Non mi sentivo a mio agio parlando di Revolutionary road, non mi sentivo a mio agio neanche parlando di Cassandra al matrimonio. Non lo so perché, ma accade così. Quando un libro mi tocca nel profondo, non riesco a parlarne in modo lucido e poco banale.Succederà lo stesso con Non abitiamo più qui di Andre Dubus, una scoperta che mi ha emozionata.Non posso però non parlarvene e quindi ci provo, conscia della mia inadeguatezza.
Trama
Hank e Jack sono amici dai tempi della scuola e tutti i pomeriggi si trovano a correre insieme dopo il lavoro. Hank non ha mai creduto nella monogamia e vive a modo suo il matrimonio con Edith; Jack ha sposato Terry, la ragazza più carina che avesse mai visto, ma ora crede di non amarla più. Anche per Edith e Terry il matrimonio non si è rivelato all'altezza delle aspettative. Per tutti il tradimento sembra la via di fuga più facile, ma quella che inizia come un'eccitante evasione trascina con sé un intricato groviglio di dubbi, ripicche e gelosia. Con la precisione di un chirurgo, Dubus affronta la complessità del matrimonio scegliendo di ripercorrere, in diversi momenti, la vita di due giovani coppie indissolubilmente legate. Tre racconti, quattro punti di vista a comporre un'unica storia di amori imperfetti.
La recensione
Per il mio tempo che nei tuoi occhi è imprigionato, per l'innocenza che cade sempre e solo a lato, per i sussuri mischiati con le nostre grida.
Non abitiamo più qui è una selezione di tre racconti scritti da Andre Dubus che, originariamente, fanno parte di tre raccolte di racconti differenti. La scelta di unirli in un unico volume cosicché formassero una sorta di romanzo è della casa editrice italiana, Mattioli 1885. Si trattava del primo libro di Andre Dubus che la Mattioli avrebbe pubblicato e la scelta di mettere insieme i tre racconti, credo, non sia stata dettata solo dalla difficoltà che le raccolte di racconti hanno ad affermarsi nel mercato editoriale – io sono una di quelle che non li legge i racconti, per dire – ma anche perché, in effetti, Non abitiamo più qui, Adulterio e Cercarsi una ragazza in America insieme formano davvero un romanzo.
Durante la lettura un po' si ha la sensazione che Adulterio e Cercarsi una ragazza in America non siano stati scritti necessariamente per accompagnare Non abitiamo più qui, ma non è un aspetto che infastidisce o rovina il piacere della lettura, assolutamente. Anzi, il tutto assume una sorta di continuità tale da far sembrare del tutto normale che vi siano dei buchi temporali piazzati qua e là.Parte del merito credo sia dovuto alla bellezza struggente del primo dei tre racconti, quello in cui i personaggi praticamente manca solo che prendano vita.Jack e Terry e Hank ed Edith: due coppie, quattro amici, quattro adulteri. Da un lato la noiosa e piatta vita matrimoniale, dall'altro la possibilità di tornare a vivere e non sentirsi più come degli amebi.Questo, forse, uno dei motivi principali che spinge Jack – infelice con una donna che non ama più come un tempo – ed Edith – imprigionata in un legame in cui, ormai, crede solo lei – a diventare amanti.
C'è questo pezzo in cui Jack e Terry litigano e lo fanno in maniera che definirei brutale, meschina, come fossero reali. Niente è artificioso, non lo sono i dialoghi, non lo è il motivo per cui litigano, non lo sono le loro reazioni. C'è questo pezzo, dicevo, e mentre lo leggevo, ho subito percepito una fitta al cuore: Dubus mi stava riportando al primo litigio di April e Frank in Revolutionary road (se non lo avete ancora fatto, vi prego, leggetelo, è uno dei libri più belli che io abbia mai letto). Quel litigio, nato per un motivo futile, che però diceva così tanto perché era reale.Quante volte, nella vita, abbiamo attaccato le persone che amiamo in modo misero e meschino, colpendole direttamente lì dove sappiamo che farà più male? Quante volte lo abbiamo fatto provando, alla fine, un sadico piacere? E si tratta di vigliaccheria il più delle volte, certo, ma non sempre è solo questo. Spesso è più di questo.
E Dubus aveva questa capacità di mostrarti le due facce della stessa medaglia. Certamente, all'inizio, una lettrice donna non può che pensare che Jack sia uno stronzo, che crede che sbrigare le faccende di casa e occuparsi dei figli sia una passeggiata, mentre lui sta lì a fare il romanticone per i prati con l'amante. Poi, però, succede che ti viene presentata Terry, con i suoi pregi e i suoi innumerevoli difetti, le sue debolezze, le sue inadeguatezze e tu non sai più da che parte stare.
«Terry è perennemente in balia delle presenze demoniache che animano la casa: lavastoviglie, asciugatrice, fornelli, frigorifero, piatti, vestiti e la polvere che si accumula nelle stanze. Il piano cottura deve essere pulito e, mentre Terry solleva i fornelli, la lavatrice finisce l'ultima centrifuga; allora lei abbandona il piano cottura e porta un altro carico di vestiti sporchi in lavanderia. È un carico di biancheria avvolta in un lenzuolo, che ha lasciato a terra, sul pavimento della cucina, fin da prima della colazione. Svuota la lavatrice e, tenendo stretti i panni bagnati contro il seno, apre l'asciugatrice. Ma si è dimenticata che l'asciugatrice è piena dei panni che ha messo ad asciugare la notte precedente. Così ci appoggia quelli bagnati sopra e tira fuori quelli asciutti. Li porta in soggiorno e li ammucchia in una pila disordinata sul divano. Un paio di Levi's di Sean cadono per terra e, mentre si china per raccoglierli, vede un pezzo di pane e una buccia d'arancia tra la polvere sotto il divano. Non può prendere i jeans senza sdraiarsi sul pavimento, così dice tra sé e sé, con un principio di panico, che stamattina deve proprio pulire il soggiorno: scopare, spolverare, passare l'aspirapolvere.»
E il pezzo continua, giuro, ed è un piacere per gli occhi leggerlo, ma è al contempo una coltellata al cuore. Perché te la immagini, Terry, fragile nelle sue insicurezze e pensi che non se lo merita un marito come Jack. Ma poi pensi pure che Terry, in fondo, ha già 30 anni ed è moglie e madre e che, quindi, molte delle sue incertezze avrebbe già dovuto combatterle e che Jack, siamo onesti, non se la merita una relazione infelice. Poi, per un po', ti ritrovi a odiare Edith, perché colpevole anche lei dell'adulterio di Jack. Ma quando Dubus te ne fa un ritratto e te ne spiega – più che bene – la vita e le ragioni, capisci che, in fondo, non odi realmente neanche Edith.E più andavo avanti nella lettura, più mi rendevo conto di quanto Non abitiamo più qui fosse un romanzo sulle persone, soltanto sulle persone, e che il contesto non aveva alcuna importanza: nessun luogo era stato effettivamente descritto, ma io – a pagina 65 dopo neanche un'ora dopo aver iniziato il libro – non ci avevo praticamente fatto caso.
Sono pochi i romanzi che mi avvolgono così, che mi fanno dimenticare di mangiare e di bere, che non mi fanno accorgere che una delle mie braccia è addormentata, che solo sotto costrizione si fanno poggiare sul comodino perché è l'ora di dormire.Il realismo, a volte forse un po' duro, di Non abitiamo più qui era proprio ciò di cui avevo bisogno in questo periodo.