[Recensione] Le voci dei libri di Ezio Raimondi

Creato il 27 dicembre 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

Titolo: Le voci dei libri
Autore: Ezio Raimondi
Editore: il Mulino
Anno: 2012
ISBN: 9788815234629
Lingua: italiana
Numero pagine: 113
Prezzo: € 13,00
Genere: autobiografia / saggio
Voto:
Contenuto: [dalla quarta di copertina] Tanto è manifesto l’appetito di Ezio Raimondi per i libri, che un’allieva impertinente gli attribuì la qualifica di “libridinoso”. Non è però la passione del collezionista o del bibliomane. Il libro, dice Raimondi, è una creatura che ci parla, e leggere è un’occasione di incontro e di amicizia. Riandare ai libri che ci hanno accompagnato negli anni significa allora davvero ritrovare pagine e persone che ci sono state amiche. Mentre l’età di Gutenberg volge forse al tramonto, la parola vivida di questo grande lettore testimonia l’inesauribile tesoro di conoscenza e affetti che l’esperienza del libro sa portare nella nostra vita.

Recensione: Il più delle volte il libro assume la parvenza di un liberatore della coscienza, la quale può librarsi in volo, verso altezze e luoghi mai considerati. Chi ama i libri può ben sembrare un libridinoso, con buona pace del correttore automatico che tenta di sopprimere la r di troppo.

La lettura consente di affrancarci dai legami famigliari, ma anche di consolidarli su altre basi, allargando orizzonti che non sempre esigono il viaggio, l’allontanamento, la fuga. Una volta l’istruzione gettava un ponte provvidenziale tra il dialetto che si parlava a casa e la lingua nazionale con cui ci si esprimeva a scuola. Allora (si parla degli anni ’30) non c’era la televisione e pochi possedevano la radio.

Gradualmente Ezio Raimondi accorda fiducia ai libri, a qualcosa che arricchisce l’esperienza (a quell’epoca più intensa).

Il libro entra nell’ambiente domestico, si insinua nel focolare in maniera silenziosa ma invasiva, anche grazie alla lungimiranza della madre che investe e compie sacrifici per la sua istruzione. Sua madre se non era colta, era assennata e coscienziosa, tanto da vedere nella cultura un mezzo necessario, una scommessa per il futuro.

Ezio Raimondi afferma di essere nato due volte, di essere cioè figlio di sua madre e figlio della cultura, di aver colto l’apparente distanza e la congruità effettiva tra il mondo domestico e il sapere alto.

Dal libro singolo entrato, o regalato per caso, frequenta la biblioteca, lungi dal mostrarsi un mero deposito di volumi:

Il libro non solo si sommava ad altri libri, ma aveva qualcosa di segreto che lo univa ad essi.

La biblioteca è un punto di partenza cui sempre si ritorna, a metà strada tra un tempio e una cucina. Tanto che la biblioteca dell’autore, ormai professore emerito, esplode fuori dagli scaffali, usurpando gli altri spazi, in un caos animato che esprime i viaggi e i ritorni di una mente infaticabile e accesa. Poco importa se la ricerca di un libro divenga un’ardua impresa nell’inseguire colori di copertine, o i richiami di un pensiero che divaga. In una simile foresta un libro può dirsi perduto pur trovandosi dove è stato riposto l’ultima volta:

Ogni biblioteca è popolata di fantasmi che, possiamo pensare, durante la notte riprendono la parola, in attesa che i viventi la rifacciano propria, un po’ come le mummie nel Federico Ruysch.

Diversi sono i canali che hanno consentito all’autore l’ingresso all’universo dei libri e della cultura: in primis sua madre, come si è ricordato. Quindi le occasioni nate dal piccolo dovere scolastico l’hanno spinto in biblioteca e verso alcuni libri in particolare. E via di seguito: dal primo contatto si passa al secondo, al terzo libro, fino a tracciare la direzione della ricerca nella veste di professore e di accademico.

L’accostamento e la fruizione della cultura diventano la storia di proficue relazioni che trasferiscono sulle pagine e mettono in risalto un’umanità non certo in conflitto con l’indole propria dello studioso.

Ogni libro si accompagna a eventi, cose, persone, e questo dialogo tra libro e libro è la miglior catalogazione del vissuto rispetto a un freddo inventario. Vi si legge la traccia di una storia personale oltre  quella di un certo problema conoscitivo.

C’è un terzo canale che interviene in questo rapporto privilegiato: il dono d’amicizia che fa da tramite verso altri libri da leggere o da scrivere.

Ed ecco i soggetti che intervengono: la madre, la scuola, gli amici. Soggetti compartecipi della circolazione della cultura e delle idee. Idee non fini a loro stesse, imbalsamate o chiuse a chiave in una vetrina,  prodotto di una ricerca solitaria o di una erudizione incapace di aprire le porte verso l’esterno, ma idee che devono essere vive, fatte di cose e di incontri, di parole e pagine scritte legate alla dimensione del vissuto:

…lo scrittore è un uomo particolare, capace nella sua narrazione di far brillare una luce che riguarda tutti, una luce che quanto è più intensa tanto si rivela conforme alla realtà di ciascuno, alla nostra realtà più domestica. E così, nell’incontro con un grande testo, possiamo trovare noi stessi, immersi in una dimensione che Bachtin chiama il tempo della grande letteratura.


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