[Recensione] La svastica sul sole di Philip K. Dick #distopia

Creato il 08 maggio 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

Titolo: La svastica sul sole
Autore: Philip K. Dick
Editore: Fanucci – collana Tif Extra
ISBN: 9788834717981
Prezzo: € 9,90
Numero pagine: 302
Voto: 

Trama: In una realtà in cui l’Italia non ha tradito l’Asse nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, le potenze uscite vincitrici sono altre rispetto a quelle che conosciamo, le parti sono capovolte. Il nazismo è dilagato in tutto il mondo, facendo della Germania la vera potenza dominatrice; l’impero giapponese governa la costa occidentale degli Stati Uniti, ormai smembrati in tre zone di influenza: gli Stati della costa occidentale, appunto, sotto il governo giapponese, quelli della costa orientale alle dipendenze dirette del Reich, e gli Stati delle Montagne Rocciose, una sorta di zona grigia di scarsa importanza situata come  cuscinetto fra le altre due.

In questo mondo “contrario” rispetto a quello che conosciamo noi, si intrecciano vicende di esseri umani che appaiono incredibilmente piccoli se rapportati alla ostentata grandezza della realtà in cui si muovono. Frank Frink, che ha cambiato il suo cognome ebreo per sfuggire ai nazisti; Robert Childan, proprietario del migliore negozio di Manufatti Artistici Americani di San Francisco in cui la classe dirigente giapponese acquista oggetti della storia americana precedente alla Guerra; Nobosuke Tagomi, funzionario giapponese di livello medio-alto; Mr. Baynes, uomo d’affari svedese dietro la cui identità si cela il tedesco Rudolf Wegener, aderente a quella che dopo la morte del Cancelliere del Reich Bormann risulterà essere una corrente politica minoritaria; la ex moglie di Frink, Juliana, insegnante di judo che vive in un’anonima cittadina negli Stati delle Montagne Rocciose; questi sono i personaggi le cui vicende personali si intrecciano nella narrazione, loro sono le esistenze che di punto in bianco vengono sconvolte dai giochi di potere che si innescano a livelli infinitamente superiori a quello in cui le loro vite si svolgono. E mentre le loro strade, spesso brevemente e quasi senza che loro se ne rendano conto, si incrociano nei numerosi cambiamenti che il loro mondo sta subendo, due elementi costanti, due libri, fungono da connessione tra loro: uno è un testo millenario, l’I Ching, il Libro dei Mutamenti; l’altro è, almeno in apparenza, un semplice romanzo di fantasia, La cavalletta non si rialzerà più, il cui autore, Hawthorne Abendsen, tratteggia un mondo nel quale l’Asse non ha vinto la guerra e l’assetto dei poteri risulta dunque totalmente rovesciato rispetto a quello di cui i personaggi hanno esperienza.

Recensione: Quale sarebbe stato il destino della Seconda Guerra Mondiale se l’attentato contro Franklin Delano Roosevelt fosse andato a buon fine? Se le elezioni americane fossero state vinte da un candidato simpatizzante della politica nazista? Se l’Italia non si fosse liberata del legame con l’Asse?

E’ il 1962 quando Philip K. Dick, con The Man in the High Castle (titolo originale dell’opera), tenta di rispondere a questi interrogativi, presentando, attraverso le minute esistenze di personaggi tutt’altro che destinati a lasciare tracce di sé nella storia, una ipotetica – ma assai convincente – società dominata dal binomio Germania-Giappone con il contributo, peraltro liquidato alla stregua di una macchietta o poco più, dell’Italia.

Delle vicende del Reich, tuttavia, il lettore viene informato poco – certo la Germania è la prima potenza mondiale, governa gli Stati della costa orientale degli ex Stati Uniti, l’efficienza tedesca è il modello cui guardare e il suo piano spaziale prevede addirittura viaggi su Marte, gli spostamenti dei cittadini di un certo livello avvengono su razzi Lufthansa i cui tempi di percorrenza sono inavvicinabili e i “grandi vecchi” del partito nazista non solo sono ancora in vita, ma in grado – come Goebbels – di tornare in sella alla prima occasione.

Ciò su cui Dick si focalizza principalmente è la vita nei domini nipponici sulla costa occidentale. La classe dirigente è formata esclusivamente da Giapponesi, avidi collezionisti di oggetti storici anche di dubbio gusto (come l’orologio di Topolino che il signor Tagomi acquista come regalo per il signor Baynes) purché appartenenti alla storia americana. Tutto ha l’aria solida e inattaccabile di una società funzionale e bene organizzata, in cui agli Americani non spetta altro ruolo che quello di subordinati all’ordinamento nipponico.

Tuttavia, in questo scenario lindo e ordinato, per certi versi incolore, qualche piccola scheggia inizia a smuoversi, quasi che all’improvviso avesse preso coscienza di sé. La scintilla, per Frink come per Tagomi, per Childan come per Juliana, è sempre l’insoddisfazione per la propria condizione attuale: pur con vite diverse, con realtà estranee le une alle altre, con livelli di vita differenti, ciò che mette in moto la vicenda dei personaggi è l’insoddisfazione. La necessità di porsi domande, di trarre conclusioni, di fare bilanci.

L’impossibilità, apparente, di trovare in sé le risposte.

Qui viene in soccorso allora quello che forse è uno dei grandi, veri protagonisti del libro, l’I Ching, il Libro dei Mutamenti al quale tutti i personaggi, pur con approcci e gradi di fiducia differenti, si rivolgono nel momento cruciale delle scelte. Trovo significativo come in un libro come La svastica sul sole, totalmente incentrato su un universo alternativo scaturito da eventi che hanno preso una direzione opposta a quella che noi conosciamo, uno strumento di lettura del presente e del futuro antico di millenni, e basato interamente sul concetto di cambiamento, abbia un ruolo tanto preponderante. Quasi che il presente che noi viviamo sia stato determinato da una serie di casualità, così come figlie della casualità sono le linee fisse o mobili nell’oracolo.

Un testo radicalmente diverso per natura, ma non molto distante nell’essenza, costituisce l’altro pilastro portante del libro. Con La cavalletta non si rialzerà più infatti si trovano a fare i conti tutti i personaggi, anche quelli minori, dal capo di Frank Frink, Wyndham-Matson, a Hugo Reiss, il console tedesco a San Francisco. La cavalletta è un semplice romanzo, non un testo di geopolitica, eppure sulla costa orientale la sua diffusione è vietata e il suo autore è costretto a vivere in una residenza simile ad un castello inaccessibile (così almeno dice la sua biografia pubblicata sul libro, e da qui il titolo originale de La svastica). Un libro vecchio di secoli che insegna a leggere i mutamenti dell’esistenza e un romanzo che immagina una realtà diversa sulla base di qualche tassello collocato in altro modo svolgono una funzione comune e complementare nel guidare la vicenda personale dei personaggi che, va detto, sono al tempo stesso decisi a prendere in mano le proprie vite e disponibili ad accogliere i cambiamenti che l’universo sembra indicare loro.

L’ucronia che Dick sviluppa risulta credibile e ben orchestrata, verosimile anche nei dettagli – si veda ad esempio il rapporto di alleanza/reciproco sospetto che vige tra la classe dirigente tedesca e quella giapponese – al punto da convincere il lettore che davvero, con le premesse elencate, la realtà sarebbe stata orientata in tale senso. Gli esperimenti di meta-letteratura sono riuscitissimi, in particolare quelli  (tanto più pregevoli in quanto totalmente dipendenti dall’Autore) con La cavalletta non si rialzerà più.

Non è una lettura “leggera” da consigliare a chiunque, come del resto lo stesso filone distopico in generale rappresenta un genere da appassionati, e merita di essere affrontata con la giusta concentrazione – ma resta un grande, grandissimo romanzo.


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