Autore: Luca Trombetta
Editore: La Case
ISBN: 9788897526216
Numero pagine: 138
Prezzo: € 2,99
Voto:
Trama:
Un linguaggio crudo, forte e che non accetta compromessi accompagna il lettore attraverso le memorie di San Profano, una serie di racconti in cui le metafore si sovrappongono l’una sull’altra raccontando storie di vite violente (e non solo).
Un testo che presenta mille chiavi di lettura diverse e che riesce al tempo stesso ad emozionare, scioccare, sorprendere e indignare.
Un viaggio tra i fantasmi e gli incubi dell’Italia di oggi passati attraverso un tritacarne impietoso e dissacrante che non fa sconti a nessuno.
Recensione:
Non sono un amante della volgarità ostentata, né come tematiche né tantomeno nel linguaggio, di qualsiasi argomento si tratti. Però è vero che, quando si parla di una realtà sociale deviata e perversa nel modo più squallido, un lessico crudo e brutale è il modo migliore per descrivere adattandosi senza approvare.
Lo stile narrativo è pesante e ricercato, pieno di metafore e periodi complessi che si mescolano a costruzioni del parlato e dialettismi dando un effetto di straniamento e confusione al lettore.
Si parla di prostitute, di ostentazione del corpo e mercificazione del sesso, di ragazzi gay costretti o al suicidio o ad essere ammazzati dai padri mafiosi che li considerano un cancro all’interno della famiglia, di donne stuprate e risse d’onore. Ogni spaccato di vita è vuoto di valori e sterile, fine a se stesso, è l’elenco di parabole di un santo che altro non è che un uomo come tutti noi, personificazione della profanità più abbietta e bestiale, capo non per scelta di un branco di seguaci emarginati.
L’emarginazione è il filo conduttore che collega tutti i frammenti di questo libro. Tutti i personaggi hanno un punto comune, il fatto di essere ai margini della società, di avere un peccato impossibile da espiare, di essere in qualche modo sbagliati o incapaci di reagire agli eventi.
Del tutto contrariamente ai miei standard, è stata una bella lettura. Viviamo circondati dalle apparenze e da indottrinamenti dettati dalla televisione e dalla corporeità esasperata, ogni giorno sommersi da esempi di come l’unico modo per essere “giusti” sia essere o una modella o un palestrato, rigorosamente eterosessuali, senza ideali e obiettivi che potrebbero distinguere l’individuo dalla massa. Chi se ne discosta, chi è un profano, è un martire: discriminazioni, allontanamenti, pellegrinaggi, linciaggio fisico o morale non ha importanza. I profeti inascoltati dell’opposizione stanno sulle panchine dei parchi a osservare in distanza, sono i solitari, quelli che guardano il mondo attraverso il fondo di un bicchiere e non hanno più niente da perdere perché hanno capito di essere sbagliati, troppo lontani dalle imposizioni televisive, ma a modo loro fieri di esserlo, anche se non ci sono più sogni e illusioni a vivere così.
Forse è un romanzo che lascia con un po’ di amaro in bocca, senza pretese, ma rappresenta una voce isolata in un genere sotterraneo che ha ancora il fiato di denunciare un modo di vivere patetico, ridicolo e purtroppo quasi universale.