Carissimi lettori e amici di Old Friends & New Fancies,
«Tra tutti i libri dedicati alla vita e alle opere della Austen, questo spicca: è la prova di quanto i temi dei suoi romanzi siano sempre attuali e capaci di affascinare lettori di ogni epoca e di ogni età». The Library Journal
«Acuto e spiritoso, Deresiewicz conquista con il suo garbo... e con la sincerità con cui ammette i suoi iniziali pregiudizi maschili verso Jane Austen.» The New York Times Book Review
Sei Gruppi di Lettura con William Deresiewicz
Avevo ventisei anni, e in tutte le faccende umane ero stolido come ogni ventiseienne ha diritto di essere, quando conobbi la donna che mi avrebbe cambiato la vita. Il fatto che fosse morta da quasi duecento anni non faceva nessuna differenza. Lei si chiamava Jane Austen e i suoi romanzi mi hanno insegnato tutto quello che so su ciò che conta davvero.
Romola Garai e Louisa Dylan (Emma Woodhouse e Harriet Smith in Emma 2009)
Grazie ad Emma egli comprende quanto sia importante prestare attenzione alle piccole cose di ogni giorno, cose che spesso ci sembrano futili.
Eliminando tutti i grandi, vistosi eventi che solitamente assorbono l’interesse dei lettori di romanzi — avventure, relazioni, vicende amorose, crisi e, a volte, persino l’intreccio — la Austen mi chiedeva di prestare attenzione a ciò che spesso sfugge o che non si stima abbastanza, nei romanzi come nella vita: piccole, “futili” cose quotidiane che accadono ora dopo ora a chi ci è accanto, cos’ha detto un nipote, cos’ha sentito un amico, cos’ha fatto un vicino. Questo, mi stava dicendo: il tessuto di cui sono fatti gli anni di una persona. La vita è questo. […]
C’è un altro aspetto della mia vita che è cambiato dopo aver letto Emma: i rapporti con coloro che mi circondano. Una volta iniziato a vedere me stesso, ho cominciato anche a vedere gli altri: a notare i sentimenti e le esperienze altrui, a preoccuparmene. Le persone nella mia vita hanno sviluppato per la prima volta la profondità e la ricchezza di personaggi letterari.
Jennifer Ehle (Elizabeth Bennet in Pride and Prejudice 1995)
Grazie ad Orgoglio e Pregiudizio Deresiewicz comprende che “sbagliando s’impara”. Non basta imparare dagli errori altrui; siamo noi a dover sbagliare. E proprio partendo dal momento di massima umiliazione che iniziamo a crescere, ad essere migliori.
Ma la Austen non è di questo parere. Per lei crescere non ha nulla a che vedere con la conoscenza o le capacità, e tutto invece con il carattere e il comportamento. E non si rafforza il carattere né si migliora il comportamento memorizzando i nomi degli imperatori romani (o dei presidenti americani) o imparando a lavorare a maglia (o a far di calcolo). Secondo lei, non ci si riesce nemmeno sviluppando la sicurezza di sé o l’autostima. Semmai, sicurezza di sé e autostima sono nemici perché fanno dimenticare che siamo soltanto un concentrato di impulsi e di ignoranza. Per la Austen, crescere significa sbagliare. […]
Per continuare a crescere, sostiene la Austen, è importante essere sempre attivi. Fortunatamente, io avevo qualcosa che mi ha aiutato, qualcosa che Elizabeth e suo padre non possedevano: avevo Orgoglio e pregiudizio.
J.J. Feild e Felicity Jones (Henry Tilney e Catherine Morland in Northanger Abbey 2007)
Con L’Abbazia di Northanger ‘impara ad imparare’, senza dare nulla per scontato, perché la vita è una continua scoperta.
In questo, ci vuol dire la Austen, consiste il vero eroismo: la vita, se vissuta veramente, è una continua sorpresa e la sorpresa più grande è la scoperta di sé. Il bruco non può immaginarsi farfalla, il bambino non può pensarsi adulto e nessuno, prima che gli succeda, può capire cosa si prova a innamorarsi. Non c’è fine alla conoscenza interiore, alla scoperta dei propri limiti.
Alessandro Nivola e Frances O'Connor (Henry Crawford e Fanny Price in Mansfield Park 1999)
Con Mansfield Park Deresiewicz comprende come sia importante essere contenti di quel che si ha e stare bene con se stessi e con i propri amici anche quando non si ha niente di speciale da fare.
Non è bello avere amici che si aspettano costantemente di essere intrattenuti, ma è molto peggio essere nei loro panni, cioè aver bisogno di quell’intrattenimento continuo. La costante frenesia dei Crawford, che li spinge a fare sempre qualcosa (Mary che galoppa nella campagna, Henry che corre sui prati), ben lungi dall’essere solo un’esplosione di energia vitale, è in effetti sintomo di irrequieto scontento.
Persuasion 1995 a Lyme Regis
Leggendo Persuasione scopre il valore della vera amicizia, della cerchia di persone fra le quali ci sentiamo perfettamente a nostro agio.
Gli amici, mi ha insegnato la Austen, sono la famiglia che ci scegliamo. Ma si è spinta anche oltre: non solo facciamo degli amici la nostra famiglia, bensì trasformiamo i nostri famigliari, o almeno alcuni di loro, in amici.
Hugh Grant e Emma Thompson (Edward Ferrars ed Elinor Dashwood in Sense and Sensibility 1995)
Infine con l’ultimo romanzo rimasto — che, in realtà, è stato il primo ad essere pubblicato —, Ragione e Sentimento, impara che amare vuol dire crescere insieme.
Il vero amore ci coglie alla sprovvista, ci dice la Austen, e, se davvero ha valore, continua a farlo. L’ultima cosa che gli innamorati dovrebbero fare, nonostante le opinioni di Marianne e mie, è accettare tutto e condividere i gusti dell’altro. Il vero amore, per la Austen, è un infinito scontro di opinioni e vedute. Se il modo di pensare dei due innamorati è identico, non avranno modo di crescere. È importante apprezzare il carattere dell’altro non solo per affrontare una lieta convivenza, ma anche perché contribuisce a forgiare la persona che si diventerà stando al suo fianco.
Ma Jane Austen visse mettendo in pratica gli insegnamenti che i suoi stessi romanzi contengono? Secondo Deresiewicz lo fece, e la scelta di non sposare Harris Bigg-Wither né nessun altro — e di non avere figli — fu dettata dal suo desiderio di rimanere libera per poter scrivere. Mi sono ritrovata con gli occhi umidi nel leggere questa splendida considerazione finale:
La Austen non si sposò mai, però ebbe molti figli, molti più di otto o undici. I loro nomi sono Emma, Elizabeth, Catherine, Anne, Fanny, Elinor e Marianne, Henry Edward, Wentworth, Willoughby, Mr Collins, Miss Bates e Mr Darcy. Non furono longevi, ma eterni. Se avesse sposato Tom o Harris, forse sarebbe stata felice, forse sarebbe stata ricca, forse sarebbe stata madre, forse avrebbe vissuto più a lungo. Forse sarebbe stata tutte queste cose, ma noi non saremmo quelli che siamo e lei non sarebbe stata Jane Austen.
Infine la frase conclusiva del saggio sembra essere una sfida alla ‘rivale’ letteraria di Jane Austen, Charlotte Brontë, che sosteneva che i romanzi della Austen fossero superficiali, privi di passione. Facendo eco alla frase finale di Jane Eyre, Deresiewicz vuole forse dimostrare che, dopo aver seguito tutti gli insegnamenti possibili che è riuscito a mettere in pratica grazie ai romanzi di Jane Austen, la sua vita — esattamente come quella dell’eroina bronteiana — è arrivata a una felice conclusione, in realtà un inizio, per continuare a crescere. Forse la stessa Charlotte ha inconsapevolmente seguito nella sua vita i consigli della Austen, sposando Arthur Bell Nicholls, al quale era legata da un amore più maturo, come quello che Marianne può nutrire verso il Colonnello Brandon e non impulsivo e passionale come quello che la legava a Willoughby.
Leggere questo saggio è stato come partecipare a un Gruppo di Lettura — o meglio, a sei Gruppi di Lettura — moderati da un autorevole studioso di Jane Austen, il professor William Deresiewicz che, tuttavia, non sale in cattedra a darci una lezione, ma ci fa scoprire degli aspetti dei romanzi che forse non avevamo mai considerato, degli aspetti che partono dal “vissuto” di chi non solo è riuscito a trarre insegnamenti da ciascuno dei romanzi, ma è anche riuscito a mettere tali insegnamenti in pratica. Forse è più facile a dirsi che a farsi.
Una scena dal film The Jane Austen Bookclub 2007
E così il Gruppo di Lettura si potrebbe trasformare in una sorta di riunione della A. A. (Austeniani Anonimi, che avete capito?), per riuscire a comprendere quanto giovamento si può trarre dai romanzi di Jane Austen e cosa siamo riusciti a fare nella nostra vita grazie ad essi. E se io dovessi partecipare a tali sedute dovrei – ahimè – confessare: «Salve, sono LizzyGee e, purtroppo, sono e continuo ad essere una Marianne Dashwood prima maniera, impulsiva, diretta, passionale, alla tenera età di … Ma, per fortuna, ho incontrato sulla mia strada il capitano Wentworth e non John Willoughby e – essendo Marianne Dashwood e non Anne Elliot – non mi sono lasciata persuadere e l’ho sposato!» L'AUTORE
Professore associato di Inglese all’Università di Yale fino al 2008, e critico letterario ampiamente pubblicato.. Le sue recensioni ed i suoi saggi sono apparsi sul New York Times, The New Republic, The Nation, Bookforum, e The American Scholar. È stato candidato al premio per il National Magazine nel 2008 e nel 2009 ed ha ricevuto una citazione per l’Eccellenza nella Recensione dal National Book Critics Circle's Nona Balakian nel 2010. È autore di Jane Austen and the Romantic Poets (Jane Austen e i Poeti Romantici).