Recensione: Niceville, di Carsten Stroud

Creato il 10 novembre 2012 da Mik_94
Titolo: NicevilleAutore: Carsten StroudEditore: LonganesiNumero di pagine: 412Prezzo: € 16,40Sinossi: Benvenuti a Niceville. una piccola cittadina del Sud degli Stati Uniti, circondata dal verde delle colline, popolata di alberi e di antiche ville coloniali... E abitata dal male. Nelle sue strade deserte, illuminate dalla luce seppiata del pomeriggio che inonda prati perfettamente curati, da anni ormai troppa gente sparisce nel nulla. Come Rainey Teague, di appena dieci anni, che la madre aspetta invano di veder spuntare lungo il vialetto di casa, strascicando i piedi come ogni giorno dopo la scuola. Quando scatta l'allarme della sua scomparsa, la polizia si mobilita in massa, anche se non c'è nessun indizio da seguire. O quasi. Perché a Niceville ogni famiglia nasconde un segreto. La scomparsa di Rainey è soltanto il primo anello di una catena di avvenimenti che nel giro di sole trentasei ore travolgeranno la vita di molte persone. Soprattutto quella di Nick Kavanaugh, un poliziotto con un lato oscuro, e di sua moglie Kate, appartenente a una delle più antiche famiglie di Niceville. Una realtà agghiacciante sta per riemergere, e nessuno può far nulla per impedirlo. Perché a Niceville niente rimane sepolto per sempre.                             La recensione Ha affascinato tutti e subito. Me compreso.E' giunto tra le mani degli editori stranieri, con quell'aura di fascino, mistero a ambiguità che caratterizza l'arrivo in sala delle pellicole più attese. Le stesse che sono reputate poco adatte ai deboli di cuore e che, secondo massicce campagne pubblicitarie, suscitano attacchi d'ansia negli spettatori e delirati visioni nei pochi che osano guardarli senza il volto completamente nascosto tra le mani.Durante la fiera del libro di Francoforte, un autore misterioso inviò pochi capitoli del suo manoscritto inedito agli editori di mezzo mondo. Lucido, dettagliato, secco e cinematografico, il suo stile ricordava il miglior King e i primi capitoli di quel romanzo ancora senza nome facevano gridare al miracolo: un bambino innocente inghiottito dal mistero della sua stessa città, una rapina in banca e un sanguinoso inseguimento, un processo scandito con una professionalità e una competenza da fare invidia all'ultimo successo di John Grisham. Vi dico la verità, io per primo ho pensato si trattasse di una leggenda metropolitana, al pari di quella da cui sembrano usciti alcuni dei fantasmi che popolano questo enigmatico Niceville. E, invece, a lettura terminata, riconosco che probabilmente, nei loro panni, avrei fatto la stessa identica cosa.I primi capitoli sono scritti in modo magistrale, veramente di un altro livello rispetto alle letture al quale il lettore medio è abituato. Non sono capitoli. Sono vere e proprie scene di un film. Un attenzione maniacale per i dettagli, una congerie di personaggi di cui vengono intessute carte d'identità e antichi alberi genealogici, un'algida eleganza unita a un caloroso gusto pulp anni '70. Li vediamo chiaramente: il piccolo Rainey Teague con il naso schiacciato contro la ricca vetrina del negozio d'antiquariato del signor Moochie, i poveri genitori affranti dalla sua inspiegabile scomparsa, i soldi sporchi e la violenza di tre “cattivi tenenti”, i vani tentativi del meschino Bock di riprendersi una famiglia che ha coperto di lividi e cattiveria. In quei tre capitoli iniziali, in quelle 60 pagine, impariamo a conoscerli pian piano e a cercare un legame tra quelle figure tanto diverse. Poi, come il piccolo Rainey, scompaiono tutti o quasi, risucchiati nel nero di un torrente torbido di comprimari e avvenimenti che ce li restituisce a capitoli alterni.Fili di una tela fragile e intricata, si intrecciano e si incontrano o, spezzati, cadono sul fondo di un armadio, più labirintico di quello di C.S Lewis, che ospita acari, ragnatele e scheletri scricchiolanti. Gli scheletri e le ossa che gli abitanti di Niceville tengono nascosti sotto il letto e nei loro guardaroba, nella loro coscienza sporca e nel passato delle loro famiglie.Sulla copertina del libro, il nome di uno scrittore paragonato già ai migliori. Un titolo sornione e cinico, che ci prende in giro con villette a schiera, barbecue in giardini curati e rapporti tra buoni vicini. Uno sguardo sull'angolo di una cittadina di provincia, da un cui tombino, con un pizzico di fantasia, immaginiamo escano i lunghi artigli del pagliaccio IT, incubo della ridente Derry. I paragoni con i capolavori del Re sono inevitabili, ma i confronti lasciano il tempo che trovano. I punti di partenza appaiono simili, le idee di base – così tremendamente giuste e d'impatto – le stesse, ma l'andamento del romanzo rivela una diverse volontà di Stroud. Una volontà che, francamente, non sono ancora riuscito a mettere a fuoco. Ha in mano le sorti di un'infinità di personaggi che - con i loro nomi impronunciabili e i loro fitti segreti – sono la piccola maledizione di ogni lettore e, esperto tessitore, l'autore si diverte a muovere l'ago come se lavorasse a un quadro di Pollock o Picasso e non ad una ghost story che, forse forse, abbiamo già letto.Quale forza arcana si nasconde dietro le sparizioni di una cittadina da cartolina? Quale odio fa ribollire le acque del profondo e gelido Crater Sink? Le risposte, in una casa piena di specchi, in una fattoria ferma ai primi del novecento, tra i rami di un albero genealogico senza fine e con radici che arrivano fino al cuore rovente dell'inferno. Risposte che non avremo mai, in un thriller molto complesso che - tra le brighe familiari di Dallas, le vendette trasversali di Mucchio d'ossa e Tarantino e il grottesco umorismo di Bed Time – ci nega la soddisfazione di un epilogo soddisfacente. Perfido fino alla fine.La perfezione non esiste, eppure, a livello formale, il romanzo vi è molto vicino. Nessuna sbavatura, nessun eccesso e, grazie all'ottima traduzione ad opera di Michele Fiume, risuona come una maledizione non interrotta nemmeno dal più piccolo refuso (mi sento di fare giusto un appunto per il font leggermente piccolo). Impeccabile. Non ho capito, tuttavia, dove sia voluto andare a parare l'autore. Le sue intenzioni sono le migliori, ma il fine ultimo di tanto rumore rimane un'incognita. Se, come in Shakespeare, sia per nulla, è da vedere nei volumi successivi che chiuderanno questa trilogia da brivido. Leggendolo, sono stato preso da una frenesia e da una curiosità crescente ad ogni pagina, nonostante temessi non poco i troppi personaggi e i lunghi capitoli che, fortunatamente, si vanno facendo sempre più svelti e morbosamente belli. Inoltre, altra scelta molto mirata dell'autore, è quella di dare un titolo ad ognuno di essi: semplice e descrittivo, ma utile per suggerire il punto di vista di quale dei personaggi ci guiderà nell'ennesima bolgia infernale urbana.Il problema maggiore è uno. Lì dove King impiega un romanzo, o addirittura un racconto breve inserito all'interno di una vasta antologia, per sciogliere dubbi e per spaventare come solo lui sa fare, Carsten Stroud ne impiega tre. Una volta finito, ci vorrebbero disperatamente gli altri libri a portata di mano. Infatti, ho la sensazione che di una trama così dettagliata, tra anni o semplicemente mesi, in caso la pubblicazione dovesse ritardare (e questo è il caso del seguito di Il passaggio, di Justin Cronin), non rimarrà un ricordo particolarmente vivido. E l'approccio con i sequel - The Homecoming e The Departure - anziché entusiasmante, potrebbe essere un mezzo disastro..Il mio voto: ★★★Il mio consiglio musicale: Marilyn Manson - Sweet Dreams


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