Pubblicato da Vittoria Liant
Cari lettori, avrete di certo notato il fascino che i classici nutrono su chi li legge e, se costoro sono a loro volta anche degli scrittori, spesso, la naturale conclusione, è l’arrivo nelle librerie di sequel, rivisitazioni o adattamenti. Una delle autrici che ha ispirato più di un collega a cimentarsi con le sue storie, amate e “venerate” in tutto il mondo, e con il suo stile pungente e spigliato, è sicuramente Jane Austen.
In questo anno di festeggiamenti per il bicentenario dalla pubblicazione di Orgoglio e Pregiudizio si inserisce infatti l’uscita, per Mondadori, di Morte a Pemberley, nato dalla penna della James grazie al suo grande amore per la Austen. Un prosieguo il suo, che si inserisce sei anni dopo la chiusura del romanzo originale andando a presentare la quotidianità familiare degli amati Darcy ed Elizabeth in questo caso interrotta da un orribile delitto. Questa recensione sarà anche l’occasione per parlare dell’attesissima mini serie in tre puntate ispirata al romanzo e targata BBC, dove un aitante Matthew Rhys cercherà di far dimenticare dai cuori delle fan, un giovane e appassionato Colin Firth, che nell’adattamento del 1995 era un perfetto Mr Darcy.
RECENSIONE
“Devo le mie scuse allo spirito di Jane Austen per aver coinvolto la sua beneamata Elizabeth nell’esperienza traumatica dell’indagine su un delitto, soprattutto perché, nell’ultimo capitolo di Mansfield Park, Miss Austen spiega chiaramente la sua opinione: «Che altre penne si soffermino su colpe e miserie. Io abbandono questi odiosi argomenti non appena mi è possibile, impaziente di restituire a tutti quelli non troppo colpevoli un livello di benessere accettabile, e di farla finita con tutto il resto». Indubbiamente avrebbe replicato alle mie scuse dicendo che, se avesse desiderato soffermarsi più a lungo su argomenti tanto odiosi, avrebbe scritto lei stessa questa storia, e lo avrebbe fatto meglio.” Dalla nota dell’autrice di Morte a Pemberley
Purtroppo, approcciarsi ai classici e scriverne un sequel non è cosa semplice. Se poi il romanzo di cui si vuol scrivere è uno dei più letti e amati, il lavoro risulterà ancora più gravoso. Un seguito non parte da una tavola bianca, ma da punti di riferimento ben precisi che dovrebbero essere rispettati il più meticolosamente possibile. Lo stile, le ambientazioni, il carattere dei personaggi devono essere accuratamente studiati e soprattutto compresi, in modo da donare coerenza tra il nuovo lavoro e l’originale. P.D. James è un’autrice di tutto rispetto, con una carriera da scrittrice di gialli florida e pluripremiata e un tratto di penna fluido, ma, anche per lei la prova di far rivivere una seconda giovinezza a Orgoglio e Pregiudizio è stata dura e purtroppo non pienamente superata.
Quindi, nel 1803 Mrs Bennet poteva essere giudicata una donna felice, almeno per quel che consentiva il suo carattere, e si era saputo che aveva partecipato a una cena di quattro portate alla presenza di Sir William e Lady Lucas senza alludere neanche una volta all’ingiustizia dell’eredità vincolata.
Ma i cancelli della maestosa tenuta dei Darcy rimangono costantemente chiusi per la più giovane delle cinque sorelle, Lydia e per il di lei marito George Wickham. A parte alcune visite a Jane e la disposizione di far avere ai due somme di denaro per risollevare le sorti del militare nei periodi di “perdita”, i rapporti tra le due famiglie restano congelati. Tutto cambia alla vigilia del ballo di Pemberley. Una Lydia sconvolta e urlante appare alla soglia della villa dichiarando che Wickham è stato ucciso.
«Wickham è morto! Denny gli ha sparato! Perché non andate a cercarlo? Sono lassù, nel bosco. Perché non fate qualcosa? Oddio, so che è morto!»
Inizia così la vertiginosa ricerca, il ritrovamento di un ferito e di un cadavere e le conseguenti indagini con interrogatori, dubbi e sospetti. Se analizziamo questo libro dal punto di vista del giallo, ovvero il terreno sul quale la James è una fuoriclasse, se ne rimane fortemente delusi. Il mistero è labile, portato avanti con poca enfasi e la risoluzione è palese al lettore già a metà racconto. Niente a che vedere con gli standard di questa autrice, che probabilmente avrà voluto tenere a freno la propria penna per non alterare l’impianto originale. Purtroppo anche con questa motivazione, il risultato appare sciatto e poco curato. Si poteva trovare un equilibrio migliore tra il mistero da risolvere e la storia dei personaggi.
Era opinione comune delle donne di Meryton che Mr e Mrs Bennet di Longbourn fossero stati fortunati riguardo alla sistemazione di quattro delle loro cinque figlie.
La prima parte in particolare, ricorda in maniera incredibile l’introduzione del libro originale e riesce, senza stancare, a dare un’accurata infarinatura della storia e dei personaggi a chi non avesse presente la trama del romanzo da cui la James ha tratto ispirazione. In una sessantina di pagine riusciamo quindi a ricordare tutti gli eventi salienti che hanno portato le sorelle Bennet incontro al loro destino e sbirciamo anche in quel lasso di tempo di sei anni che ha portato un po’ di cambiamenti nello status e nella vita di alcune di loro. Quando prende avvio il giallo vero e proprio, mantenere lo stile originale diventa più difficoltoso, ma sebbene in diversi punti lo stile “simil Austeniano” si perda, si può dire che l’autrice abbia fatto un ottimo lavoro nel cercare di mantenersi il più possibile fedele ad esso.
Tasto dolente sono invece i personaggi. Alcuni li ho trovati assurdamente incoerenti ed improbabilmente cambiati. Uno su tutti: il colonnello Fitzwilliam. Diventato per una serie di eventi Visconte Hartlep, il suo carattere da apertamente gentile e gioviale, si trasforma in altezzoso, prepotente e cupo in maniera quasi fastidiosa. Una trasformazione abbastanza inspiegabile e poco credibile.
Darcy, il cui carattere e temperamento è stato molto mitigato dalla presenza della moglie, in alcuni momenti risulta un po’ privo di polso, tanto da farsi quasi mettere i piedi in testa dal cugino. Elizabeth è maturata, ha perso un po’ della sua velata sfrontatezza ed è diventata molto più materna, ma meno solare.
Interessante e ben inserito, soprattutto perché va a contrapporsi al nuovo lato oscuro del colonnello Fitzwilliam, è il personaggio di Alveston. Bello ricco e dalle idee moderne. Un perfetto nuovo eroe Austeniano da amare, che cercherà di conquistare la mano di Georgiana.
Perdonatemi, signore, ma sento di dover parlare. Voi trattate ciò che Miss Darcy dovrebbe fare come se fosse una bambina. Siamo entrati nel diciannovesimo secolo; non è necessario essere discepoli di Mrs Wollstonecraft per renderci conto che alle donne non dovrebbe venir negata una voce in questioni che le riguardano. Sono già passati alcuni secoli, ormai, da quando abbiamo ammesso che la donna ha un'anima. Non sarebbe il momento di ammettere che essa ha anche un cervello?
Menzione particolare va fatta ad alcune iniziative prese dalla James, quella di approfondire alcuni aspetti tralasciati in Orgoglio e Pregiudizio, come il legame tra Mrs Younge e Wickham (del quale mi sono sempre chiesta la motivazione) o l’incursione quale omaggio particolare di alcuni personaggi di altri celeberrimi romanzi della Austen (per scoprire quali però dovrete leggere il libro). Nonostante uno stile che potremmo definire una moderna prosa Austeniana, che risulta convincente e piacevole, ed alcune chicche e approfondimenti, questo seguito di Orgoglio e Pregiudizio risulta una scelta poco felice. Se ci basassimo sul libro in sé e per sé, senza volerlo raffrontare al masterpiece, non potremmo comunque promuovere questo romanzo che risulta lento alla lettura e con un giallo banale e facilmente risolvibile.