Autore: Will Davis
Editore: Baldini Castoldi Dalai
ISBN: 9788860733757
Num. Pagine: 288
Prezzo: 17.00€
Voto:
Trama:
Cosa succederebbe se i tuoi genitori si odiassero e ti volessero mandare in analisi? E se tua sorella, saccente e santarellina, insieme con il suo gruppo di amiche bigotte, avesse deciso di redimerti? Cosa succederebbe se il bullo della scuola e i suoi sodali stessero cercando di darti una lezione? E se la tua migliore amica avesse appena svelato la tua omosessualità a un nazi-punk? A Jarold, Jaz per gli amici, nessuno di questi problemi pare togliere il sonno, almeno finché non incontra l’uomo dei suoi sogni in un club gay e all’improvviso le cose si fanno più complicate…
Recensione:
Ci ho pensato soltanto dopo un certo periodo di riflessione (e anche dopo averlo letto, in effetti): questo libro rimanda un po’ a Il giovane Holden. Un protagonista piuttosto scontroso, impregnato di un cinismo forse di massa, che ostenta una certa acidità e un perenne malumore criticando ogni cosa possibile e immaginabile, giustificando il tutto col fatto che l’adolescenza è un periodo schifoso, che va tutto male, che le persone sono brutte e cattive, blablabla.
Ok, la prima cosa che mi ha fatto un po’ storcere il naso è che la narrazione è verista. Cos’è il verismo? I Malavoglia vi dicono nulla? In pratica ci troviamo davanti a dialoghi in cui il termine non è specificato, siamo noi lettori a dover intuire dove finisce il dialogo e dove inizia la riflessione, le due cose non sono separate, causando quel tipico spaesamento che costringe a rileggere le frasi due o tre volte per capirci qualcosa. E già questo mi ha fatto capire che questo romanzo non sarebbe mai entrata nei miei preferiti.
La trama, se la si spoglia dei commenti sì sprezzanti ma coloriti del protagonista, è piuttosto banale: un ragazzetto astioso e insoddisfatto, gay, che ha paura che la società intorno a lui lo possa giudicare anche se ostenta un menefreghismo tipico dei timorosi, incontra per caso un uomo di cui si “innamora” perdutamente, e dopo, assieme all’immancabile amica-confessionale, decidono di fuggire e andare a cercarlo.
Il finale fa un po’ cascare le braccia, in cui vediamo una surreale contrapposizione col suo pensiero che cerca in tutti i modi di mantenere le distanze dai propri genitori – un madre asfissiante e un padre fantasma – e il proprio ego che invece scoppia il lacrime rivelando una parte di lui più emotiva, profonda e forse più interessante, che però l’autore ha pensato bene di precluderci perché gli andava così.
La mia versione dei fatti non è un’opera disastrosa, ma nemmeno eccellente, scelte stilistiche piuttosto estemporanee che di certo non aiutano a catturare l’attenzione del pubblico, una trama che non ha nulla di nuovo, e un protagonista che sembra un Holden dei giorni nostri, che però continua a mantenere il suo carattere schizzinoso e piuttosto irritante.
Da leggere solo se avete tanta pazienza verso gli esseri umani.