Recensione: Piccola Dea, di Rufi Thorpe

Creato il 25 maggio 2015 da Mik_94
La vita era venuta a cercarmi, e anche mentre parlavamo, anche mentre facevamo giochi di parole e ci scambiavamo battute nella nostra lingua umana, formando strati e strati di simboli, la vita stava dirigendo la diramata rete di vene nel mio ventre e forgiando dal nulla una creatura. Titolo: Piccola Dea Autrice: Rufi Thorpe Editore: Sonzogno Prezzo: € 16,50 Numero di pagine: 269 Sinossi: A dispetto dei luoghi comuni, il rapporto più intenso per le giovani donne non è quello con il primo amore. È quello con l'amica del cuore. Lorie Ann e Mia, in riva all'oceano della California, sdraiate al sole a scambiarsi segreti, mentre provano a schiarirsi i capelli con il succo di limone, di questa amicizia ne sanno qualcosa. Diversissime tra loro, eppure unite come sorelle, crescono complici e spensierate: non passa giorno senza che l'una sappia nell'intimo cosa nasconde il cuore dell'altra. Siamo nei festosi anni Ottanta, e all'inizio di questa loro storia, che durerà per altri vent'anni, Lorie Ann e Mia si fanno una confidenza che scotta e che impone una decisione complicata: hanno sedici anni e sono rimaste incinte. Mentre Mia è la bulla, scostante, con una famiglia sgangherata, Lorie Ann è la perfezione, quella che tutti invidiano: per la sua bellezza solare, il carattere aperto e generoso, la vita serena avvolta da una famiglia unita. Se la biologia c'entrasse col destino, e la scelta coraggiosa di Lorie Ann di non abortire, all'opposto dell'amica, dovesse venire premiata, avrebbe dovuto essere lei quella baciata dalla fortuna e dal successo. Invece, anno dopo anno, Lorrie Ann scivola in tutt'altra esistenza, e a Mia, pienamente realizzata, non resta che documentare, e interrogarsi sulle ragioni per cui la sorte abbia riservato alla sua "divina" amica un percorso tanto accidentato.                                           La recensione Aiutavo mia mamma a piegare le lenzuola, una delle cose che più odio fare al mondo, e poi è naturale che mi chieda ma quando non ci sono io, a casa, da chi si farà mai aiutare?, e si parlava di chi stesse leggendo cosa. Avevo finito Piccola Dea, acclamato esordio di Rufi Thorpe, e non ero soddisfatto granché. Alla domanda com'era? avevo risposto una cosa che odio, quasi quanto la storia del bucato: così così. Appena qualche giorno prima, a metà lettura, avrei avuto un tono completamente diverso: non avrei potuto che parlare bene di quella scrittura matura, originale; dei sogni segreti di due protagoniste inquadrate tra gli anni che scorrono veloci; di un'opera prima che - per stile, contenuto, ironia sferzante  - non sembra tale. Un lenzuolo, poi eccone un altro, e io che parlavo e parlavo. Come quando un libro non mi piace, almeno non del tutto, e voglio capire perché. La mia ascoltatrice non mostrava segni di noia, e io giù di chiacchiere, ipotesi, metafore: le corde del balcone pesanti di felpe, camicie, pigiami perché ci preparavamo a chiudere tutto in uno scatolone per il cambio di stagione. E, come raccontavo, questo libro sembrava in linea con l'estate che arriverà. Luminoso, colorato, abbronzatissimo. A bordo piscina. La storia di Mia e Lorie Ann parte così, con i turisti e le creme solari, e prende le mosse da lontano, con gli iconici anni '80, i sedici anni, le scelte. Crescono come gemelle siamesi, le due, in quei quartieri pacchiani di gente arricchita che, con un tremolio di Wall Street, si impoverisce di nuovo, ma rimane sempre ancorata alla sua bella casa. Si completano: Lorie Ann bellissima, saggia, buona, figlia perfetta nella famiglia perfetta; Mia, la narratrice, arrivista e egocentrica, con la sua incasinatissima famiglia allargata e un cuoricino nero che la rende indifferente davanti alla prospettiva dell'innamoramento, ma non alle lusinghe dell'altre sesso. Ci rimane secca la prima volta: un lui impacciato coi profilattici, un amplesso di due secondi, la decisione alla leggera dell'aborto, perché 16 anni incinta non era ancora in onda e i bebé e le lettere morte, sua grande e inconsueta passione, non erano conciliabili. A Lorie Ann succede lo stesso qualche tempo dopo, ma lei al contrario crede di amare il suo lui impacciato coi profilattici, sceglie un matrimonio riparatore e non mette un freno brusco alla vita che le cresce dentro. Ma metterà un freno alla sua, di vita: un neonato problematico, affetto da gravi handicap, e la vedovanza all'improvviso - in una girandola di tragedie e malintesi - la costringeranno a dare una nuova priorità ai suoi sogni gloriosi. Rufi Thorpe, attraverso un tono cinico, civettuolo e pungente, senza dolcezze e senza retorica, ci parla di due amiche che ogni tanto si separano e ogni tanto si ritrovano.  I telefoni squillano, anche dall'altra parte del mondo. Quando Mia si trova a lavorare nella fascinosa Istanbul e a custodire un test di gravidanza nel cassetto. Quando Lorie Ann, fragile e ingenua, con il destino infelice di chi è troppo buono, imboccherà la strada dell'eroina. Quando, in nome di un'amicizia non sempre disinteressata, ci si incontra a metà strada. Piccola Dea mi è piaciuto molto fino a quando era quello che la copertina prometteva: una spassosa adolescenza al sole. A un certo punto, ma non ricordo il momento esatto, ho iniziato a sviluppare una leggera intolleranza. Ci sono i romanzi che raccontano un'esistenza, questo finisce per diventare uno di quelli e la Thorpe mette per iscritto le contraddizioni di due vite vere e, purtroppo, i troppi lutti, il troppo disincanto, le troppe disdette diventano troppo. Per me, almeno, che sono un fan convinto del less is more. Da poco - un poco relativo, che coincide con la fine di tutti quei "prendi, piega e occhio alle grinze" - ho capito che, per una volta, il problema non è il romanzo, e non era nemmeno il suo essere pieno fino all'orlo di temi scottanti e avventure esotiche, bensì io. C'è che io sono maschio e Piccola Dea è un romanzo di donne, soprattutto per le donne.  Attenzione, ché mi spiego meglio. C'è questa idea, un pregiudizio bello e buono, che i romanzi d'amore siano pensati per il solo pubblico femminile. La Thorpe non fa parte di quel genere lì, non è cosa da ragazzine. E' cosa di mogli e di madri, neanche di figlie: lettrici mature, che sanno già un po' di tutto questo. Quello che le donne pensano e non dicono. Piccola Dea è un romanzo che richiede esperienza e doppio cromosoma X: vissuto, profondo, a modo suo anche criptico. Gli abissi del mondo femminile e dei suoi tabù scandagliati in maniera che esula qualsiasi logica scontata, moralistica e benpensante. Si parla di un aborto che a volte è giusto e basta, dell'accanimento terapeutico, di brave donne che sono messe al mondo per essere madri cattive. Di un istinto materno che non è vero sia innato, come invece dicono. Argomenti universali - nella coppia si è in due, tanto - ma sviscerati da chi detiene le chiavi di tutte le ragioni: i padri sentono di avere poca voce in capitolo, avendo fatto il minimo sforzo. E le motivazioni delle misteriose creature della Thorpe sono estreme, coraggiose, giuste. Ma io, che sono empatico e comprendo, talora ho avuto difficoltà ad accettarle: noi uomini siamo per le risoluzioni semplici, per i poi si vede. Lorie Ann e Mia invece mettono al vaglio tutto, sezionano l'amore e quello che viene dopo, pensano cose che non ho mai pensato. Inconciliabili, naturalmente diversi, ma ci si prova... E il fatto che me l'abbia suggerito una ragazza - la carissima Valentina dell'ufficio stampa, che ringrazio e saluto - mi fa sentire un privilegiato. Le donne leggono notoriamente di più e le donne, dunque, leggono il mio blog più degli uomini: a voi Piccola Dea proprio non posso sconsigliarlo, capito? Le tre stelle per un testo oggettivamente pregevole, piacevole da leggere, ma che alla fine dei conti non era cosa mia, a causa di una barriera invisibile che non percepisci ma c'è. Un passo di troppo e ci sbatti il naso contro. Il mio voto: ★★ Il mio consiglio musicale: Cyndi Lauper – Girls Just Wanna Have Fun (George Ezra)

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