Recensione: Le cose che non ho, di Grégoire Delacourt
Creato il 12 aprile 2013 da Mik_94
Vedete,
si mente sempre a sé stessi. Perché l'amore non resisterebbe alla
verità.
Titolo:
Le cose che non ho
Autore:
Grégoire Delacourt
Editore:
Salani
Numero
di pagine: 142
Prezzo:
€ 12,90
Data di pubblicazione: 4 Aprile 2013
Sinossi:
Dice un vecchio adagio che le lacrime più amare sono quelle versate
per le preghiere esaudite.
Sì, a volte succede che la gioia per una
svolta inattesa del destino svanisca in fretta di fronte alla
possibilità concreta di realizzare un sogno, lasciandoci smarriti e
confusi. È quello che accade a Jo, la protagonista di questo
romanzo: "un cuore semplice", una donna intelligente e
positiva con un'esistenza quieta, nutrita di sogni, che per un colpo
di fortuna all'improvviso è in grado di realizzarli tutti. Forse la
felicità non è così matematica.
Forse non si tratta solo di
sommare un sogno dopo l'altro, ma di ritrovare se stessi in ciò che
si fa. Forse a Jo semplicemente non serve avere tutto ciò che ha
sempre desiderato; perché il suo matrimonio, il lavoro, i figli
ormai grandi e l'amore non sono beni acquisiti ma cose vive che
sfuggono al suo controllo, e con cui si può solo entrare in sintonia
senza farsene travolgere, come quando si nuota tra le onde di un mare
agitato.
La recensione
“A
me le parole piacciono. Amo le frasi lunghe, i sospiri che non
finiscono più. Mi piace quando, a volte, le parole nascondono quello
che vogliono dire; o lo dicono in un modo diverso.”
Dicono
che siano le nostre stesse mani ad annodare e a sciogliere i fili
della sorte, che l'essere felici e l'essere tristi siano scelte che
intraprendiamo più o meno consapevolmente, che i soldi non cambino
la vita. Eppure, questa storia mostra esattamente il contrario.
Bastano
una serie di numeri fortunati – scelti a caso tra date da
ricordare, numeri di telefono affiorati d'un tratto e cifre
scarabocchiate su una banconota consumata – a mettere in moto i
meccanismi più imprevedibili del destino. A renderci i fortunati
vincitori di un premio da sogno, che più che in un cassetto sarebbe
da custodire in un blindatissimo cavò!
Jo
tiene la sua felicità in una vecchia scarpa nascosta sul fondo
dell'armadio: un assegno da 18.547.301 euro e 28 centesimi che, senza
dirlo a nessuno, è passata a ritirare con la massima segretezza.
Durante l'estrazione del Lotto, hanno letto i numeri sui quali aveva
puntato. E' lei ad aver vinto quella somma da capogiro. Adesso è la
donna più ricca del paesino in cui vive: presto tutti la vorranno,
presto sarà su tutti i giornali.Ma
a lei tutti quei soldi spaventano. Dovrebbero farla sentire al
settimo cielo, entusiasta, invasata da una voglia matta di darsi allo
shopping più inutile e costoso, ma ha imparato che se qualcosa fa
paura quella cosa non può essere la felicità. Così, anziché
gridare ai quattro venti la sua fortuna, la nasconde accuratamente
nell'armadio - lontana dagli occhi, lontana dal cuore – e vive la
vita con leggerezza, come se niente fosse. Fa liste infinite delle
cose che non ha ma che vorrebbe avere, si nutre dei sogni che ha
sempre sognato e che, anche se ha i mezzi per farlo, non vuole
realizzare. Il denaro non può comprare tutto, i soldi non fanno la
felicità: lei, in realtà, ha già tutto quello che le serve.
Sembrerebbe il ritratto tipico della cinquantenne insoddisfatta,
eppure è stranamente felice. Non chiede di più di quel che ha.
Vediamo un po'... Un papà anziano che ogni sei minuti perde la
memoria; una mamma morta troppo presto ma che, da quando ha
diciassette anni, abita i suoi ricordi; due figli grandi e lontani;
un blog e una merceria che hanno il potere di rendere felici la
gente, con la parola giusta nel momento giusto, nastri e merletti;
un marito rozzo e schietto, che la porta raramente in vacanza, che
non le ricorda mai quanto è bella, ma che tuttavia c'è. Sulla vetta e
nell'abisso, nell'allegria e nel lutto condiviso insieme, lui è
rimasto. Senza di lui non vivrebbe. Non è il principe azzurro o la
popstar di cui sognava da ragazzina, affidando le sue speranze a un
diario color confetto, ma è l'uomo della sua vita. Adora i suoi
mille grattacapi, ama regalare sorrisi alle sue lettrici, venera la
semplicità e la noia del suo quotidiano. Si tiene tutto per sé: le
ansie e i dilemmi, e quel peso a tantissime cifre che vegeta tra
scarpe, giubbotti e palline di naftalina. Finché, un giorno, è
qualcuno di insospettabile a scoprire il suo prezioso ed esorbitante
segreto.Le
cose che non ho,
il più grande successo editoriale francese dai tempi dell'Eleganza
del Riccio,
è un romanzo piccino, ma su cui si è abbattuta una fortuna immensa,
proprio com'è accaduto alla donna che lo anima con i suoi desideri e
con le sue angosce. Dotato di un'eleganza tutta parigina, è una
commedia per tutti, sfavillante di armonia, grazie e joie
de vivre.
I capitoli sono veloci e pieni di piccole perle, il tono è
rilassante e colloquiale, lo stile scelto dall'autore rende la storia
di Jo un godibilissimo flusso di coscienza: più che un monologo, una
confessione a sé stessa.
Una colorata e fine presa di coscienza,
tipica di ogni crisi di mezza età che si rispetti. E, ritornando
all'affermazione fatta appena qualche rigo fa, sì, dell'autore:
Grégoire Delacourt, classe 1960, è uno dei pubblicitari più
affermati e noti di Francia. E' un uomo. Che dà voce ai pensieri più
intimi e privati di una donna. Il risultato è straordinario, pur
nella sua ordinarietà. Il romanzo appare immediato, realistico, un
po' naif,
troppo vero per essere mera finzione. Per essere un'esplorazione del
più impervio, mutevole e misterioso dei luoghi: il cuore femminile.
Delicato, morbido, senza prezzo. Jo è la moglie e la mamma media, è
una trapezista che si è librata sulla depressione più spietata (la
morte di un neonato), è la ballerina più paffutella e simpatica di
una parata tutta in rosa. L'elefantino più aggraziato che c'è! “Ebbi
l'impressione di trovarmi nel bel mezzo di uno di quei film
sdolcinata di Frank Capra e posso dirvi che, certe volte, le
sdolcinature fanno bene.”
Ma
anche a lei, alla fine, la vita gioca un brutto scherzo. Una botta di
fortuna, o una pioggia di verdoni che diventano una calamita di guai?
Conoscere la risposta a questa domanda ha giocata un brutto scherzo a
me e a lei, e l'epilogo di una storia così vitale e ottimista mi ha
reso triste all'improvviso. Perché questo romanzo è fatto di vite
vere, in fin dei conti. E di cieli che conoscono giornate di sole e
nuvoloni nerissimi. Mi aspettavo di leggere la versione cartacea di
un allegro film d'oltralpe, invece mi sono ritrovato gocce amarognole
sul cuore. I fiori in copertina sono bellissimi, colorati, leggeri
come l'aria: ma, senza radici, appassiranno. Li sostituiremo con
altri, scegliendo dal nostro fioraio di fiducia una qualità più
profumata e bella. Anche se non saranno più gli stessi, e non lo
sarà il vaso in cui li poseremo, e non lo sarà l'acqua in cui si
bagneranno, e non lo saremo noi. Ci sono un lato positivo e uno negativo in ogni aspetto della nostra vita. Le
cose che non ho ce
li mostra entrambi, contemporaneamente, quasi a capitoli alterni, con
un spensieratezza che non sa rinunciare nemmeno agli occhi lucidi, al
sale sulle guance e al “cancro del male che gli uomini fanno al
cuore delle donne”.
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: Dionne Warwick And Friends - That's What Friends Are For
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