RECENSIONE
Siamo alle soglie dell’anno Mille, periodo d’attesa di una paventata fine del mondo, pregno di misteri, magie e superstizioni. Realtà storica e fantasia, si scambiano e s’intrecciano creando la perfetta scenografia in cui esibirsi. I primi a salire sul palco sono Sytane e Dmtrj, “Una ninfa dalla pelle di resina lucente e dagli occhi color del legno bagnato” lei, albino dal ramingo passato, lui. Una storia d’amore che sfida i pregiudizi sull’aspetto esteriore ed il colore della pelle, che supera con pazienza le dolorose morti di tre figli. Una storia d’amore, che darà la vita ad un esserino che sulla schiena porta “due coppie di grossi petali di fiordaliso, simili a due ali ” e che da grande sboccerà in una donna dall’abbagliante bellezza. Asia sarà il suo nome.
Secondo atto: nuovi attori si affacciano sulla scena. Cincinnatus e Stella, ricco giovane grecoromano lui, bellissima schiava dagli “occhi glauchi intarsiati di pagliuzze d’orate ”, lei. Un altro amore, un’altra sfida al mondo. Questa volta sono le convenzioni sociali, le differenze di classe ad essere spezzate e superate. Il passato viene lasciato indietro senza rimorsi o rancori e sulla nuova via, tre doni vengono raccolti: i loro nomi saranno Lug, Kendeas e Maris.
Terzo atto: è il momento di mescolare le carte e incrociare i destini dei beniamini finora conosciuti. Qualcun altro però reclama la scena; vi si è intrufolato brevemente con sogni e visioni negli atti precedenti, ma adesso il dietro le quinte gli va stretto e chiede di esser presentato.
L’incursione è finita, e possiamo tornare alla cornice originale. La seconda generazione, ormai cresciuta e fatta di giovani straordinariamente peculiari, deve incontrarsi e scontrarsi. La prima tessera di domino deve cadere e solo alla fine, guardando dall’alto, sapremo quale disegno quest’autore-artista, ha voluto regalarci. Gli atti di quest’opera in realtà sono quattro (come i capitoli), e l’ultimo, il più lungo e avventuroso, merita di essere sfogliato senza conoscerne il contenuto. Il mio breve racconto di questa storia straordinaria si ferma qui, lasciando tutto sospeso e nebuloso, per non disperdere la magia creata da Mazzanti.
Tre a rappresentare tanti altri, equipaggio curioso e variegato di questa nave chiamata Destino. Per salire a bordo si deva aver amato: con passione, struggimento, dolcezza o dolore, non fa differenza. Che tu sia stato ricambiato o tristemente ignorato, non ha importanza. L’importante è far salire i battiti e scaldare l’animo. Per salire a bordo si deve aver cercato: con tenacia e determinazione, in ogni angolo di mondo conosciuto e non, la strada cucita sulla propria pelle. “Il proprio destino”. Una storia, fatta di altre storie, di volti ed emozioni, scritta con lo stile lirico di chi ha l’animo poetico e vede il mondo attraverso il velo dell’artista. Le descrizioni fisiche sono qualcosa di straordinario, unione di colori e suggestioni, che richiamano alla mente lo stile sensuale e immaginoso di Isabel Allende o del Marquez di “Cent’anni di solitudine” (fatto curioso è la scelta del cognome delle gemelle barbute, Melquiades, che nel romanzo dello scrittore Colombiano è il nome di uno zingaro girovago, precursore di tempi e invenzioni).
“Stella aveva occhi glauchi intarsiati di pagliuzze dorate e la carnagione che riportava alla mente le bianche braccia delle statue delle dee greche e gli ignudi corpi marmorei dei campioni olimpici. L’esposizione alla luce solare dei giorni più caldi e tersi donava fresche sfumature d’albicocca alla sua pelle, sulla quale andavano accendendosi lentamente efelidi briose come una manciata di petali di fiori bruni”.Durante la lettura, ho sentito però la mancanza di un maggior numero di dialoghi. Le parole che escono dalla bocca del protagonista (e non), il non detto, il sott’inteso, rendono il personaggio più vero, vicino e accessibile. Ma forse è una scelta stilistica ben precisa, per mantenere definito il confine tra realtà e fantasia, per lasciare al lettore il ruolo di spettatore che seduto davanti al palco, non può toccare gli attori, soltanto seguirli ed accompagnarli durante la rappresentazione. Altro appunto, la lunghezza del libro. La storia avrebbe meritato più pagine e parole, più respiro. Quello che ho definito quarto atto, aveva ancora molto da dare, poteva svilupparsi maggiormente e farci sognare ancora un po’.
Tutto questo però non toglie niente a quanto già detto, la novella è lieta e scritta molto bene, i personaggi sono ben tratteggiati e i particolari descritti con accuratezza. Ci sono diversi elementi salienti che arricchiscono, come i versi delle canzoni/ poesie o l’uso dei fori per meglio caratterizzare il personaggio e imprimerlo nell’immaginario.