Recensione: Mr. Mercedes, di Stephen King
Creato il 06 novembre 2014 da Mik_94
Persino le stelle sono un miraggio. L’unica verità è il buio. E
conta solo entrarci dopo avere fatto qualcosa di importante. Dopo
avere ferito il mondo, lasciando il segno. In fondo, la Storia è
nient’altro che una grande, profonda cicatrice.
Titolo:
Mr. Mercedes
Autore:
Stephen King
Editore:
Sperling & Kupfer
Numero
di pagine: 470
Prezzo:
€ 19,90
Sinossi:
All’alba
di un giorno qualsiasi, davanti alla Fiera del Lavoro di una
cittadina americana colpita dalla crisi economica, centinaia di
giovani, donne, uomini sono in attesa nella speranza di trovare un
impiego. Invece, emergendo all’improvviso dalla nebbia, piomba su
di loro una rombante Mercedes grigia, che spazza via decine di
persone per poi sparire alle prime luci del giorno. Il killer non
sarà mai trovato. Un anno dopo William Hodges, un poliziotto da poco
in pensione, riceve il beffardo messaggio di Mr. Mercedes, che lo
sfida a trovarlo prima che compia la prossima strage. Nella disperata
corsa contro il tempo e contro il killer, il vecchio Hodges può
contare solo sull’intelligenza e l’esperienza per fermare il suo
sadico nemico. Inizia quindi un’incalzante caccia all’uomo, una
partita a scacchi tra bene e male, costruita da uno Stephen King
maestro della suspense.
La recensione
Stephen
King ci vizia, pubblicando così tanti romanzi nell'arco di un anno
solo che, ormai, è inutile fare conti della rovescia, aspettandoli.
Noi lettori, noi kinghiani convinti, abbiamo una certezza: la
puntualità di Trenitalia è dubbia, ma non quella di questo
magnifico autore che viene dal Maine e da un passato infestato da
spettri alcolici. Diciamola così: mentre aspettiamo un treno che
proprio non arriva, potrebbe essere già uscito un nuovo romanzo del
Re in libreria. Sullo scaffale attende noi, mentre una voce da
automa, senz'anima, annuncia che dovrai startene ad aspettare ancora
per un po', su quel binario umido e isolato, il fischio del
capotreno. Con Stephen King, lo sapete, non esistono attese o
tentennamenti. Io, da qualche anno a questa parte, non mi informo più
sulle trame dei suoi lavori. Vado, pago, porto a casa. Leggo e mi
innamoro. E, puntualmente, come fai quando c'è una persona che ti
piace da impazzire e non sai come dirlo, le parole – anche per te
che le vivi e le respiri da una vita – giocano a nascondino. Perciò
lo dico così, dai. A me Mr. Mercedes è piaciutissimo. Col
superlativo assoluto. E sapete che non ne ero sicuro? Per una volta,
King aveva dovuto aspettare i comodi miei – e di Libraccio. Con
l'età mi vado facendo più o meno saggio, e il grillo parlante mi
diceva che era giusto aspettare un'occasione speciale, destinata ad
arrivare un mese dopo l'uscita. Quel grillo è poltiglia, ora, sotto
le ruote di una macchina assassina. Il destino, col suo macabro senzo
dell'umorismo, mi ha fatto iniziare il romanzo ad Halloween. Ma
sapete che leggerlo allora è stata la più grande trasgressione che
mi sia concesso? Il mio trentuno di ottobre aveva pantofole e pigiama
felpato, altro che feste in maschera nel cuore della notte, ma lo
stringere tra le mani un libro di genere – un libro del
genere – trovavo mi rendesse un po' meno fuori dal mondo. Ma sotto
l'ombrello blu, sotto la scrosciante pioggia di sangue umano, trovava
riparo dal caos cosmico un individuo con la maschera da clown che,
scostato quel secondo volto di plastica dipinta, di mostruoso aveva
poco. Nessuna deformità, nessun passaporto di un'altra galassia, ma
i tratti anonimi dietro cui la banalità del male, secolare, ama
celarsi. Mr. Mercedes, con
quella trama che si annunciava cupa e seriosa, aveva poco in comune.
Lui è un dettaglio in copertina sul quale non ti concentri: uno
smile con i dentini
aguzzi e gli occhiali da sole che si prende gioco di te. Moderno,
sardonico: Giallo. Conclusione inconsueta, per un'ingessata email di
morte. Simbolo assoluto di un gustoso e tradizionale poliziesco
inglese, se non fosse per l'umorismo nero di fondo: così spiazzante,
così poco british. Se non fosse, soprattutto, per il personaggio più
memorabile accanto al protagonista e ai suoi improvvisati
collaboratori: l'assassino in persona, il cui nome è annunciato già
nei primi capitoli. Un copilota inaffidabile, un vice diabolico, un
altro te a cui l'autore, con la profondità di cui soltanto lui
conosce il segreto, dà spessore e risalto.
Brady è un sanguinario
nerd che, nel suo scantinato pieno di computer e flashback violenti,
vorrebbe guardare vecchi film, magari, fino alla fine dei tempi. Ma,
con lui nei paraggi, e i suoi ordigni diabolici, e i suoi scatti di
rabbia imprevedibili, il tempo è lì lì per finire. Basta un click.
Per rendersi vicino il mondo, o per distruggene gran parte. Il
complesso di Edipo, i pacifici hobby tanto inconsueti per un genio
del male, la capacità di sedurti con le parole giuste per lasciarti
lanciare in un dirupo senza fondo fanno di lui un individuo strano,
visto di rado. Una bestia rara che vorresti sfiorare, dall'altra
parte delle sbarre, anche se il rischio di rimetterci una mano è
alto. Brady ha i riccioli e gli impieghi di Chuck Bartowski, le turbe
psichiche e la mamma di Psycho,
lo spirito di onnipotenza del grandioso e cattivissimo protagonista
di Bed Time. Se il
male ha quel volto, un volto nuovo, il bene è in pensione, ma resta
decisamente arzillo: come Bill Hodges. Arguto, dissacrante,
divertente. Non a proprio agio coi computer, i cellulari e le bilance
elettroniche. Odia la tecnologia, le diete e quei programmi trash di
cui tutti – lui compreso – guardano puntate su puntate per
sparlarne a tutto spiano. Solo, triste e alticcio, lo conosciamo in
preda alla noia e a pensieri suicidi.
Il distintivo abbandonato in un
cassetto, ma la vecchia pistola d'ordinanza che luccica, sfavilla, ti
chiama al sacrosanto dovere della morte. Che sia quella degli altri,
che sia la tua. Importa davvero? Una buona forchetta, che dice un
mare di parolacce – anche quando non parla – e che conquista, del
tutto inaspettatamente, donne di vent'anni al di fuori dei suoi
stagionati standard. Quarantenni! Delle bambine, santo cielo! Lui,
arrugginito Sherlock Holmes con ricca e affascinante Bond Girl al
seguito, in una caccia all'uomo con le pallottole a salve e il mouse
sempre pronto a cliccare e a carpire indizi vitali, ha due aiutanti
che, guardate, vi raccomando spassionatamente. Un Watson che non si
chiama Watson – bensì Jerome - all'ultimo anno di liceo: un
ragazzetto di colore, bello e sicuro di sé, che tosa prati a torso
nudo e dà lezioni di informatica a detective in età avanzata, con
la speranza di rimorchiare e di farsi un nome. Meglio della M di
James Bond, Holly Gibney: una quarantina d'anni, qualche rotella
fuori posto, tic e nevrosi, inaspettati assi nella manica. Un
pericolo per se stessa, quand'è sola e le voci le pulsano nelle tempie,
ma un aiuto miracoloso per gli altri. Mr. Mercedes si
legge in un soffio, ed è fresco come una rosa. Sembra scritto da un
ragazzo agli esordi. Perché è firmato da un King vagamente diverso,
quasi inedito. Con il vecchio e con il nuovo che sono in conflitto sì
e no. L'autore cita perfino se stesso, in questo scorrevole thriller post undici
settembre, pensato alle soglie di una crisi economica tremenda che,
in combutta con un assassino spietato, fa ricche stragi. Una macchina
infernale dal nome di donna che animava misteri e morti; un assassino
di bambini col volto di pagliaccio, sbucato dalle fogne o da un altro
pianeta. Avete presente, no? Insomma. Stephen King è fighissimo. Una
rock star, tipo. Una di quelle, ancora intonatissime, che fanno il pienone agli stadi. Muove e sempre muoverà i fianchi come Mick Jagger,
anche se qui – descrivendo l'ascesa di una fantomatica boy band amata dalle
fanciulle, i cui brani disgustosamente pop hanno solleticato le
orecchie di una mela marcia – mi parla di plausibili cloni dei One Direction
dalle ore contate. Perché la fama è un soffio, e perché, nel bel
mezzo della loro canzone più famosa, una bomba potrebbe metterli a
tacere per sempre. Da leggere, ma sapendo che Stephen King è questo e di più. E, ragazzi, ve lo dice un Mr. che parla di un altro Mr.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: The Beatles – Drive My Car
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