Certo che, a mio modo di vedere, puntare tutto sul biomionchioKmzerologico, presentandolo come il vero futuro dell’agricoltura per sfamare il modo, invece di essere una ricerca di eccellenze produttive che anche se contenitori di plus minimi, per le loro rarità e gradevolezza, trovano sicuramente una fetta corposa di clientela di gastrofighetti disposta a strapagarle, presenta il rischio che nel momento in cui passerà questa moda insensata e basata sul falso, tutto si smonti, ma io penso che questo non accadrà molto presto e che come si avvertirà un minimo cambiamento di vento, il nostro salterà su di un altro cavallo. Le doti per capirlo le ha sicuramente. Nel libro in questione, in cui si parla in toni estatici di vino, emerge bene la sua impostazione di marketing: far pagare e bene a chi vuole permettersi rarità e differenze qualitative pur minime, al di là dell’ottimo, per il raggiungimento delle quali la crescita dei costi diventa esponenziale. D’altra parte ci sarà sempre chi vuole una Ferrari e può permettersela. Dalle chiacchierate coi vignaioli, anche qui una magnifica e perfetta marchetta pubblicitaria (ti verrebbe voglia di correre subito a comprarli tutti, i vini descritti, avendone i dané naturalmente), traspare bene quanto il nostro autore vuole mostrare di sé e del suo business. Quale sia davvero la sua statura di uomo e non di mercante, molto discussa da qualcuno che ha modo di averci a che fare direttamente, questo non è dato di saperlo e forse non è neppure importante.
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