padre, accanito lettore di salute cagionevole, si ammala per colpa
di Charles Dickens, in occasione di una lettura pubblica per via della quale, al
braccio dell'unica figlia, aveva voluto sfidare il freddo; la casa in
cui è cresciuta è venduta al migliore offerente; c'è un certo H.
Bennett, sul giornale, che cerca un'istitutrice. Sarà parente di Liz e
Darcy?
Dietro quel lavoro stimolante, al di là di quell'identità
mascherata da un'abbreviazione, una casa stregata di cui tutti
parlano, due bambini che – senza adulti – fan da padroni,
l'inquietante susseguirsi di sei governanti. Sei governanti morte in
un anno. Le finestre si spalancano all'improvviso, mani gelate ti
artigliano le caviglie, i bambini hanno un inseparabile amico
immaginario, si avvertono rumori in soffitta. Eliza capisce di non
essere la benvenuta e che quel piccolo castello di carte nella nebbia
è infestato; ma da chi? L'indagine per portare alla luce alla verità
richiederà intraprendenza, coraggio e un pizzico di sconsideratezza.
Non immaginatela come un percorso spettacolare, fisico, scandito da
insidie continue e sparizioni, ma più come una chiacchierata davanti a
un tè fumante che, sorso dopo sorso, non finisce più. Alla porta di
Eliza si presenteranno grandi opportunità e ospiti casuali e, come
da buone maniere, il dialogo schietto con vicini e vecchi amici della
traviata famiglia di cui è ospite le permetterà di dare finalmente
un senso agli incubi notturni, alle sinistre presenze, al suo vero
compito. La curiosa mancanza d'azione, nella parte centrale, fa sì
che siano le voci degli altri prima a tessere, poi a disfare le fitte
trame del mistero. Quella è la sua peculiarità più grande: la
scoperta – attreverso conversazioni signorili – di ciò che è
accaduto e di ciò che potrebbe accadere. Quella narrazione non più
a senso unico si fa dialogo e, parlando di spose selvagge e matrimoni
fatali, ti mette la suggestione addosso. Ti fa voltare, nei corridoi,
al minimo sussurro. L'originalità non è il suo punto forte, e si
capisce già dal titolo, coraggiosamente scontato. Ma letto per quel
che davvero è, ossia un elegante e sentito omaggio alla narrativa di
genere, La casa dei fantasmi –
Bignami, per temi e struttura, di ghost story con la lettera grande,
vecchi e nuove che siano – è una prova maiuscola di scrittura e
imitazione. Un gioco (con le parole, con i classici intoccabili, con
tutti i luoghi comuni possibili) garbato, allusivo e divertito che
in pochi, autori navigati soprattutto, possono saltuariamente
concedersi. Boyne, scrittore da me mai letto prima, ma nome di punta
nella narrativa per ragazzi – suo il famosissimo Il
bambino col pigiama a righe –
può permetterselo. Credibile alle prese con un punto di vista
femminile e con un periodare tutto infiocchettato che richiama alla
lontana quello tardo ottocentesco; scontato un po', ma banale mai. La
casa dei fantasmi è uno di quei
romanzi che ti fanno essere grati alla pioggia, al freddo, alle
nebbie al mattino. A un marzo pazzo, che affoga le pratoline nelle
pozzanghere sporche e ti lascia in balia del cattivo umore. Le
giornate si allungano, ma un cielo nero è un cielo nero e tu non
distingui alba, crepuscolo e quello che c'è al centro. Col buio
fuori, si accendono le luci a qualsiasi ora del giorno. Il caminetto
che non c'è, un termosifone goggiolante che adempie quindi al suo dovere.
Atmosfera perfetta per concedersi un romanzo perfetto forse no, ma
preciso, puntuale. Squisitamente in tema.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: P.J Harvey – Red Right Hand
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