Recensione “Mia madre” (2015)

Creato il 25 maggio 2015 da Cinetvrecensioni

Il dolore nelle pellicole è quasi sempre raccontato in modo eccessivamente alterato, artificioso e a tratti eccessivo.
“Mia Madre” è l’esempio di come il dolore possa essere affrontato intimamente (attenzione: non con distacco, anzi…).

Moretti imprime a questo film una doppia dialettica, quella tra il privato e il pubblico. Il mascherare le emozioni, i turbamenti all’interno della società sono fattori che accomunano molti di noi e nella pellicola sono sfruttati magnificamente.

Margherita (Margherita Buy) è una regista di successo, che lavora ad un film con un attore americano molto famoso (John Turturro).
Ma è anche una donna distrutta e sofferente perché deve confrontarsi con la paura di ogni figlio: la morte di un genitore, in questo caso la madre, ex professoressa, Ada (Giulia Lazzarini).
Le difficoltà nel privato non aiutano Margherita nella realizzazione del film, anche a causa dei dissidi con il divo americano. Ma la famiglia, il fratello Giovanni (Nanni Moretti) e la figlia, saranno per lei una presenza fondamentale in questa fase della sua vita.
In “Mia Madre” si trova anche il tempo per ridere, cosa alquanto difficile per film di questo stampo.
La risata va a braccetto col dolore, ed arriva grazie ai battibecchi tra Margherita e un grande Turturro.
Un Turturro egocentrico, delirante ma anche molto confuso, che pavoneggia sul set di Margherita ma in realtà è assilato da dubbi interiori. Il Turturro reale, sul set di “Mia Madre”, invece, ci regala un’interpretazione magnifica.

Le scene dolorose ovviamente sono molte e tolgono il fiato.
Quelle tra Margherita e la madre morente sono toccanti anche grazie alla bravura della Lazzarini.
I continui incubi di Margherita poi, non fanno altro che sottolineare le difficoltà che la donna sta attraversando.
Il tutto in un quadro generale che fa emergere anche i problemi lavorativi italiani, dove gli operai sono alla costante ricerca di diritti e normalità, infuriati (in questo caso), dal solito magnate straniero (Turturro) che si appropria dell’azienda.
In sintesi un film che aiuta molto il cinema italiano a riemergere grazie ad un Moretti (l’avevamo omesso) raramente così defilato a livello recitativo, ma mai così convincente in regia.

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