Una delle cose che odio veramente è dover parlar male di un regista che amo. E tra i registi che amo Darren Aronofsky occupa sicuramente un posto di rilievo visto che di suo, fino ad ora, mi è piaciuto praticamente tutto. E quando dico tutto intendo veramente tutto, incluso quel suo tanto bistrattato The Fountain - L'Albero della vita di cui ho parlato tanto tempo fa, proprio qui. Eppure questa volta non è che ci sia molto da fare, molte scuse a cui aggrapparsi, molti modi per passar sopra a quella che definisco la prima, vera, grande delusione di questo 2014. Una delusione dal nome altisonante, che richiama alla memoria uno dei tanti fatti narrati nella prima e più grande opera fantasy del mondo: la Bibbia, il Diluvio Universale, Noah.
Noah, ovvero Noè, il personaggio dell'Antico Testamento che salvò l'umanità quando Dio cercò di sterminarla. Un film che da sempre è stato il pallino dell'autore Aronofsky, che ne scrisse una prima stesura tra il 2004 e il 2006 (assieme a Ari Handel) e che solo dopo l'uscita della graphic novel di Niko Henrichon attirò le attenzioni della Paramount Pictures, che si accostò al progetto coinvolgendo lo sceneggiatore John Logan. Progetto tanto personale quanto voluto dal regista, al di là della grande produzione e del blockbuster milionario. E quindi le colpe sono (quasi) tutte sue se, alla fine, Noah non è altro che un titanico buco nell'acqua che è riuscito nell'impresa di scontentare tutti: cattolici e laici, credenti e atei, amanti del blockbuster e del cinema d'autore. Un film che praticamente non è piaciuto a nessuno (con le dovute eccezioni) nonostante non sia brutto nel senso comune del termine.
Noah è un drammone epico di stampo biblico definito dallo stesso regista "il film meno biblico mai prodotto". E in effetti Aronofsky appare molto più interessato alla figura di Noè da un punto di vista "umano" che al suo ruolo profetico di prescelto dal Signore. Allo stesso tempo, però, Noah è un film velatamente fantasy con elementi tipici del cinema fantasy da Il Signore degli Anelli in poi. E allora è proprio la natura del film ad essere dubbia, cosa non necessariamente negativa ma che sicuramente non permette una facile analisi. D'altro canto Noah è un film immenso che, nel suo essere immenso, è soprattutto eccessivo: troppo lungo pur non essendo lunghissimo, troppo verboso, con troppe "licenze poetiche" ma che allo stesso tempo è impegnato ad essere biblico. Noah è un film spettacolare che fa della spettacolarizzazione uno dei propri fini. Tutti difetti che il cinema di Aronofsky contiene e ha sempre contenuto ma che quì prendono forma e affossano un lavoro delicatissimo.
In tutto questo c'è da dire che la mano di Aronofsky non risalta, quasi non si nota se non in alcune scene che ricordano da vicino il già citato The Fountain. Ed è un peccato, visto che quelle forse sono le parti migliori della pellicola, quelle più riuscite e genuine, quelle che forse possono piacere di meno ma sono il segno distintivo dell'autore.
C'è da dire, però, che gran parte dei difetti su cui hanno fatto leva i critici sono per me del tutto inesistenti. C'è chi ha chiamato in causa una componente new age che non esiste e in Aronofsky non è mai esistita. C'è chi ha parlato di animalismo ma l'animalismo è alla base di una storia del genere, non è un elemente inserito a forza dal regista o dagli sceneggiatori. La stessa componente fantasy è già presente nella Bibbia, qui semplicemente portata agli estremi soprattutto con la rappresentazione degli angeli caduti, i Guardiani. E poi la famigerata componente action, tanto bistrattata ma che nessuno ricorda essere presente, in nuce, nel "romanzo" biblico, uno dei più violenti mai scritti. Per non parlare degli accostamenti a Ronald Emmerich e al suo cinema catastrofico. Ma il Diluvio Universale è uno dei primi racconti catastrofici nella storia del mondo e quella catastrofica non è una nota stonata, all'interno del film.
Quindi, alla fine, Noah è un film brutto ma non nel senso classico del termine, non si parla di regia pessima o attori scarsi (a loro modo tutti bravi, chi più chi meno, in questo cast stellare). E' l'amalgama a non funzionare, è il barocchismo dell'immagine, gli intenti moralistici, la mancanza di briglie che tengano a freno la personalità straripante dell'autore e, allo stesso tempo, una produzione che sembra averci messo comunque del suo, sia mai che la Paramount abbia messo un budget di 125 milioni nelle mani di un singolo uomo, senza restrizioni alcune. E alla fine la noia regna sovrana, nonostante gli effetti speciali dalla Industrial Light & Magic e le solite musiche di Clint Mansell. E un film del genere non può permettersi di tediare. Anche se si tratta di un film di Darren Aronofsky.