National Gallery, un docufilm di Frederik Wiseman. Durata: 180 minuti circa. Solo l’11 marzo al cinema. La lista delle sale sul sito di Nexo Digital.
A 85 anni il guru americano del film-documentario Frederick Wiseman continua a stupirci con un lavoro smisurato – 180 e più minuti di (lunga) durata, sintesi al montaggio di un girato di 170 ore – che entra in uno dei musei più conosciuti al mondo, la National Gallery di Londra, per cavarne non il solito tour tra le opere, ma un ritratto e anche la radiografia di un’istituzione. Un’istituzione-cattedrale presentata nei quadri esposti, ma anche esplorata nei suoi interni labirintici, dove lavorano i responsabili ai vari livelli e chi è incaricato degli allestimenti, gli amministratori, i tecnici che si occupano del restauro, del lighting e di quant’altro occorre al buon funzionamento e al buon procedere di un organismo così complesso. Il fuori, ma anche il dentro, il backstage. Fedele ai suoi principi – niente didascalie, niente voci fuori campo, niente faccioni parlanti (i famigerati talking heads), ma solo puro cinema – Wiseman mostra, si inoltra in ogni anfratto della National Gallery, ne presenta le mirabilie (Caravaggio, Tiziano, Turner, Rubens, Goya, Holbein, Rembrandt, Bronzino, Velazquez…), ma oltre all’Arte ci fa vedere la, per così dire, cultura materiale del museo, il lavoro che lo sostiene e sta, letteralmente, dietro alla sfilata dei capolavori. E se è bello vederci un Caravaggio, altrettanto è penetrare in una riunione in cui si parla di budget, di soldi che ci occorrerebbero e però non ci sono tutti, e allora che fare, come utilizzare al meglio quel che c’è, dove tagliare, dove risparmiare, dove ottimizzare. National Gallery vuol dire anche produzione di eventi, mostre, visite più o meno guidate, insomma una fabbrica di cultura-merce, nel senso più nobile e in quello più disincantato e crudo. Il lato migliore del film di Wiseman è il suo non genuflettersi devoto di fronte all’Arte, il suo approccio non estatico ma curioso, critico, disvelatore del ciò-che-non-si-vede. Nelle tre ore e passa del documentario non tutto funziona, va detto, allo stesso modo, e paion troppe e spesso troppo lunghe, per quanto brillanti e ingegnose, le spieghe di coloro che guidano i visitatori alla scoperta delle opere. Che vien da pensare che con qualche didascalia e un po’ di voce fuori campo si sarebbe risparmiato tempo e guadagnato in sintesi e fors’anche chiarezza. Ma è il prezzo da pagare al purismo teorico-pratico di Wiseman, alla sua rigorosa idea di cinema che espunge ogni elemento smaccatamente pedagogico ed extrafilmico. Presentato lo scorso maggio a Cannes alla Quinzaine des Réalisateurs, National Gallery ha fatto il giro del mondo e adesso approda finalmente anche nelle sale italiane, ed è qualcosa da non perdere.