Recensione: Leodhrae. Il risveglio dell'alchimia
Da Flautodipan
@miriammas
Titolo: Leodhrae. Il risveglio dell'alchimia
Autrice: Aurora Filippi
Editore: Selfpubishing
Pagine: 511
Prezzo cartaceo: 19,90
Prezzo Ebook: 3,07
Descrizione:
V`era un patto, una promessa
solenne e delle firme sul sigillo che incatenava la forza che aveva osato
mettere in dubbio l`autorità divina e la supremazia della Magia. Quel sigillo
si è rotto e ora i fautori di quelle firme hanno il dovere di agire, discendendo
nuovamente tra i mortali per salvarli dalla piaga dell`Alchimia. I quattro Dei
degli elementi creeranno l`esercito per distruggere quel potere subdolo e
strisciante che già una volta ha corrotto i loro dominio e che ora promette di
distruggerlo per sempre. Il buio inghiottirà il mondo, i forti sceglieranno il
loro vessillo e si prepareranno ad affrontare una guerra per la salvezza. Ma
nell`ombra striscia la paura, paura per una leggenda che sembra rivelarsi fin
troppo reale. In sette attendono, forse nascosti in luoghi dimenticati, forse
tra le pagine di un libro. Sette promesse di vittoria per coloro che per primi
li avranno.
L'autrice:
Aurora Filippi nasce il 25 Marzo del 1988 in provincia di
Firenze. Fin da piccola cresciuta in una casa piena di libri, ama da sempre
leggere. La scrittura, però, non era nei suoi progetti. Da piccola ambiva a
fare la naturalista, ma in seguito ha optato per dare spazio alla sua innata
passione per il disegno. Scopre la scrittura attraverso il gioco di ruolo e ne
fa un hobby fisso che occupa sempre più il suo tempo libero. Dopo aver
sperimentato concorsi di scrittura, decide di provare a pubblicare un libro,
optando per il self publishing.
La recensione di Miriam:
L’eterna lotta tra bene e male è un tema assai ricorrente
nel genere fantasy ma che non cessa mai di stupire per le infinite possibilità
interpretative a cui si presta. L’esordio di Aurora Filippi non fa eccezione in
tal senso, si lascia ispirare da questa tematica di fondo interpretandola però
in modo personalissimo e indubbiamente originale.
Leodhrae è il nome di una città immaginaria in cui il male,
identificato con l’alchimia, si è risvegliato a opera del temibile Ghadra. Il
suo obiettivo è quello di conquistare il mondo avvalendosi del supporto di
creature terrificanti alle quali egli stesso ha dato vita sfruttando i suoi
poteri alchemici. Ma a intralciare i suoi piani intervengono le forze del
bene, rappresentate dagli dèi dei quattro elementi. Il dio del fuoco (una
fenice), la dea dell’acqua (una sirena), il dio dell’aria (un drago) e quello della terra (un
centauro) si apprestano infatti a preparare i loro eserciti e ad affrontare il
comune nemico in uno scontro epocale.
A gradi linee questo è il nucleo intorno a cui l’autrice
tesse il suo ordito,all’apparenza
semplice ma arricchito di così tante sfumature e particolari da trasformarsi
strada, facendo, in una tela fittissima nella quale alto è il rischio di
perdersi.
In effetti è più o meno quanto è accaduto a me in corso di
lettura: ho intrapreso il viaggio animata da grande curiosità ed entusiasmo ma,
andando avanti, mi sono perduta al punto di non riuscire più ad apprezzare e comprendere
la storia fino in fondo.
A provocarmi un gran senso di confusione è stato principalmente
l’utilizzo di una fitta schiera di voci narranti. Le più “importanti” sono quelle
corrispondenti ai quattro Signori degli elementi ma a queste si affiancano
anche le voci di altri personaggi cosicché otteniamo nel complesso una
consistente pluralità di POV. I narratori raccontano tutti in prima persona
alternandosi in maniera casuale nei vari capitoli. Ne consegue che all’inizio
di ciascun capitolo non si sa chi stia parlando e quasi mai lo si comprende
subito. Ciò mi ha provocato un costante senso di smarrimento che ha messo a dura
prova la mia capacità di concentrazione.
Immaginate di partecipare a un festa in maschera e di dover
trascorrere l’intera serata a cambiare costume. Ecco, leggendo ho provato
qualcosa di simile, mi sembrava di entrare e uscire senza sosta dai vari
personaggi, così facendo non ho potuto immedesimarmi in nessuno e, a lungo
andare, ho cominciato ad avvertire anche un gran senso di stanchezza.
A rendere ancor più complicata l’impresa si aggiunge il
fatto che gli attori sguinzagliati sul
campo sono tantissimi eper lo più hanno
nomi quasi impronunciabili (Kerfat’Fuer, Asekar Lostdal Vedur, AnhelieèLen,
Iker’Undos…); tra gli altri si aggirano strani incroci nati dagli esperimenti
di Gadhra, esseri dalle fattezze e i nomi partoriti interamente dalla fantasia
dell’autrice (cito a titolo di esempio i Beriak – simil lupi mannari – i Drow –
ovvero una specie di elfi con pelle nera e capelli bianchi, le Goriak – esseri
viventi che in realtà sono Chiavi non meglio precisate…) . Memorizzarli e
riconoscerli è praticamente impossibile. Il libro è corredato di un glossario
in appendice atto a facilitare il compito, ma leggere dovendo ricorrervi di
frequente è tutt’altro che rilassante.
In conclusione, ho apprezzato la fervida fantasia dell’autrice,
che oserei definire straripante, ho intravisto grandi potenzialità nell’idea
alla base di questo romanzo dall’impianto epico ma mi sono scontrata con una
tecnica narrativa e uno stile espositivo che hanno trasformato la lettura in
un’esperienza faticosa più che emozionante. La necessità di comprendere chi
stesse raccontando ogni volta che cambiavo capitolo, il bisogno di correre al dizionario per ricordare fattezze e nomi dei personaggi presenti sulla scena
hanno finito per farmi perdere completamente il filo della storia lasciandomi,
al termine, con la sensazione di aver perso qualcosa di essenziale lungo la
via.
Per esempio non ho compreso il ruolo degli angeli, che non
mancano di fare la loro comparsa, in una storia che per impianto e protagonisti
sembra volersi inserire in una cornice di stampo pagano…
Probabilmente una migliore gestione dei POV avrebbe reso la
lettura più scorrevole consentendo ai pregi dell’opera di venire alla luce.
Allo stato attuale mi sembra un diamante grezzo che necessita ancora di essere
lavorato perché possa brillare davvero.
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