Recensione: "Le emozioni difettose" di Laurie H. Anderson

Creato il 31 ottobre 2011 da Lauragiussani
Titolo: Le emozioni difettose
Autore: Laurie H. Anderson
Editore: Giunti (Collana Y)
Data uscita: 5 ottobre 2011
Pagine: 304
Prezzo: 14,50 euro
Kate Malone frequenta l’ultimo anno di liceo ed è bravissima in chimica. Ha fatto domanda di ammissione all’università più importante del paese e, in attesa della lettera di risposta, corre a più non posso, di notte e di giorno. Corre per punirsi, per annullarsi, per non sentire l’ansia e la rabbia che le aggrovigliano le viscere e per fuggire da quel dolore che ha il nome di sua madre, morta molti anni prima. Quando però la casa dei vicini viene distrutta da un incendio, Kate è costretta a fermarsi per affrontare con coraggio se stessa e una realtà del tutto inaspettata.

RECENSIONE: Un romanzo incentrato sulle emozioni: scritte, descritte, ma ben poco trasmesse al lettore. Una prova un po' sottotono, per un'autrice che può mirare certamente più in alto.

“Le emozioni difettose” è il secondo romanzo che leggo di Laurie H. Anderson, autrice che ho conosciuto e apprezzato tempo fa grazie a un altro suo libro, Wintergirls. Una scrittrice insolita, forte di uno stile tutto suo e capace di affrontare in modo del tutto singolare temi delicati e importanti, senza necessariamente dare vita a racconti pesanti come mattoni, ma optando invece per soluzioni più interessanti e originali, capaci di catturare l’attenzione dei lettori più giovani, i veri destinatari di tali romanzi.Eppure, “Le emozioni difettose” non è riuscito a prendermi quanto avevo sperato. Può sembrare forse paradossale, visto il titolo del libro, ma la principale critica che mi sento di rivolgergli è quella di un mancato coinvolgimento emotivo. 
La storia di Kate è senza dubbio molto interessante e rappresenta perfettamente la vita di molti giovani adolescenti dei nostri giorni: una vita frenetica, senza un attimo di sosta, una corsa continua che permette di fuggire da tutto e da tutti, dal dolore, dai pensieri, dalla propria vita. Perché abbandonarsi a una routine massacrante e sfibrante, dove la parola dormire è ormai un concetto astratto, è forse più facile che fermarsi un attimo, rallentare e fare di tanto in tanto i conti con sé stessi. Kate è una ragazza con una situazione famigliare difficile, senza una madre e con un padre con il quale fa fatica a relazionarsi, oltre che un fratellino del quale prendersi cura. Sempre di corsa, a casa come a scuola, dove attende la risposta alla sua domanda di ammissione al MIT con ansia, a volte tanto eccessiva da sembrare una fissazione ai limiti del morboso. A sconvolgere tutto arriverà la convivenza forzata con un’odiata compagna di classe che se da una parte le creerà nuovi problemi, dall’altra la costringerà finalmente a fare una cosa che rimanda da troppo, troppo tempo: rallentare la sua inarrestabile corsa, e trovare la forza di fermarsi.Curiosa e simpatica la scelta dell’autrice di dare ai vari capitoli un titolo legato al mondo della chimica (dagli acidi alle basi, ai composti instabili, dai radicali liberi all’energia di attivazione, etc.). Sono chiari riferimenti alla storia, ovviamente, che viene narrata in prima persona dalla giovane protagonista. Leggere questo libro è come seguire Kate passo dopo passo, secondo dopo secondo, osservandola attraverso una piccola telecamera nascosta. Il lettore ha anche modo di leggere i suoi pensieri… ma più che ritrovarsi nella sua testa l’impressione è quella di una vaga percezione. Per quanto il personaggio di Kate sia stato ben caratterizzato e presentato in tutte le sue diverse sfaccettature, mi è risultato difficile – se non impossibile – vestire i suoi panni. C’è un gran parlare di pensieri ed emozioni, ma rimangono solo parole nere su una pagina bianca, scritte che si leggono ma che si “sentono” ben poco, quasi ci fosse un velo di apatia tra il lettore e la narrazione. Con una premessa come questa, è facile capire come un libro incentrato sulla vita di Kate possa a lungo andare risultare un poco noioso, o quanto meno concludersi senza lasciare praticamente traccia. Diverso è stato appunto il caso di “Wintergirl”, dove l’angoscia e il disagio erano davvero palpabili, e il dramma arrivava dritto al cuore del lettore.In quest’ultimo romanzo, invece, il potenziale dell’autrice sembra quasi essere sprecato, il suo stile impeccabile e particolare convogliato in una storia paragonabile a un vicolo cieco. Un libro forse poco sentito dalla stessa scrittrice, o forse semplicemente poco delineato, un abbozzo messo per iscritto senza essere rivisto e perfezionato. Forse una buona idea di base, ma davvero poco sviluppata… o sviluppata male, a seconda di come la si vuole vedere. Queste, almeno, sono state le mie impressioni.Interessante il dualismo che tormenta la ragazza, dove si fronteggiano più volte una Kate Buona e una Kate Cattiva. Ma anche qui, il discorso poteva essere approfondito meglio. Sebbene questa prova sia stata tutt’altro che buona, devo comunque dire che l’autrice continua ad incuriosirmi, tanto che le concederò sicuramente un’altra possibilità… magari con “Speak”, altro romanzo tradotto in Italia che a suo tempo mi è sfuggito.In conclusione, un libro piuttosto ordinario per un’autrice in grado di dare molto ma molto di più. Niente di grave, comunque. Del resto, come si dice, non tutte le ciambelle escono col buco… E capita spesso che autori decisamente più famosi si rendano protagonisti di scivoloni ben più clamorosi.

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