Recensione: La vendetta del diavolo - Horns, di Joe Hill

Creato il 29 luglio 2014 da Mik_94
Mi fa male se piango. Devo imparare a non dispiacermi delle cose.
Titolo: La vendetta del diavolo. Horns Autore: Joe Hill Editore: Sperling & Kupfer Numero di pagine: 408 Prezzo: € 19,90 Sinossi: Ignatius Perrish ha passato tutta la notte tra alcol ed eccessi. Il mattino dopo si sveglia con i postumi di una sbronza tremenda, un mal di testa infernale... e un paio di corna che gli spuntano sulla fronte. In un primo momento Ig pensa che siano un'allucinazione, o il prodotto di una mente alterata dalla rabbia e dal dolore. Nell'ultimo anno ha vissuto in un solitario purgatorio personale, dopo la morte della sua amata, Merrin Williams, violentata e assassinata in circostanze mai chiarite.…                                            La recensione Le brutte cose lasciano un segno più profondo di quelle belle”. Nonostante abbia spalle piccole e sporgenti - da sfogliatore compulsivo di libri, non da prestante nuotatore olimpico – su quegli spuntoni di ossa abbronzaticci tengo appollaiate due parti segrete di me. Dicono di star comode, anche se in cima a un ragazzone muscoloso starebbero meglio ancora. Sono magro e, sfortuna per loro, non hanno nemmeno del morbido tessuto adiposo in cui sprofondare, come in un eterno sofà di gommapiuma. Parlottano, suggeriscono, bisbigliano. Mi mandano in confusione la testa con i loro litigi vuoti a perdere: è da quando il mondo è stato popolato dalla prima scimmia che nessuno ha la forza di prevalere sull'altro. Bene e male. Angelo e diavolo. Li mostrano i cartoni animati che se le danno di santa ragione, botte da orbi mentre i corpi dei loro legittimi proprietari vengono scossi come colonne di pongo, da desideri carnali o pii propositi di pace. Per un paio di giorni, questi due acerrimi e simpatici avversari hanno avuto la stessa faccia. A distinguerli, un'aureola di luce e un paio di corna a punta. Erano entrambi Ignatius Parrish, di ritorno a casa dalla notte – e dalla sbronza – più brutta della sua intera vita. Ed essersi fatto la pipì sui piedi per ben due volte non è il peggio che gli sia capitato. La prima, nel bosco in cui la sua ragazza è stata violentata e massacrata selvaggiamente, ha provato a centrare la statuina di una madonna dal sorriso ebete e tutti i bigliettini, pieni di banalità, angioletti e cuoricini, che i cari viandanti hanno lasciato sul posto in cui Merrin ha chiuso, per l'ultima volta, i suoi begli occhi verdi. La seconda, nel bagno della sua nuova fiamma, con l'alzabandiera mattutino e l'alcool che richiedeva contemporaneamente alla sua testa di girare e ai suoi reni sottosforzo di smaltire tutto quanto in una pisciata bestiale, aveva la tazza a portata di schizzo, ma niente. Vedere il suo brutto ghigno allo specchio l'ha distratto e il resto è storia: una chiazza giallastra e puzzolente sulle scarpe zuppe. Ignatius Parrish – per gli amici, Ig o Iggy, come vi pare – convive da un anno esatto con quelle occhiaie da paura, il pallore delle guance, le calvizie incipienti che con il lutto poco hanno a che fare. Piuttosto, sono nuove di zecca le corna dure, pulsanti e febbricitanti che gli hanno bucato la pelle all'altezza della fronte. Che male, e che brutte che sono! Gli altri le vedono e non le vedono. Percepiscono il magico cambiamento in lui e hanno reazioni bizzarre. Non fuggono via, urlanti, ma si rivelano a Ig come fossero libri aperti. Confessano i loro peccati a quel Dio cornuto con la residenza in Massachusetts e chiedono il permesso di peccare ancora. Per favore, possiamo, vero? Far cattivi pensieri, sognare il sesso, pianificare il delitto perfetto, dire tutta la verita e nient'altro che la verità senza spiacevoli conseguenze? Possiamo, possiamo? Ig, con l'imposizione delle mani, raccoglie le loro spregevoli confessioni, spia il loro passato e conosce i loro pensieri blasfemi. Confessioni di morte, passati di colpevolezza e gesti impuniti, pensieri che parlano solo e soltano di lui. Di ciò che è stato, di ciò che si presuppone abbia fatto - l'anno precedente. Uccidere la sua anima gemella in una notte da lupi. La vendetta del diavolo è un fulmine a ciel sereno. Una sorpresa imprevista. Io non me lo aspettavo davvero così bello. L'avevo iniziato in ebook, così, per provare. Il trailer del film, Horns, mi aveva caricato e solleticato, dispettoso, con il germe irresistibile della curiosità. L'ho iniziato in cucina, all'impiedi, mentre qualcosa bolliva in pentola. Il pranzo si è bruciato. Io non mi sono più seduto, io non l'ho messo più giù. Un incipit accattivante, una trama imprevedibile, uno stile pieno e coinvolgente. Provare un corno: è il caso di dirlo. Io dovevo finirlo, adesso, e Joe Hill non era di certo un tipo in prova.  Passato, dalla panchina, alla serie A nell'arco di una partita. Scoperto tanti anni fa, con La scatola a forma di cuore, e dimenticato senza perché, nonostante un esordio carino, ma che purtroppo non è restato. Hill: una collina. Fa una piccola ombra, lui che è un monticello che vive all'ombra del Monte Bianco degli autori americani: Stephen King. Padre e figlio che fanno lo stesso mestiere. Difficile reggere l'odiato, ma ovvio paragone. Chi è più bravo? King, che ha trenta, quaranti anni di esperienza di più, è un re che non lascia il suo trono. Ma ha un'interessantissima progenie. Eredi al trono che portano, nonostante lo pseudonimo, anche il suo nome. Se non conoscessi la reale identità di Joe Hill, non potrei che parlarne bene comunque. Parlerei, forse, meglio ancora, se possibile, di questo giovane uomo che ha il talento, la fantasia e la forza nel corredo genetico. In potenza, non ancora in atto, ma... potenti. Sì, potenti. L'ombra del dubbio non c'è.  Direi che ha letto, a occhi chiusi, tanto, ma tanto King, anche se fosse figlio di un signor nessuno che fa il falegname; si fa il mazzo; porta la pagnotta a casa con sudore, dignità, sudata dignità. Il suo terzo romanzo è una storia a pezzi che mostra le infinite prospettive di un delitto. Assolutamente diverso da come lo immaginavo, è molto di più e molto di meno di un classico horror. Commedia nerissima, con sprazzi di sangue e romanticismo, che contiene gli spensierati ritratti dell'adolescenza propri solo e soltanto di Stephen King. O di una puntata di Jackass. Scorribande, prove di coraggio, riti di iniziazione. Un tacchino di sei chili fatto saltato in aria, una corsa a rotta di collo su un carrello della spesa, nudi come vermi, verso un fiume che luccica. All'ombra di una fabbrica abbandonata.  All'ombra dell'infanzia, alla porta dell'età adulta, la caduta in una fornace ardente di un moderno Lucifero, gentile e generoso, che fu un bambino come gli altri (solo con una passione smodata per le cravatte), un innamorato come tanti (solo con un primo e ultimo grande amore), un povero diavolo come coloro che hanno visto collassare il sogno (solo con un forcone e un esercito di serpenti come servitori). La storia di tre amici per la pelle e per la morte, e dei piani depravati dell'assassino dall'occhio di vetro che condusse la deliziosa ed eterea Merrin Williams sotto un albero di amarene. La storia, una tragedia metropolitana in cinque atti, segue una linea precisa, ma la spezzano parentesi e digressioni che fanno pensare, quasi, a un'antologia di racconti da brivido. Dei protagonisti si dice un tanto che non è troppo: il diavolo sta nei dettagli. Di loro, infatti, conosci i ridicoli sogni ad occhi aperti che fanno, le romantiche lettere d'addio in codice morse che si sono scambiati, i pensieri vili e le metamorfosi alla Ovidio. Intensa, toccante, forte la storia d'amore tra Ig e Merrin: una ragazza morta già a pagina due, ma riesumata in modo sublime in flashback che ridanno colore alle sue guance, respiro ai suoi polmoni, scintilla ai suoi capelli di fuoco. Vivono un dramma della gelosia alla Otello, con un cattivo sadico, calcolatore e bieco che si nutre di illusioni riflesse. Lee – amico, confidente, salvatore – è lo Iago dei loro incubi. La vendetta del diavolo è la tragicomica esperienza di un tizio che va a dormire uomo e si sveglia demone, per via di case sull'albero profanate con i gemiti del sesso, statuine rovesciate, madonnine innaffiate e altre cose turpi. Un valgelo apocrifo acuto, eloquente e vagamente blasfemo di Giuda ballerini, figli che uccidono le madri, passioni che fanno male più dell'inferno, autori dalle voci sempre più riconoscibili. Joe Hill, grande affabulatore che non è altro, ha un'anima poetica, dura: rock. Le frasi stordiscono come schitarrate, gli arbusti sussultano e i frutti precipitano dai rami. Le mele non cadono lontane dagli alberi. Il suo Satana – riscritto da zero - diverte, emoziona e non fa paura. Ci obbliga ad essere egoisti. Ad amare prima noi stessi che gli altri, perché siamo la cosa più importante che abbiamo. Lezione di vita poco cristiana e molto umana che ci fa mettere in punta di pieda, sporgerci un po' e dargli un bacio sulla fronte. Proprio tra le corna a punta. Il modo migliore per pareggiare i conti con qualcuno è vederlo nello specchio retrovisore mentre vai verso qualcosa di meglio. E tu meriti qualcosa di meglio.” Il mio voto: ★★★★★ Il mio consiglio musicale: Jace Everett – Bad Things

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