[Recensione] La radice del rubino

Creato il 23 ottobre 2012 da Topolinamarta

Benvenuti a una nuova recensione del progetto, bella gente! Come temevo, purtroppo con la scuola il tempo per leggere è diminuito, ma state tranquilli: prima o poi arriverò a smaltire tutta la lista, quindi continuate a seguirmi!

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Titolo: La radice del rubino
Autrice: Gloria Scaioli
Genere: fantasy, mediterraneo, mitologico
Editore: Plesio
Collana: Aurendor
Pagine: 330
Anno di pubblicazione: 2012
Prezzo di copertina: €15,00
ISBN: 9788890646256
Formato: brossura
Valutazione: Grazie all’autrice per avermi inviato il libro in formato eBook.

RIASSUNTOEuno è l’unico che può salvare le Città Millenarie dall’ascesa del regno di Petreia, ma di lui si è persa ogni traccia da diciotto anni per volere di suo padre, il re dell’Ovest, che ha deciso di allontanarlo ancora bambino dalla sua terra. Servirà un uomo fidato per riportarlo a casa, attraverso una foresta senza luce, da Pentapoli l’operosa ad Alchemia la ricca, mentre il nemico è già sulle sue tracce. Quest’uomo è Manfredi, cacciatore di taglie costretto ogni notte a lottare contro una terribile maledizione, che controvoglia conduce con sé Duccio ed Eco, rispettivamente quasimastro e mezzamaga, il tenero micrandro Cino, la battagliera Tamiri e i gemelli Filostrato e Filocolo, che condividono ben più di quanto vorrebbero. E così le vicende di perfetti estranei si trovano legate dai fili invisibili di una profezia e minacciate dai passi silenziosi di un traditore misterioso, in un mondo in cui un rubino ha meno valore della sua radice impura. 

L’AUTRICE - Gloria Scaioli nasce a Forlì nel 1983. Dopo gli studi classici consegue la laurea in lettere con specialistica in storia dell’arte. La specializzazione dà inizio all’esperienza di insegnante; l’incontro con Plesio Editore all’avventura nella narrativa. “La radice del rubino” è il suo primo romanzo.

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RECENSIONE

È la seconda volta che mi imbatto in un romanzo edito da Plesio editore, ed è un piacere poter dire che per la seconda sono rimasta tutt’altro che delusa. Come per Sangue Ribelle mi sono ritrovata con una storia originale e – cosa assai rara di questi tempi – decisamente scritta bene. Ma ora vediamo più in dettaglio per quale motivo ho deciso di assegnargli ben quattro goccioline d’inchiostro.

La primissima cosa che mi ha colpito di La radice del rubino è stata l’immagine di copertina: incisiva, molto suggestiva, azzeccatissima e oserei dire, da negata per la grafica come sono, assolutamente curata. Il riassunto sul retro, invece, a mio parere non rende giustizia alla trama e, soprattutto, al modo in cui quest’ultima è stata sviluppata: essa segue vari fili strettamente intrecciati tra loro, corrispondenti alle avventure dei vari personaggi che prendono vita dalla penna di Gloria Scaioli, che ha saputo caratterizzarli davvero bene. Quello che si viene a creare è un intreccio che mi è parso veramente originale e ben strutturato, e che è riuscito a tenermi incollata al libro – o per dirla tutta, allo schermo dell’eReader – per ore senza mai stancarmi. E vi dirò di più: le non poche volte in cui le “forze maggiori” (dalla cena pronta al sonno che incombe) mi hanno costretto a interrompere la lettura, si è rivelata per me una vera sofferenza.

Ad ogni modo, la trama non è stata l’unica cosa a catturarmi. Ho apprezzato molto, infatti, anche l’ambientazione che l’autrice ha costruito per il suo romanzo: piuttosto classica sotto certi aspetti, con numerosi richiami alla civiltà e alla mitologia greca, ma nell’insieme davvero accattivante e suggestiva.
La maggiore caratteristica positiva, tuttavia, è stato lo stile: a lettura ultimata posso dire che il merito di un tale coinvolgimento da parte mia sia dovuto perlopiù a esso, perché Gloria Scaioli ha saputo coniugare con successo semplicità ed eleganza, per un risultato che riesce a essere intrigante e scorrevole come non mi capitava da parecchio tempo. Inoltre, la velata ironia che di tanto in tanto sembra fare l’occhiolino al lettore mi ha non di rado strappato un sorriso.

Ciò non significa che l’abbia trovato del tutto esente da difetti: purtroppo, anche se soltanto in pochi punti, problemi come interventi del narratore o concentrati di informazioni tendenzialmente non necessarie, simili più a divagazioni che altro, si sono fatti sentire, per esempio a pagina 96:

Ci era voluto un momento prima che si rendessero conto che quelli eranoo zoccoli e che si trovavano davanti non un uomo, ma un centauro.
Gli ibridi erano fusione fra uomo e bestie. C’era chi sosteneva che gli ibridi fossero stati creati dagli esseri umani, in tempi lontani, mescolando gli uomini con quelli fra gli animali che più si avvicinavano a loro, cioè quelli che allattano i propri piccoli. [...] Erano dotati di parola e di intelligenza, ma spesso prevaleva in loro una forza smodata che non sempre riuscivano a controllare. [...] La loro attività preferita consisteva nell’organizzare scontri con qualsiasi essere che fosse dotato per natura o per ingegno degli strumenti adatti per combattere.

Questo aspetto è stato l’unico che mi abbia infastidito, anche se trovo che la maggior parte di questi infodump sia abbastanza ben inserita nella storia da non disturbare poi così tanto. Per il resto, sorvolando su una scelta di impaginazione dei dialoghi discutibile, a mio parere, non mi pare di aver incontrato altri difetti. Tuttavia avrei preferito, parlando in generale, una conclusione più concludente, considerate le molte domande lasciate in sospeso.

Di sicuro, però, non ci penserò due volte a buttarmi a capofitto sul secondo romanzo, che si chiamerà Il labirinto d’ambra. Personalmente, se fossi in voi lo farei finire nella “lista dei desideri” senza indugio alcuno, e lo stesso farei con l’autrice e il suo editore per la “lista di nomi da tenere d’occhio”. Lo consiglio a tutti, in definitiva, se siete alla ricerca di un fantasy degno di questo nome.

PS: trovo che l’aforisma scelto dall’editore per rappresentare questo romanzo, ovvero:

È facile avere un’idea complicata. La cosa davvero molto, molto complicata è avere un’idea semplice (Carver Mead)

gli calzi assolutamente a pennello.

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In sintesi… 

Trama originale e intrecci ben con-
gegnata. Infodump e descrizioni che divaga-
no, anche se non disturbano troppo.

Copertina suggestiva e azzeccata. Conclusione-non-molto-conclusa.

Personaggi ben caratterizzati.

Stile coinvolgente, fluido e molto
corretto.  

Ambientazione classica ma originale,
con suggestivi richiami mitologici.  

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Una frase significativa…
Non c’era una via di mezzo, le scelte erano due; la giusta e la sbagliata. Eupatro si chiese come mai fosse così difficile distinguere l’una dall’altra. Colei che vedeva i fili aveva pronunciato la profezia e aveva evidenziato il futuro; il figlio avrebbe annientato l’esercito del padre. Un figlio di cui lui era il padre. Il mondo di un giovane re era caduto il giorno della profezia, senza che neppure una pietra delle solide mura del suo regno fosse scalfita dalla mano decisa di un nemico, senza che uno solo dei suoi soldati assaporasse il gusto amaro di una sconfitta sul campo. Da quel giorno Eupatro avrebbe calcato i numerosi sentieri del mondo, sentendosi solo un’ombra senza importanza, accompagnato dal grave peso della sua scelta. Oppure il tempo avrebbe sanato la ferita e la sua vita inglobato il dolore, relegandolo a una piccola cicatrice in fondo all’anima; poco più del ricordo di un sogno. L’atto sarebbe rimasto mero gesto, svincolato da chi lo aveva compiuto, come un fardello pesante, da trascinare con una corda sempre più lunga, finché il contenuto lontano non fosse dimenticato.