NICHI ARRIVA CON IL BUIO
Narcissus Self publishing | 259 pp. | € 2,49 (ebook) A dieci anni dalla morte del suo ex fidanzato una donna ne racconta la storia alla sorella adolescente di lui, che non ha avuto il tempo di conoscerlo davvero. Greta ha quattordici anni quando conosce Nicola in occasione di una vacanza al mare, i due si incontrano ogni estate nella medesima località di villeggiatura portandosi appresso nuovi bagagli di vita reale: Greta ha i genitori separati e presto arriva anche una sorellina, la stessa cosa accade in seguito a Nicola; due esistenze speculari a trecento chilometri di distanza unite da un filo fragilissimo di fiducia e speranza. La storia di Greta e Nicola è contrastata di volta in volta da personaggi gelosi, orgogliosi, insicuri e disperati, ma soprattutto da loro stessi. Tra concorsi di bellezza e quiz televisivi la vicenda è l’occasione per ricostruire un decennio di storia italiana dal punto di vista di una generazione, a favore di chi quella generazione non l’ha mai vissuta.
Confusione. È questa la sensazione principale che è sorta durante la lettura, un susseguirsi di fotogrammi connessi tra di loro ma con un legame non forte abbastanza né consolidato dalla voce narrante. Percorriamo le strade di un’adolescenza scandita da ritmi ormai lontani, tipici di un’epoca ancora in sviluppo, dove il mezzo di comunicazione principale sono le lettere spedite da un capo all’altro del mondo, fino ad arrivare a una maturità apparente dove il ricordo sembra essere l’unico espediente per sopravvivere alla vita stessa. Sono proprio frammenti di vita l’elemento focus della narrazione, frammenti scanditi per buona parte dallo stesso scenario, dalla stessa atmosfera, dagli stessi connotati ad eccezione dello sguardo della protagonista, Greta, che tuttavia rimane quasi estranea pur mettendo in mostra concretamente sentimenti ma non con fermezza (la sua confusione, e spesso la sua superficialità, non sono riuscito ad apprezzarla). La vita le scivola addosso con la sua casualità se di casualità è giusto parlare e sembra essere trascinata prima da una spinta emotiva, poi da un gruppo di amici, poi dal padre, poi dal lavoro, poi dai ricordi che la tormentano. Non decide, non agisce, non combatte: è troppo debole per vivere. Eppure nell'intero romanzo ho visto lei come unico punto di forza: è un personaggio ben costruito nella sua dinamicità e nel lavoro introspettivo che l’autrice ha fatto per mettere in risalto non solo pensieri, parole, azioni ma anche sentimenti taciuti, emozioni. La stessa narrazione appare debole: gli eventi si susseguono senza nessun ritmo incalzante ma a tratti monotono: vediamo un gruppo di amici crescere e cambiare sfaccettature sull'isola dove si incontrano ogni anno, dove ripromettono a se stessi di rivedersi, forse perché il passato è l’unica cosa che conti, o forse perché soltanto l’amicizia sembra resistere al tempo. Vediamo così amori che nascono e si perdono, amicizie che si fanno più discontinue, tratti somatici che mutano insieme ai comportamenti e alle abitudini. E proprio in questo contesto, l’elemento cardine è la storia di amore tra Greta e Nichi, il bello e dannato del romanzo, un altro personaggio che assume un atteggiamento di sfida e poi di sconfitta nei confronti della vita. Ma di amore ci ho visto ben poco: la storia dura qualche tempo, viene poi interrotta a causa della distanza nonostante le promesse, ognuno si rivolge ad altri (Greta in particolare passa con noncuranza da un ragazzo all'altro come passatempo) finché i due, dopo anni, sembrano ritrovare il legame perduto sulla vecchia isola. Eppure la salvezza non appartiene a questa storia. Il filo conduttore è poi arricchito da esperienze fondamentali nella vita di chiunque di noi e che evidenziano il disagio nei confronti del mondo e dell’inaspettato: dal divorzio dei genitori al distacco, dalle nuove abitudini alla ricerca di un lavoro, dalla responsabilità alla morte. E il finale riecheggia sin dall'inizio come un monito che si esplica nelle ultime pagine. Se la storia di per sé non ha attratto la mia attenzione in maniera particolare, ho apprezzato l’impostazione base della narrazione: Greta scrive una lettera/diario alla sorella che Nichi non ha potuto veder crescere e lo fa quasi con una sorta di monologo, un dialogo rivolta più a se stessa che a altri. Infine, lo stile è semplice e lineare, giusto qualche refuso grammaticale qua e là, che sicuramente può essere migliorato con la volontà di chi per amore si dedica alla scrittura. VOTO: