Autore: Francesco Dimitri
Editore: Gargoyle Books
Genere: Horror
ISBN: 9788889541180
Anno: 2007
Pagine: 195
Prezzo: 10,50€
A quanto ho capito, Alice nel paese della Vaporità è stato, per il suo autore Francesco Dimitri, una specie di salto nel vuoto, un esperimento con un nuovo genere. Come sia andato lo sappiamo tutti. Il punto è che Dimitri nasce con ben altri interessi, e basta leggersi una qualsiasi biografia, scorrere il suo blog o dare un’occhiata ai suoi tweet per capire quali: è fissato con paranormale e magia. Pardon, incanto.
Alla luce di questo – e del nuovo romanzo, L’età sottile, in uscita da qualche parte nella seconda metà dell’anno, che parla proprio di magia e incanto – ho pensato di leggere non il Dimitri che si improvvisa scrittore new weird, ma il Dimitri che scrive qualcosa sul quale è ferrato. Senza cattiveria, ma lo “scrivi ciò che sai” è innegabilmente un caposaldo della scrittura e pertanto quando si segue questa semplice regoletta, è anche probabile che quello che si scrive esca fuori meglio. Citerei Esbat di Lara Manni, ma mi sta sulle palle la Lipperini, quindi prendetela così, senza esempi di sorta.
Che cosa succede
Il protagonista del romanzo – senza nome perché il tutto è narrato in prima persona, ma che da qui in avanti chiameremo Ruggiero – è uno sfigato, uno di quelli che non ci prova nemmeno più, uno di quelli che sta consciamente sull’anello più infimo della catena alimentare e non fa niente per muoversi verso l’alto. È un ventiseienne vergine mai stato baciato che fa cascare le braccia solo a vederlo. Perennemente nella friendzone, non ha veri e propri amici, e la sua famiglia è un crogiolo di stronzi passivi aggressivi che al loro confronto mia madre impallidirebbe. E mia madre è ebrea.
Comunque, Ruggiero ha bisogno di una scopata, e questo è chiaro a tutti, perfino a Dagon, l’amico darkettone dei tempi della scuola. Ne ha bisogno perché, ultimamente, ha cominciato a fare strani sogni in cui viene più o meno stuprato da una ragazza, una specie di Lisbeth Salander (versione cinematografica di Fincher), però bionda e con più tatuaggi.
In effetti Ruggiero è intrappolato in una specie di amicizia-che-vorrei-fosse-qualcosa-di-più-ma-a-lei-non-passa-nemmeno-per-l’anticamera-del-cervello con Margherita, una a cui, per l’appunto, non passa nemmeno per l’anticamera del cervello. E pure un po’ zoccola. C’è poco da stupirsi, quindi, che Margherita decida di collaudare il materasso del coinquilino di Ruggiero, lasciando il nostro eroe patetico protagonista con le proverbiali pive nel sacco.
Ruggiero passa la nottata a girovagare per la città, finché non incontra proprio la ragazza dei suoi sogni. Con cui scopre di avere un feeling impressionante. E che piano piano diventa la sua prima vera ragazza.
E che, ovviamente, cela dietro di sé orrori inimmaginabili che cambieranno per sempre la vita di Ruggiero.
Che cosa ne penso
Messa giù così sembra la trama di un paranormal romance che farebbe vomitare zucchero filato perfino alla Gabaldon. In realtà c’è molto di più, e la love story serve a introdurre la componente orrorifica e soprannaturale del racconto.
La prima parte del romanzo è sostanzialmente questa. Assistiamo prima alle miserie di Ruggiero e poi alla storia d’amore che lo lega a Sofia, la ragazza dei suoi sogni. È un po’ come arrivare alla fine della salita di un ottovolante, la seconda parte è tutta in discesa.
In realtà, però, è una salita non molto alta. E non siamo sul Blue Tornado. Uno dei difetti principali che ho riscontrato nel libro è la poca suspense, e i colpi di scena praticamente assenti, il che non è bene, se si scrive di horror. Già leggendo la sinossi in quarta di copertina si capiva che in Sofia c’era qualcosa che non andava. In più il romanzo è narrato in prima persona da Ruggiero. Nella primissima pagina del romanzo, perfino Dimitri, per bocca di Ruggiero, riconosce che “l’uso che faccio dell’“Io narrante” [è] un cliché abusato”. Ma in realtà non si tratta di cliché – che sono comunque presenti nel romanzo, ma non in questo caso. In realtà si tratta di una tecnica che ammazza la suspense. Se Ruggiero ci sta facendo un resoconto di quello che gli è accaduto, significa che alla fine della fiera è sopravvissuto. Quindi, per quanto possa trovarsi in pericolo, chessò, affrontando entità soprannaturali bramose di sangue, si sa comunque che sopravvivrà. Sì, c’è sempre il rischio che sia come Kevin Spacey in American Beauty. Ho addirittura pensato che finisse come in Dagon di H.P. Lovecraft, visto e considerato che uno dei personaggi si fa chiamare proprio Dagon, ma invece niente di tutto ciò.
Un’altra cosa stridente sono i due personaggi principali. Chiarimento: i personaggi sembrano i protagonisti di un film di Rob Zombie – e con ciò intendo dire che nemmeno uno riesce a risultare simpatico al lettore. Il che, a ben pensarci, è anche legittimo, dopotutto è la storia di come la vita di Ruggiero sia circondata di stronzi. Il problema è che nemmeno Ruggiero è poi così simpatico. È patetico, questo sì, ma non un patetico che suscita sentimenti di compassione, è solo un caso disperato senza possibilità di redenzione.
D’accordo che non sta scritto da nessuna parte che i protagonisti debbano essere interessanti, però dovrebbero per lo meno entrare in sintonia con il lettore. Per le quasi duecento pagine del libro, invece, non sono riuscito a farmi andare a genio Ruggiero. E credetemi, ci ho provato. Sono riuscito a farmi andare a genio Harry Potter (il personaggio, intendo), per cui sono uno che ci prova.
E va ancora peggio quando Ruggiero incontra Sofia. Sofia per certi versi è la ragazza perfetta per Ruggiero. Piccolo problema: è un crogiolo di cliché e frasi fatte. È la rebbbel da manuale che prende Ruggiero e lo trasforma completamente. Una volta arrivati al finale tutto acquista senso, va detto. Sofia è sostanzialmente una fantasia masturbatoria all’ennesima potenza e con un pizzico di demonologia, è perfettamente normale, quindi, che parli nel modo in cui parla e si comporti nel modo in cui si comporta. È la ragazza perfetta per Ruggiero perché è come Ruggiero si immagina una ragazza perfetta. E non avendo Ruggiero praticamente alcuna esperienza nel campo, è ovvio che la ragazza perfetta della sua fantasia sia un cumulo di cliché.
Il che non significa che leggerlo non risulti stridente per qualcuno che non sia Ruggiero. Tante volte mi sono trovato ad alzare gli occhi dal libro con un “Bah!”.
Il libro ha, innegabilmente, anche aspetti positivi. Il primo che mi salta in mente è l’attenzione con cui Dimitri ha curato la parte magico/soprannaturale. Essendo lui per primo un… come definirlo?… supernatural geek, era anche lecito aspettarselo. Quella parte è fatta bene, è interessante e si vede che Dimitri trasuda passione per l’argomento. Forse perfino troppa, a giudicare da tutti gli spiegoni che fa Dagon, ma non è male.
Mi è piaciuto lo stile, una prosa diretta, colloquiale, semplice e senza fronzoli o baggianate di sorta. Dimitri è uno scrittore onesto e – so già che qualcuno storcerà il naso – in ultima analisi è pure un bravo scrittore. Forse, e dico forse, uno dei migliori cinque-dieci autori italiani del fantastico in attività. So che di solito concludo frasi come queste con un “e questo la dice lunga”, ma questa voleva essere più un complimento, per cui ciccia.
In conclusione
La ragazza dei miei sogni va a collocarsi nella terra di nessuno tra i libri che mi hanno convinto e quelli di cui non sono sicuro al 100%. Rimane una prova più che sufficiente, specialmente visto che è la prima opera narrativa di Dimitri, precedendo Pan e l’Alice. Per cui letta come l’opera di un esordiente è una buona opera prima, migliore di tante altre che mi è capitato di leggere.
Ha i suoi difetti, come la poca suspense e l’abbondante numero di frasi fatte, i personaggi miserabili e le situazioni a volte un po’ grottesche. Ma è scritto bene, si fa leggere, ed è evidente la passione con cui è stato scritto.
So che sembra una cosa facile da dire, ma, anche se non è perfetto, La ragazza dei miei sogni è molto, molto meglio di Alice nel paese della Vaoprità.