Recensione - Penombre di Andrea Leonelli, a cura di Cristina Biolcati

Creato il 06 gennaio 2014 da Andrea Leonelli @AndreaLeonelli

“Vorrei capire
le mie attese
le vite spese,
il tempo andato.
Vorrei capire i luoghi
in cui sono stato,
seduto o in piedi,
a sentire gli attimi
scivolarmi addosso.”
Da “Granelli di tempo”- Andrea Leonelli.

Capire. Credo sia questo il verbo, o meglio, la parola chiave attorno cui ruota tutta la poetica di Andrea Leonelli nella silloge “Penombre”. Edita da ArteMuse nell’aprile 2013, nella collana Cristalide, l’opera si compone di 58 poesie con prefazione della poetessa Elisabetta Bagli.Ho cercato di analizzare che cosa potesse racchiudersi nei versi di Leonelli, quale fosse il suo bisogno primario nel comporre poesia. Sono giunta alla conclusione che non si possa parlare di questa raccolta senza fare riferimento alla vita stessa dell’autore. Nel 2010 il poeta, di origini fiorentine, viene colpito da infarto.Un evento drammatico che cambia profondamente la sua visione della vita. Andrea allarga gli orizzonti, non dà più nulla per scontato. Impara ad apprezzare la felicità data dalle piccole cose, dal vivere quotidiano, dalla famiglia. L’interazione diventa più profonda grazie al contatto con amici reali o virtuali, incontrati in Internet nei diversi blog e social network.La poesia diventa quindi una necessità per dare sfogo a quello che egli sente e acquisisce forza espressiva. L’io reclama il suo desiderio di essere libero, attraverso la bellezza dei versi e a quella “crudezza” che lo rendono un poeta singolare e innovativo. È come se Leonelli si proponesse di percorrere una strada, quella che aveva interrotto, un cammino per cercare il proprio equilibrio interiore e, nel farlo, “gettasse” un ponte al lettore.Nasce il dualismo che pervade tutta la sua poetica: la vita è fatta di luci e di ombre che non sono realtà assolute, “dogmi” prestabiliti. Sempre si intravedono penombre, in cui i due lati della medaglia si ritrovano. Compito del poeta diventa quello di dare risalto a tutte le sfumature che diversamente si perderebbero nella prepotenza delle linee nette. Egli smette di vagare e ritrova se stesso. È una poetica ricca di simboli, quella di Leonelli, dove si intrecciano vocaboli di uso innovativo, giochi di parole e assonanze. Il tempo è sospeso, l’ambiente sfumato, nella speranza di dare un senso alla vita. Un insieme di presenza e assenza, un’attesa che viene percepita come insieme di spazi vuoti da riempire. Le “penombre” diventano i pensieri del poeta che riaffiorano nella sua mente, cose che sono state ma sono fuggite via velocemente.È un uomo che diventa cenere, quello descritto in questi versi, per poter rinascere a nuova vita. Momenti di intensa riflessione sull’esistenza e sul significato della vita, dove la poesia rimane protagonista assoluta. L’opera è dedicata alla sua compagna: “A Irma Per tutte quelle parole che non hanno un suono ma s’addensano negli sguardi”. L’utilizzo della punteggiatura a volte viene meno, perché il flusso dei pensieri sempre giunge in maniera scomposta, come un fiume in piena.Nella vita quotidiana, le parole non riescono a spiegare quello che si ha dentro, ma la poesia raccoglie i “cocci” di quel che rimane, di un poeta che si definisce “eremita impazzito”, “diario di pelle che vive” e che attende la pioggia purificatrice e portatrice di nuova linfa vitale. L’anima è chiusa in un guscio, al sicuro, ma è prigioniera e attende di aprire le ali nella morte, una liberazione necessaria. Ecco quindi termini forti, come “ossa”, “sangue”, “sanguinare”, poco utilizzati in poesia. Pensare diviene “acido sugli occhi”, per un uomo che anche nella vita ha scoperto “realtà alternative”.Si cerca di andare avanti, lasciandosi alle spalle gli errori. L’esistenza del poeta si consuma nell’attesa di un momento, che dà insieme piacere ma anche dolore. “Mi lasci sopravvivere / perché possa soffrire per te / poche gocce ogni giorno”. (“Ti ho attesa al buio”). La vita è breve, il momento passa e i sogni potrebbero finire.Dolore e sofferenza sono sempre presenti, il domani è precario. Questo “ladro di stelle” un giorno pagherà le conseguenze interiori del suo voler vivere. La vita è una tabula rasa, a volte è aliena e rimane una maschera che, in realtà, nessuno ha indossato. Lo “specchio” torna sovente e riflette immagini vuote. Un’irruenta carnalità pervade alcuni versi, dove un “noi” virtualmente reale si propone di diventare il sogno di domani.L’amore è anche fisico, inteso come desiderio di possesso, in una sorta di “gioco” di caviglie, tacchi alti e senso di vertigine. Essere un tutt’uno con l’amata, vivere in lei, dentro di lei. Desiderio di quotidianità di un uomo che diventa “belva”, mai sazio della sua donna, divorato dal desiderio di lei e della loro vita insieme.Prigioniero di un corpo che è esigente e traditore, succube di necessità che a volte non si riescono a soddisfare. Una donna nei cui occhi e nelle cui braccia c’è casa, quel “battito familiare” tanto agognato. Nel nulla tutto può essere, nel tutto nulla accade. Ed è questa la silloge di un uomo che ha strenuamente lottato per poter tornare alla sua quotidianità. Quando un pensiero può diventare tarlo che consuma, c’è il contatto umano a riempire lontananze.

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