Recensione: La strada della violenza

Da Flautodipan @miriammas
Titolo: La strada della violenza 
Autore: Mauro Marcialis
Prefazione di Alan D. Altieri
Illustrazione di copertina di Daniele Serra
Editore: Mezzotints Ebook  
Collana: Prisma
Formato ebook (epub, mobi)
 Pagine: 230 
Prezzo di copertina: € 3,49
Descrizione:
Reggio Emilia è una città ordinata, tranquilla, civile. Reggio Emilia è un esempio, un modello. Reggio Emilia nasconde i suoi segreti: appalti truccati, speculazioni,droga, riciclaggio di denaro, prostituzione, vizio. Reggio Emilia ospita un mostro:
due bambine sono state rapite, stuprate e uccise. Due uomini vengono coinvolti nelle indagini: Maurizio Ferri, un agente del SISDE che lavora sotto copertura, e Lorenzo Rollei, un maresciallo della Guardia di Finanza corrotto e devastato come la sua città.
Ferri è in bilico, ha paura di non saper più distinguere il bene dal male, ha paura di perdere se stesso. Rollei ha già perso tutto. Due uomini lanciati in una corsa ossessiva alla ricerca della verità, una discesa all'inferno, nell'anima oscura di un intero Paese.

L’Autore:

Mauro Marcialis.Nato a Roma, vive a Reggio Emilia dal 1994. Ha pubblicato La strada della violenza (Mondadori, 2006), Io & Davide
(Piemme, 2008), Spartaco il gladiatore (Mondadori, 2010), Dove tutto brucia (Piemme, 2011), Il dolore che sarà (Aliberti, 2011), Il Sigillo dei Borgia
(Rizzoli, 2012). Ha partecipato a diverse antologie di racconti, tra le quali: La legge dei figli (Meridiano Zero) e Anime nere reloaded
(Mondadori). Sito Web: www.mauromarcialis.it

La recensione di Miriam:
Welcome to the jungle: così recitava un famoso brano dei Guns N’Roses qualche anno fa. La stessa formula di benvenuto potrebbe adattarsi perfettamente alla Reggio Emilia in cui ci trascina Mauro Marcialis. È una giungla urbana nella quale si aggrovigliano i rami malefici della corruzione; criminalità, prostituzione spaccio di droga e traffici illeciti mettono radici nel suo terreno e crescono rigogliosi alimentati dal beneplacito della politica; è una giungla in cui non penetra il sole e da cui si rischia di non uscire vivi. Un girone infernale che sembra escludere qualsiasi forma di  giustizia e persino l’indignazione ma che, nonostante tutto, fatica a digerire l’orrore della pedofilia.
Così quando due bambine vengono rapite, stuprate e uccise, il procuratore capo non esita a  sguinzagliare gli uomini migliori perché il mostro venga stanato.
Lorenzo Rollei e Maurizio Ferri, questi i due soggetti incaricati parallelamente di condurre le indagini. Il primo è un maresciallo della Guardia di Finanza corrotto, nessuno meglio di lui conosce la feccia e i traffici loschi della città. Il fatto che abbia una figlia della stessa età delle bambine rapite fa sì che possa vivere la missione anche come una questione personale. Il secondo è un agente del SISDE, un uomo ufficialmente inesistente che in un tempo ormai dimenticato credeva di diventare un paladino dell’umanità, salvo scoprire di essersi trasformato, suo malgrado, in una semplice pedina addestrata per servire gli interessi di chi comanda.
Sfidanti in una partita senza regole, Rollei e Ferri dovranno barare e sporcarsi le mani (più di quanto non se le siano già sporcate), grattare il sudiciume di una società marcia per scoprire un sudiciume peggiore sotto la superficie. A contrastarli l’astuzia del mostro che agisce senza lasciare traccia, a foraggiarli le alte sfere che reclamano giustizia ma… siamo proprio sicuri che le cose stiano così?
Chi vuole davvero che la verità venga a galla e chi ha interesse a nasconderla?
Saranno indagini assolutamente fuori dagli schemi quelle che potremo seguire lungo la strada della violenza perché in una società corrotta e cancerosa come quella in cui l’autore ci cala, nulla è come sembra e distinguere il bene dal male è un’impresa possibile.
A fornirci il resoconto di questa discesa negli inferi sono i due investigatori. Rollei e Ferri si alternano impugnando a turno le redini della narrazione. In questo modo si delineano anche i rispettivi ritratti, distinti eppure sovrapponibili nella misura in cui entrambi si affermano come antieroi.
Di Ferri colpisce il disincanto seguito da una straordinaria capacità di adattamento. Diventa agente del SISDE animato da certe convinzioni ma, una volta sul campo, è costretto a ricredersi. Gli ideali crollano e la speranza pure ma l’istinto di sopravvivenza prevale, cosicché finisce per indossare una maschera che a lungo andare diventa il suo stesso volto, e fa buon viso a cattivo gioco per non soccombere.
Di Rollei, invece, colpisce soprattutto la dualità che lo contraddistingue, è quasi una sorta di schizofrenia che da un lato ce lo mostra come uomo devastato, aggressivo, cinico, offuscato dalle droghe, mentre dall’altro ce lo fa vedere come padre amorevole, capace di incredibile tenerezza.
Tra le due principali voci narranti si inseriscono poi delle particolarissime voci fuori dal coro che rappresentano, forse, uno dei tratti più originali dell’opera. L’autore affida, infatti, ad alcuni animali, il compito di descrivere le scene che si consumano lontano dai riflettori e che vedono il mostro (o i mostri) in azione. Capita così che una serpe e un ramarro prendano la parola per raccontarci, dalla loro peculiare prospettiva, lo stupro e l’assassinio delle bimbe mentre un cane, Baby, ci racconta delle percosse subite dal burattinaio di questo incubo e dell’amore che tuttavia nutre nei suoi confronti perché è il suo padrone.
Crudo per stile e contenuti, il romanzo di Marcialis si propone al lettore come fosse una gabbia. Una volta dentro ci si sente soffocare perché si comprende di non avere scampo. Come ci si può difendere in un mondo in cui non esiste distinzione tra buoni e cattivi, in cui chi è preposto a difendere i più deboli è più corrotto e più violento degli altri? Come si può riconoscere la verità in un contesto in cui la verità stessa è qualcosa che si costruisce a tavolino, che si modifica e si plasma perché assecondi gli interessi di chi sguazza ai vertici?
A snodarsi in questo romanzo è una storia terrificante e asfittica in cui ribollono i mali del nostro tempo e che colpisce come un pugno allo stomaco proprio per il suo realismo. È impossibile non riconoscere la strada della violenza come uno specchio impietoso della nostra società, impossibile non respirare il senso di impotenza che si percepisce arrancando verso una via d’uscita e un pallido sentore di sollievo quando il finale, malgrado tutto, ci consegna un piccolo bagliore di speranza che passa anche e soprattutto attraverso il coraggio della denuncia politica. Bagliore piccolo ma luminoso quanto basta per recuperare l’umanità sul fondo del baratro.






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