Recensione "La luce della Luna" di Nagai Kafu

Creato il 16 settembre 2011 da Alessandraz @RedazioneDiario
Nel mondo fluttuante dove ogni cosa muta L’amore non cambia mai nelle sue promesse di mai cambiare. Canzone delle geishe (in Storia di un mondo segreto – Geisha, di Lesley Downer)
Quella di Komayo è la storia di una donna divenuta per destino geisha e per vocazione eroina di un romanzo. Probabilmente meno conosciuta in Occidente delle più famose Sayuri (protagonista di Memoirs of a Geisha, di Arthur Golden) e Tami (Jotoku – La virtù femminile, di Harumi Setouchi), pur essendo loro contemporanea e “sorella” Komayo sembra quasi appartenere a un’altra realtà; in parte per la sua vicenda personale che si discosta dalla loro, in parte per lo stile narrativo di Nagai Kafu. L’autore infatti, ben lontano dai toni intimistici epoetici di Golden, da quelli autobiografici della Setouchi, da quelli sensuali e scabrosi dell’autore anonimo di Romanzo di una geisha, e anche da quelli didascalici e nostalgici della Downer (Geisha. Storia di un mondo segreto)*, racconta la sua storia con uno sguardo disincantato e venato da un certo realismo cinico.
La storia di Komayo inizia dove quella delle altre geishe letterarie finisce: già affrancata dal suo debito nei confronti della Okiya grazie a un generoso e innamorato danna, e da lui sposata, Komayo si ritrova dopo soli tre anni di matrimonio vedova. Sentendosi sperduta e sola nella fredda campagna della settentrionale Akita (in Hokkaido) e nell’inospitale e rigida famiglia acquisita, non trova altra strada che quella di tornare all’unica realtà che ben conosce, quella del mondo fluttuante del quartiere di Shimbashi, dove ha vissuto la sua prima giovinezza come geisha, conosciuta col nome diKomazō. Ma tornare a essere geisha dopo aver creduto di essersene lasciata alle spalle doveri, sacrifici e timori non è facile e Komayo, nonostante l’ottima accoglienza ricevuta da padroni di ochaya, sorelle geishe e clienti, non riesce a gestire bene la sua vita, i suoi affari e il suo futuro. Si ritrova infatti presto legata e vincolata a tre uomini: per famigliarità all’autoritario Yoshioka, conosciuto sette anni prima, che diventa il suo danna e che intende riscattarla dall’Okiya, ma che lei tradisce; per soldi a un cliente che lei ribattezza “mostro marino”, del quale sopporta la violenza e l’orrenda presenza fisica; e infine per amore al capriccioso e superficiale onnagata Segawa, per il quale sacrifica molto e dal quale viene abbandonata e umiliata pubblicamente. Dopo questi terribili colpi e cocenti delusioni, Komayo riesce contro ogni speranza ad assicurarsi un futuro, se non felice almeno sereno, grazie alla generosità inaspettata di un personaggio insospettabile.

Ma, al di là dell’apparente tema centrale e al di là del lieto fine, quella raccontata da Kafu più che la storia di una geisha risulta essere una galleria di ritratti, dipinti con pochi, minimali e decisi tratti, che riescono ad animare il vero grande quadro che interessa all’autore: quello di un Giappone che sta cambiando, che sta abbandonando valori, istituzioni e tradizioni, in favore di una superficialità, di un arrivismo, di una mancanza di rispetto, di poesia, di coscienza. Le espressioni più ricorrenti nel romanzo sono “Ma i tempi stavano cambiando…”, o una delle sue parafrasi, e “l’inevitabile tendenza dei tempi”, sempre accompagnate da una realistica panoramica della realtà e da un indiscutibile senso di rammarico, rimpianto e nostalgia e soprattutto di impotenza. Così c’è sì il ritratto dell’impotente fanciulla condannata dalla tradizione per ben due volte a un destino gravoso e infelice, ma c’è anche quello della giovane Ranka che, pur presentandosi come geisha, si allontana dalla sua figura remissiva e posata per abbracciare con entusiasmo e opportunismo le libertà sessuali ed espressive dell’Occidente: definita “una di quelle nuove donne”, con un’evidente connotazione negativa, ottiene però un grande successo tra i clienti più licenziosi! Il medesimo successo raggiunto dal rampante Yoshioka, che dopo aver studiato all’estero ed essere rientrato in Giappone, trova un ottimo impiego e scala la gerarchia aziendale, amato dai superiori e guardato con astio dai colleghi, e si costruisce una salda reputazione come professionista e affarista, ma anche come edonista nel mondo fluttuante, cavalcando così tra il mondo futuro verso cui è proiettato il Giappone e quello tradizionale che si sta spegnendo, e riuscendo a prendersi il meglio da entrambi, proprio come Ranka.

Per i ragazzi dell’era moderna, scevri di qualsiasi traccia dei valori del confucianesimo che avevano forgiato le generazioni passate, l’unica cosa che contava veramente era il successo, raggiungere il proprio obiettivo, e Yoshioka non aveva mai avuto l’inclinazione o il tempo libero per mettere in dubbio i mezzi che lo avevano portato fin dove era arrivato. Non c’era davvero nulla per cui sentirsi in colpa: si trattava semplicemente dell’inevitabile tendenza dei tempi. (pag. 61)

E poi ci sono i ritratti di coloro che sono appartenuti al Giappone dei valori confuciani, dell’armonia shintoista, della poesia tradizionale, e che assistono sgomentie nostalgici al suo lento sbiadire: Gozan, ex cantastorie che dopo aver sposato una geisha è diventato con lei proprietario di un’ Okiya, e Kurayama, romanziere e autore di ballate jōruri e di pièce per il teatro kabuki.
Ma i tempi stavano cambiando, soprattutto nel primo ventennio del Ventesimo secolo. Novi sviluppi caratterizzavano la letteratura, l’arte, il teatro, la musica popolare e persino le cose della vita quotidiana. Lungi dal volerne prendere parte, Kurayama trovò sempre maggiori motivi di indignazione (pag. 141) <<Per qualche motivo non penso che potrei. Non con il mondo di adesso. Non c’è più nessuno che desidera rimanere fermo abbastanza a lungo da ascoltare vecchie storie>> (Gozan).

Così, quello di Kafu è un romanzo che inaspettatamente pone accenti toccanti non sugli amori e le sofferenze della giovane geisha protagonista, ma sugli amori e le sofferenze di un Giappone che sta smarrendo la sua identità e che vive tra nostalgia per il passato glorioso ed entusiasmo per un futuro che appare luminoso ma anche immemore e cieco.

Non importava quanto si fossero occidentalizzati i costumi e le maniere: finché si continuavano a sentire le campane di una notte d’estate o a vedere il flusso della Via Lattea in una sera d’autunno, finché sopravvivevano gli alberi e le piante tipiche di ogni regione, fino ad allora era cero che il dolore sarebbe rimasto sempre al centro delle relazioni tra uomini e donne, come dicevano le vecchie ballate. (pag. 140)

«Uno dei più grandi autori giapponesi del XX secolo» Japan Times

L'AUTORE: Nato a Tokio nel 1879, Ngai Kafu, nome d’arte di Sokichi Nagai, è considerato uno degli scrittori giapponesi più rappresentativi del XX secolo: l’autore che, con le sue opere, seppe cogliere le contraddizioni di un Paese in bilico tra l’eredità del passato e le tensioni generate da un profondo programma di rinnovamento politico e sociale. Figlio primogenito di un burocrate di origine samurai, viaggiò a lungo negli Stati Uniti e in Francia, opponendosi alla deriva militarista e autoritaria del Giappone e conducendo un’esistenza considerata ribelle e libertina dai suoi contemporanei. Morì nella capitale del Giappone nel 1959. Tra i suoi libri tradotti in Italia, oltre a La luce della luna, la raccolta Al giardino delle peonie e altri racconti (Marsilio, 2000).
*Bibliografia Arthur Golden, Memorie di una geisha, Tea, 2000 Harumi Setouchi, La virtù femminile, Neri Pozza, 2000 Lesley Downer, Geisha. Storia di un mondo segreto, Piemme, 2002 Mako Yoshikawa, I mille modi dell’amore, Piemme, 2000 Anonimo, Romanzo di una geisha, Dellavalle editore, 1971 Jina Bacarr, Passioni di una geisha, Harlequin Mondadori, 2006

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