Recensione "Nell'angolo più buio" di Elizabeth Haynes

Creato il 10 febbraio 2013 da Alessandraz @RedazioneDiario
Pubblicato da Stefania Auci Cari lettori, ci sono dei romanzi che sono capaci di incidersi nella memoria di chi li legge. Per i contenuti, per lo stile o semplicemente per il messaggio che veicolano, lasciano dentro un’impronta, nel bene o nel male. Nell’angolo più buio di Elizabeth Haynes (edito dalla Giano editore nel 2011 e divenuto un best seller) è uno di questi. La storia di Catherine è, purtroppo, una vicenda che ha molti punti di contatto con quella di decine di altre donne, vittime di un amore sbagliato che si trasforma in un incubo.
Trama: È un venerdì sera del 2003, a Lancaster. È Halloween e i bar in città sono pieni come calderoni straripanti. Vestita da sposa di Satana, con scarpe di seta color ciliegia e un abito di satin rosso aderente con cui ha già rimediato più di un palpeggiamento nei bar dove si è rifornita di sidro e vodka, Catherine Bailey entra al River, l'ennesimo club della serata. Per stare dietro a Kelly, una tizia incontrata al bancone di un bar eccentricamente vestita come una strega senza scopa, punta verso il prive. Bloccata da un muro in abito color carbone, solleva lo sguardo e incrocia due incredibili occhi azzurri sormontati da capelli corti e biondi. È il colpo di fulmine per Cathy, l'incontro che pone fine alla sua spensierata esistenza di ventiquattrenne single attratta dai tipi di una notte soltanto, di cui non ricordare nulla, nemmeno un dettaglio, perse, come si è, nei fumi dell'alcol... È un giorno del 2008, a Londra, quando Catherine Bailey si accinge a uscire da casa. Tira le tende del salotto e della sala da pranzo lasciando la solita apertura, passa e ripassa la mano sul telaio delle finestre per verificarne la chiusura, controlla che la maniglia della porta sia girata sei o, meglio, dodici volte. Deve essere precisa, perché se trascura una sola piccola cosa, se sbaglia di un solo centi-etro nel sistemare, per esempio, le tende, occorre ricominciare daccapo.
RECENSIONE Angoscia. È questa la prima parola che mi sovviene nel parlare di questo romanzo. Scritto in maniera magistrale, con una prosa scorrevole e per questo, ancor più efficace, Nell’angolo più buio è un perfetto esempio di un uomo che scambia l’ossessione per l’amore. All’inizio della vicenda, Catherine è una giovane donna festaiola, circondata da uno stuolo di amiche con le quali vuol godersi la vita. L’incontro con Lee Brightman le sconvolge l’esistenza. L’uomo è il prototipo del “bello, sexy e maledetto” e sin da subito la circonda di attenzioni e di amore. Anche la passione fisica è immediata tanto che, nel giro di poco tempo, i due vanno a vivere insieme. Eppure, qualcosa lascia perplessa Cath. Lee scompare spesso, talvolta per settimane. Una sera torna, ferito e malconcio, e quasi l’aggredisce. L’uomo ha sbalzi di umore, arriva a trattarla con violenza durante un rapporto sessuale poiché “tanto alle donne piace”. 

E così Catherine inizia ad aver paura, ma non lo ammette con se stessa poiché sia Lee che le sue amiche, affascinate da quell’uomo così premuroso all’apparenza, le rimproverano di non esser pronta per una relazione seria. La paura diventa terrore nel momento in cui Catherine comprende che Lee l’ha isolata dalle sue amiche, che la sorveglia e che si insinua in casa sua per controllarla. L’amore è diventato un cappio da cui la ragazza non sa più sciogliersi. Nel momento in cui crede di aver trovato una via di fuga, Lee la punisce in maniera crudele e devastante. Solo dopo alcuni anni Catherine ritroverà la forza di ribellarsi a quel legame che le ha lasciato un’eredita pesante dal punto di vista psicologico, e sarà allora che Lee ricomparirà nella sua vita. 

Il libro ha una struttura molto particolare. Vi sono due grandi filoni: il passato – il 2003 - e il presente – il 2008. I brani sono giustapposti come parti di un puzzle, seguendo le date, e solo dopo la metà del libro si ha un quadro chiaro e completo della vicenda, cioè nel momento in cui i due piani temporali si raccordano e permettono al lettore di penetrare in profondità nella psiche ferita di Catherine. La protagonista, infatti, soffre nel presente di una pesante forma di disturbo ossessivo compulsivo, triste eredità della sua relazione con Lee, rivelatosi uno stalker e un violento. 

Nell’angolo più buio è sicuramente un libro difficile da leggere. La dose crescente di violenza e di oppressione viene dosata dall’autrice con sensibilità, ma in maniera inesorabile; e la sensazione di panico diventa crescente nel momento in cui ci si rende conto di due aspetti. Il primo è dato dall’atteggiamento della società e della cerchia amicale di Catherine: essi tendono a minimizzare, ad affermare che è “normale” o per lo meno “tollerabile” che un uomo possa avere atteggiamenti coercitivi nei confronti della propria compagna. La seconda, più terribile, è che in questo libro si ritrovano sensazioni e angosce che sono ben presenti alle vittime di violenza domestiche e di femminicidi. Lee è protetto dalla società e dalle istituzioni: è un agente di polizia, e dunque i colleghi tendono a credere più alla sua versione che a quella di Catherine, giudicata con troppa semplicità una donna incapace di intendere e di volere, soggetta a crisi depressive.

Catherine è una vittima, prima di tutto della sua stessa paura. Si rifugia in una certezza che diventa la sua croce: controllare le serrature, ossessivamente, per esser certa che nessuno entri in casa, fino a sfinirsi. Ritrovare il coraggio e l’equilibrio saranno la sfida più grande che deve affrontare per tornare a una vita serena.  Non è un libro facile, e non è un libro per tutti, ma è di certo un romanzo che merita di essere letto. L’approfondimento psicologico dei personaggi è magistrale, così come la descrizione della rinascita di Catherine: accurato, preciso, descritto con mano ferma e insieme leggera. Il disagio che filtra dalle parole della protagonista arriva direttamente al cuore del lettore e lo costringe a porsi domande scomode o a fare riflessioni dure. Anche in un ambiente sociale più aperto e mobile rispetto a quello italiano, qual è quello britannico, non è raro che una donna venga vista come la parte “in difetto” nel momento in cui si instaurano dinamiche di coppia malate. Al termine, il romanzo ha una flessione verso il thriller che non dispiace e che assicura un finale politically correct.
Tuttavia, al termine della lettura, non si può non pensare a quante donne soffrono per causa dei loro compagni che si trasformano in carcerieri, in nome di un legame che spesso non ha più nulla a che fare con l’amore, ma che parla il linguaggio dell’ossessione e del possesso.

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