La Valenti rimane invischiata in una storia che affonda le proprie radici in un passato ancora non troppo remoto, durante la seconda guerra mondiale, quando attraverso il confine italo-svizzero transitava di tutto: gioielli, opere d’arte, denaro, e anche uomini, donne e bambini. Ebrei, disposti a tutto pur di fuggire dalla furia nazi-fascista. E queste disgraziate vicende hanno molto a che fare con la sorte del misterioso K.D., morto ammazzato con un colpo di pistola alla nuca. L’indagine sul soldato tedesco si intreccia, in modo sempre più fitto, con la storia della famiglia Cappelletti-Durand, proprietaria della cascina in cui sono stati rinvenuti i resti. Le domande della Valenti cominciano a turbare i precari equilibri del microcosmo lacustre attirandole l’ostilità da parte dei suoi superiori, preoccupati di infastidire il potente senatore Cappelletti. Alla fine, l’inchiesta viene ufficialmente archiviata, ma il commissario continua a indagare, per conto proprio, per trovare il bandolo della matassa. Una carrellata di personaggi intensi, come la memorabile Madame Cappelletti, ci conduce alla scoperta di un periodo profondamente drammatico della storia della nostra Nazione. Non tutto è nero, tuttavia, in questo romanzo, equilibrato, ben scritto e costruito. Non mancano i momenti in cui il clima tensivo si stempera piacevolmente con la descrizione di panorami e scorci naturali, o con il resoconto delle vicende sentimentali di Stefania, corteggiata da un collega maturo e da un giovane ambientalista. Il commissario Valenti sfugge agli stereotipi e trae la sua forza proprio dalla normalità, dalla sua permeabilità emotiva e dal suo essere, nonostante le umane esitazioni, determinata a scoprire la verità.
Una verità molto umana e toccante, che lascia il segno nel cuore del lettore.