[Recensione] La profezia del lupo

Creato il 18 agosto 2013 da Topolinamarta

Vi sono mancate le mie recensioni dei “fèntasi + orribbili” che ci siano in circolazione? Sperò di sì, perché ce n’è un altro in arrivo! Anzi, a dire la verità sono addirittura DUE in UNO!

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Titolo: L’eredità dell’ombra
Fa parte di: La profezia del lupo (#1/?)
Autore: Marilù Monda
Tags: fantasy classico, elfi, elementi, prescelti
Editore e collana: Piemme Freeway
Pagine: 382
Anno di pubblicazione: 2012
Prezzo: €14,90 (eBook €6,99)
ISBN: 9788856620535
Formato:  cartonato con sovraccoperta
Copertina e grafica: L. Tarlazzi, C. Flegenheimer
Traduzione: Roberta Marasco
Editing:
Alice Fornasetti
Valutazione: 

RIASSUNTOIl cielo è un’oscurità impenetrabile, i corvi e le cornacchie lanciano le loro stridule grida, nubi di pipistrelli riempiono l’aria: sono tutti presagi di guerra e morte perché il Clan dell’Ombra ha conquistato il mondo e sta seminando caos e distruzione. La salvezza è nascosta tra le righe di una profezia, che allude a quattro Prescelti che non potrebbero essere più diversi: Faloan, l’irruente erede del regno dell’Acqua; Aidan, la malinconica e bellissima principessa del regno del Fuoco; Derry, un umile contadino che viene dalle verdi lande del regno della Terra; e Kyla, una pastorella ribelle del regno dell’Aria. I quattro ragazzi, che tengono tra le mani il destino del mondo, hanno una sola certezza: trovare la Creatura dagli Occhi Verdi, un misterioso guerriero che li accompagnerà nella difficile impresa di sconfiggere le forze del male…

L’AUTRICE - Marilù Monda è nata in Italia, ma ora è residente a New York. È una lettrice eclettica e una ricercatrice nata; ha diciannove anni, è studentessa universitaria e si sta specializzando in filosofia. Ha iniziato questa saga quando aveva solo diciassette anni, ma scrive da quando era piccola e ha pubblicato articoli e poesie. I suoi autori preferiti sono C.S. Lewis, J.R.R.Tolkien, Vladimir Nabokov, Stephen King e Philip Roth; ma è Edgar Allan Poe ad aver influenzato fondamentalmente la sua scrittura.

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Titolo: I figli del caos
Fa parte di: La profezia del lupo (#2/?)
Autore: Marilù Monda
Tags: fantasy classico, elfi, elementi, prescelti
Editore e collana: Piemme Freeway
Pagine: 407
Anno di pubblicazione: 2012
Prezzo: €14,90 (eBook €6,99)
ISBN: 9788856624274
Formato:  cartonato con sovraccoperta
Valutazione:  

    

RIASSUNTOIn una terra buia e fredda, funestata da neve e grandine, il Clan dell’Ombra ha prosperato. L’esercito del Male ha ingrossato le sue fila di Efferati e ha stretto accordi con feroci alleati. Ora il Senzanome è pronto a sfferrare l’attacco finale. Faloan, Aidan, Derry e Kyla, i quattro giovani indicati da un’antica profezia druidica per combattere il male, hanno trovato il guerriero dagli occhi verdi, la Ragazza Lupo Morgas, che li aiuterà nel loro compito. Devono ora proseguire il viaggio, esplorando il Regno dell’Acqua e quello del Fuoco, nemici da sempre. Qui incontreranno gelosie e invidie e saranno messi in pericolo da spie e assassini, ma troveranno anche nuovi alleati. Purtroppo pero’ su di loro incombe la visione di Morgas: qualcuno dovrà sacrificarsi…

*       *       *

RECENSIONE 

Ne avevo parlato un buon annetto fa, e finalmente sono riuscita a leggere i due titoli che finora compongono la saga de La profezia del lupo. A lettura ultimata ho deciso di scrivere però una sola recensione per parlarne (e d’ora in poi, salvo diversamente specificato, mi riferirò sempre alla saga e non ai singoli titoli), tutto ciò essenzialmente per due motivi:

• prima di tutto li ho letti uno dopo l’altro a distanza di appena un giorno, dunque senza stacchi considerevoli;

• in secundis, ho diverse prove riguardo al fatto che L’eredità dell’ombra e I figli del caos fossero in origine un libro unico: per esempio, il titolo originale che compare all’inizio di entrambi è il medesimo, ovvero Crossroad of Destiny, e inoltre i ringraziamenti dell’autrice compaiono solo alla fine del secondo.
Poi naturalmente me lo ha fatto pensare anche la storia, che ne I figli del caos ricomincia nell’esatto punto dove si era interrotta. Trovata commerciale per vendere di più? Probabile, ma questo ci interessa solo fino a un certo punto.

Non stiamo tanto a girarci intorno: La profezia del lupo è uno dei peggiori libri che abbia mai letto, e andrò subito a spiegare le mie ragioni. Per farlo partirò dall’incipit, che avevo già inserito nella segnalazione ma che merita di essere riproposto:

Il vento ululava e lanciava le sue gelide urla nel cielo cupo di Eriu.

Bello, bellissimo, e soprattutto originale: esisteranno soltanto un qualche migliaio o giù di lì di titoli – fantasy e non – che iniziano col vento che ulula nella notte tempestosa. Il meglio però deve ancora venire, perché riguardo allo stile La profezia del lupo è pura spazzatura dalla prima all’ultima pagina.

Il fiume formava un delta all’imboccatura della valle, dividendola in due. Da qui il nome, Glendalough. La valle dei Due Fiumi. Era un posto misterioso. Un posto bellissimo. Le foreste, le montagne e le colline si piegavano in morbide correnti, con creste e avvallamenti, come le onde del mare. [...] Boschi fantastici, di una bellezza sfarzosa, ma sfuggenti e ambigui. Le felci e il muschio ricoprivano il terreno. Il puzzo del fango e della terra. I cespugli erano carichi di fiori e di bacche. [...] Sentieri semi dimenticati. Una pace minacciosa. Un luogo inquietante, ossessionante. Un luogo ricco di vita particolare e inspiegabile.

No, purtroppo non si tratta solo della prima pagina: tutto il libro è scritto in questo modo, senza una virgola di mostrato, con un lessico che vorrebbe suonare solenne ma che risulta solo ridicolo e pomposo, e soprattutto muri interi (perché il suddetto passo è stato preso da un unico paragrafo lungo quasi una pagina intera) di frasi sconnesse, asimmetriche e spesso disarmoniche.
Il punto è che la Monda pare innamorata degli aggettivi: li infila ovunque, anche quando non ci stanno, credendo di caratterizzare meglio la scena, mentre in realtà le sue parole non evocano alcun tipo di immagine concreta. I suoi preferiti sono di gran lunga bellissimo, magnifico e meraviglioso, che accompagnano quasi tutte le descrizioni dei personaggi che le stanno simpatici… perché gli antagonisti, di conseguenza, si portano dietro spade “dalla forma orribile” e tante altre cose brutte. Secondo l’autrice, ovvio, perché in un fèntasi non può funzionare diversamente.

La dura battaglia che viene combattuta nel primo capitolo, dunque, viene proposta proprio in questi termini.
Da una parte l’esercito dei kattivi: gli Oruch, “beste orribili, ripugnanti, cannibali e sadiche”, tutti vestiti completamente di nero (“un nero crudele fatto di oscurità. [...] Un’oscurità terrorizzante che era nero assoluto.”), con volti deformati da cicatrici, piaghe e “pustole inumane”.
Dall’altra, quelle meravigliose creature che rispondono al nome di Elfi, in apparenza fragili ma in realtà agili e scattanti, con armature leggere e indistruttibili. Bellissimi, meravigliosi, tanto incantevoli che “qualunque essere umano, per quanto cupo fosse il suo cuore, si sarebbe sciolto alla vista di quella bellezza perfetta”, come del resto gli splendidi Lupi che li accompagnano. E anche a combattimento iniziato, la battaglia si interrompe ogni tre righe per ribadire quanto elfi e lupi sono belli.
… Suvvia, stiamo scherzando? Non leggevo un tale concentrato di stereotipi e ingenuità da… da Estasia di Falconi? Dal Regno della Fantasia di Geronimo Stilton?

Le schifezze stilistiche continuano nei capitoli successivi, naturalmente: l’altro problema in cui l’autrice cade spessissimo sono gli infodump, ma in generale tutti i punti in cui si rende necessario descrivere qualcuno o qualcosa. Vediamo ad esempio un passo del genere:

Il primo della fila, un vecchio dai capelli bianchi e gli occhi azzurri che avevano ormai perso la propria luce, era vestito di azzurro. Il colore del Regno dell’Acqua. Anche lui, come ogni altro abitante del regno, aveva le stesse caratteristiche dell’elemento accanto al quale viveva. [...] Come gli altri abitanti del regno, era affettuoso, cordiale e spontaneo. Ma era anche mutevole e imprevedibile. Gli abitanti del Regno dell’Acqua potevano essere calmi e placidi un attimo prima e l’attimo dopo rivelarsi impetuosi e inarrestabili (pag. 26)

Questa è la descrizione tipica che si incontra – il tutto ovviamente moltiplicato per quattro, dato che tanti sono i regni di cui si parla -, e sapendo questo non c’è da stupirsi se i personaggi così descritti risultano spessi come la pasta per le tagliatelle. Infatti dei protagonisti – i prescelti Faloan, Aidan, Kyla e Derry; i lupi Morgas, Hania, Ranger, Niesha e Tundra… – si conosce praticamente solo l’aspetto esteriore, e manco a dirlo sono tutti dannatamente belli. Hanno tutti gli occhi di colori bellissimi e screziati di sfumature altrettanto belle… peccato che il più delle volte le metafore utilizzate siano quanto di più banale o improbabile possa esistere (vi dicono niente le iridi paragonate alle pietre preziose?).
Insomma, a parte per la fisionomia descritta nei minimi dettagli, sembra che nel corso di ben due libri la mente dei nostri personaggi non sia attraversata dal minimo pensiero. Insomma belli, meravigliosi, incantevoli quanto vi pare, ma dalla psicologia profonda come una pozzanghera.

Ad ogni modo, era proprio degli stereotipi accennati poche righe sopra che volevo parlarvi.
Ci ho pensato a lungo, ma non credo di aver trovato un solo cliché della letteratura fantasy che Marilù Monda non abbia preso e inserito nel suo romanzo, perché ne La profezia del lupo ci sono tutti: oltre a quelli che già compaiono nei titoli (profezia, lupi, eredità, ombra), troviamo i prescelti (tutti bellissimi, non importa se sono principi o poveracci), il destino, la conquista del mondo, i quattro regno e i loro dominatori corrispondenti a Fuoco-Acqua-Terra-Aria, il viaggio periglioso, Elfi, Orchi, Lupi mannari e altre creature random, un numero imprecisato di kattivi, superkattivi e supermegakattivi,… fatevene venire in mente quanti ancora ne volete: garantito che ci saranno.

In pratica durante la lettura mi è sembrato di tenere tra le mani un enorme pentolone: un pentolone in cui l’autrice ha infilato tutte le idee, stereotipate o non, che le venivano in mente, senza soffermarsi a riflettere sui rischi che una scelta del genere avrebbe comportato. E infatti ciò che era prevedibile da un tale miscuglio di elementi si è verificato appieno: da questo punto di vista, il romanzo è un completo casino, poiché ci sono talmente tante idee eterogenee tra loro che esse finiscono per sovrapporsi, mescolarsi e poi raggrumarsi in un malloppo informe e insapore.
Forse l’intento era quello di creare un universo fantasy del tutto separato dal mondo che conosciamo e privo di riferimenti spazio-temporali, come una sorta di realtà a sè… ma allora come mai si parla di Inghilterra, Scozia e Galles? E come mai Elfi & Co festeggiano Halloween e si rivolgono a un Crocefisso? Mah, non chiedete: è fèntasi, va bene qualunque cosa purché vada contro le regole della logica.
Ad ogni modo, se qualcuno leggendolo ci ha capito qualcosa sarò ben lieta di accogliere spiegazioni a riguardo: per me è tuttora un dilemma.

Infine c’è una chicca che desidero condividere con voi, a riprova del fatto che certe case editrici ti filano solo se hai una qualche spintarella.
Sbirciando il risvolto di copertina è possibile svelare in parte il mistero di come un libro così brutto sia arrivato nientemeno che alla Piemme (la cui collana Freeway, non dimentichiamo, comprende anche noti fantatrash come Il silenzio di Lenth o Il bacio dell’angelo caduto, nonché quel malloppo di oscenità che è la trilogia de Il libro del destino di Elisa Rosso): scopriamo che Marilù Monda ha 20 anni e ha scritto il suo libro a 17. Subito facciamo un giretto su internet e impariamo il resto, ovvero che Papà-Monda è un giornalista italoamericano che scrive per la Repubblica e ha pubblicato con Mondadori.
Non siete ancora contenti? In tal caso andate su Gughèl e cercate “Crossroad of destiny”, il titolo originale dell’opera. Cercatelo, avanti. L’avete trovato? Non credo, dato che nel momento in cui scrivo il libro in lingua originale non esiste: neanche nelle prime pagine, dove nei libri tradotti compare il copyright della casa editrice che per prima lo ha pubblicato in lingua madre. In pratica l’unica casa editrice che lo ha avuto in nota è stata proprio la Piemme, e a questo punto domandiamoci come mai.

Ma insomma, questo libro non ha proprio niente di buono? Nemmeno la storia è piacevole da leggere?
Mi spiace deludervi ma no; anzi, devo dire che mi sono annoiata per la maggior parte del tempo: l’ambientazione e il background erano talmente vaghi e mal progettati che non mi sono goduta nemmeno l’avventura che i prescelti si trovano a dover affrontare, per non parlare dei momenti di pausa tra un’azione e l’altra.
Nel secondo libro migliora? Neanche quello, a parer mio: qui non c’era nemmeno il gusto di annotare via via i difetti incontrati nel primo libro, dato che si ripetevano sempre gli stessi. In più non scordiamoci che molto probabilmente La profezia del lupo è nato come libro singolo (e speriamo che rimanga tale), quindi non c’è stata neanche la crescita che anche il peggior autore di solito fa tra un romanzo e l’altro.
L’unico pregio è che a tratti suonava talmente assurdo e ingenuo da strapparmi un qualche sorriso. Per il resto non c’è nessun altro motivo al mondo per cui ve lo consiglierei.

*        *       *

In sintesi…

A volte è talmente assurdo che è
quasi divertente. Stile infantile, lessico scarno e pieno
di banalità, frasi sconnesse.

Cattivi brutti, buoni bellissimi.

Descrizioni raccontate, aggettivi a
gogò, infodump e trovate banali.

Personaggi piatti, caratterizzati solo
esteriormente e stereotipati.

Concentrato di cliché e idee etero-
genee, ambientazione vaga.

Pubblicato solo in italiano, probabil-
mente era un unico libro.


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