[Recensione] La favola di Eros e Psiche di Apuleio

Creato il 27 ottobre 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

Titolo: La favola di Eros e Psiche
Autore: Apuleio
Editore: HappyPrice
Prezzo: 3,90  €
Pagine: 149
ISBN:978844042486
Voto: 

Trama:

Quella di Eros e Psiche non è esattamente una storia a sé: costituisce infatti una digressione (tutt’altro che breve) dell’opera più importante di Apuleio: Le metamorfosi (nota come Asino d’oro). Unico romanzo della letteratura latina pervenutoci intero, è costituito da 11 libri, nei quali si snoda la vicenda del giovane Lucio, accidentalmente trasformato in un asino, che cercherà di superare le difficoltà per invertire l’incantesimo.
La favola va dal capitolo 28 del libro IV al capitolo 24 del VI e viene raccontata da una vecchia per tranquillizzare una ragazza nobile rapita.
Allora… la trama in soldoni è la seguente: si sparge ovunque la voce dell’esistenza di una creatura di rara bellezza; così meravigliosa che le genti cessano d’ingraziarsi la dea Venere (nota per essere da sempre la più bella) per porgere i loro sacrifici alla graziosa mortale. La divinità non la prende affatto bene e manda il figlio dissoluto Eros a gettare una sorte maligna sulla giovane. Il dio invece s’infatua di lei e la sceglie, ma Psiche non può assolutamente vederlo in volto; da lì emergeranno i problemi e la vastità della fragilità umana. Si apriranno piaghe, nelle quali la dea Venere infuriata non perderà occasione di girare il dito.
Psiche pagherà a caro prezzo la sua curiosità e la disubbidienza al marito, ma non tutte le forze della natura saranno esattamente contro di lei. Riuscirà la bella giovane a placare la furia della suocera e la delusione del marito?

Recensione:

Premetto che il mio è un voto relativo. Relativo al fatto che la narrazione è comunque parte di un quadro più esteso; presumo un frammento ricreativo (no, non ho letto tutti gli 11 libri) in cui l’atmosfera non debba essere troppo tesa. Più in fondo esporrò meglio il mio ragionamento.
Estremamente interessante l’inizio: mi ha rapita da subito, con questa ragazza, donna che per quanto incredibilmente desiderata, viene ritenuta irraggiungibile; pertanto nessuno la chiede in sposa, quando le sorelle meno appariscenti son già felicemente maritate. Ti scioglie il cuoricino leggere di questa bellezza dagli uomini più che apprezzata, dalle donne invidiata, che la porta solo a finire su un piedistallo. Totalmente incompresa.

Tutti la guardano, la lodano, ma non c’è nessuno, non un re o un principe ma nemmeno un uomo del popolo che, volendola, si presenti a chiedere la sua mano. Ammirano appena quella bellezza divina, ma al modo in cui tutti ammirano una statua di eccezionale fattura. Già da tempo le due sorelle più grandi (…) erano felicemente maritate. Invece la vergine Psiche stando tutta sola in casa piange di continuo la solitudine cui è relegata, malata nel corpo e ferita nell’anima.

Apuleio ha un modo di scrivere particolare: sarcastico tra le righe sempre in modo fine, a tratti serio e soprattutto ci mette del suo: è un narratore più che presente, che talvolta fornisce giudizi sulle persone e anticipazioni su ciò che accadrà. Lo stile è ciò che considero più divertente e raffinato dell’insieme, anche perché il libro si apre con le migliori prospettive, poi si perde per strada.
Non tutti i personaggi sono caratterizzati come si deve: gli dei specialmente seguono stereotipi caratteristici, spesso non denotano uno spessore psicologico che va oltre l’affettività e l’ubbidienza verso i superiori. I più tratteggiati sono Venere, presentata come ostile a Psiche perché disturbata dalla sua eccessiva bellezza (tra l’altro a una certa non la capisco più) e il figlio Eros, che comunque non è così combattuto nel disubbidire alla madre; ma tanto è abituato a fare sempre quello che gli pare.
Le descrizioni dei mortali restano da favola: il cattivo è cattivo e non ha un movente più profondo che potrebbe farlo sembrare buono da un diverso punto di vista; ne consegue un racconto  divertente da un lato, ma poco introspettivo dall’altro.
Della bellissima giovane se ne potrebbero dire parecchie: non mi pronuncio più di tanto per evitare gli spoiler che farò poi, ma è un po’ una poveraccia: non c’è una volta che rifletta prima di fare qualcosa. A pensarci bene lo fa in un’occasione sola, che comunque non è da lei e sembra forzata.
Ho gradito molto le sorelle di Psiche: una più perfida dell’altra, sono due perfette faine che pensano solo agli interessi economici e  a volere male alla ragazza che è stata fortunata. Lì proprio mi sono detta: ma che cattiveria col sangue del proprio sangue!
E’ stato davvero divertente seguire dove le avrebbero portate le loro perverse intenzioni.

Hai notato con che superbia, con che spocchia ci ha ricevute? L’arroganza aveva gonfiato il suo animo al punto di scoppiare! Di tutto quel ben di dio, poi, che cosa ci ha dato? Inerzie, e malvolentieri per giunta. (…)
Ma io non sono una donna e non sono più viva se non mi riesce di farla cadere a precipizio dall’alto delle sue ricchezze. E se anche tu, come dovrebbe essere, senti il colpo subìto che fa male, vediamo di metterci d’accordo per cavarne qualcosa di buono. 

Ok… chi vuole godersi il libro senza rovinarsi la fine, chiuda che ha già letto ciò che deve sapere. Da qui in poi parlerò integralmente della storia. Anche di come termina. Io ve l’ho detto; uomo avvisato, muore ammazzato (della serie “Proverbi fai da te”).

Innanzitutto ci sono elementi che si prendono a pugni tra loro: Psiche che prima facilona facilona si fa imbrogliare dalle sorelle passando da ingenua, poi addirittura nel bramare vendetta  diventa peggio di loro e le induce a schiantarsi da una rupe?! Cos’è? Nel frattempo ha fatto un corso di raggiro e l’ha messo in pratica? (Questa  è l’occasione in cui si è giocata la cartuccia cervello)
La ragazza, ovviamente non impara mai. Prima mette in dubbio la parola di Eros e ne scopre per forza l’identità, nonostante le era stato spiegato chiaro e tondo che se l’avesse visto sarebbero stati cavoli. Fa l’errore, il suo uomo fugge via e Venere la trova mandandola fino agli inferi pur di metterla in difficoltà.
Gli animali, neanche fosse Biancaneve l’aiutano a superare le prove;  va bè, è una favola… ma porca pupazza: nell’ultima prova attraversa gli inferi seguendo scrupolosamente le raccomandazioni altrui (era più semplice montare una cucina Ikea), per prendere un po’ di bellezza da consegnare a Venere, chiusa in una scatolina che non deve aprire. Va tutto liscio come l’olio, non sbaglia una virgola e poi che fa?! Ovviamente  apre la scatola…ma allora o ci sei, o ci fai.
Da quel contenitore esce il sonno profondo che la colpisce e fa cadere in mezzo alla strada. Voi direte: “peccato, ce l’aveva quasi fatta”. Eh no! Ce la fa lo stesso! Perché poi arriva Eros e in quattro e quattr’otto la sveglia.
Direi che questa, più che bellezza possieda un’altra cosa in gran quantità. Tra l’altro, delle terribili prove della dea, non ce n’è una che affronti interamente da sola. Se avesse fatto a modo suo sarebbe stata spacciata da un pezzo. Forse morta a inizio libro.
Come se questo non bastasse, c’è il colpo di grazia: la leggiadra fanciulla in precedenza aveva chiesto aiuto a un paio di dei, che le avevano chiuso elegantemente la porta in faccia; arriva Eros, si raccomanda direttamente a Giove e lui la rende dea e celebra delle nozze divine…. con (tenetevi forte) niente popò di meno che Venere che IMPROVVISA UN’ ORCHESTRA E BALLA AL MATRIMONIO!! Ma ce l’avevi con lei o no?! Tra un po’ ero io ad essere furiosa con Psiche. Ah, dimenticavo… miss mondo in precedenza era rimasta incinta ed esce fuori una piccola dea (ah, viene frustata, maltrattata; ma senza perdere il bambino).
Comprendo i ruoli mitologici, l’ubbidire a una divinità superiore, capisco la favola eccetera eccetera eccetera; ma far sì che Afrodite rimanga addirittura contenta credo sia troppo anche per l’inverosimile.
Le tre stelle e mezzo non sono ovviamente per la veridicità degli avvenimenti; alla fine è una favola e non si può nemmeno biasimare l’happy ending forzato, perché l’intermezzo è finalizzato a consolare una prigioniera: non poteva certo inventare una storia per farla disperare peggio.
La vicenda offre un quadro indefinito e nel contempo preciso dell’epoca: sono presenti continui rimandi al culto misterico al quale Apuleio era iniziato e della legge, che lui conosceva in modo impeccabile. Questo non lo fa presente nemmeno la prefazione, ma ho notato la sottile, tragica paura di Venere di essere rimpiazzata: blando rimando all’angoscia delle donne quando pensano alla vecchiaia e al fatto che verranno sostituite da ragazze più fresche e giovani. Straordinario in una dea un sentimento così sottilmente umano, l’ansia dei riflettori che si spengono sulla propria persona e iniettano veleno nell’anima.


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