Nessuno darebbe credito alle visioni catastrofiche di una sedicenne; molto più facile ricorrere all’etichetta del disturbo psichico e tentare di lavarle via con un cocktail di psicofarmaci. Per Evie non ci sono eccezioni. Quando comincia a udire strane voci e a riempire il suo album da disegno di immagini che raccontano la fine del mondo, sua madre non esita a regalarle una vacanza presso l’USI (una clinica psichiatrica per ragazzi); d’altra parte esiste già un precedente in famiglia per cui è plausibile pensare a una tara ereditaria. Nonostante tutto le voci non si zittiscono e le allucinazioni si intensificano fino a che non accade l’impensabile: l’apocalisse prevista da Evie arriva davvero. Un giorno, all’improvviso, dei lampi squarciano il cielo e il mondo va in cenere. Dopotutto non era pazza… peccato non sia rimasto quasi nessuno a cui poterlo raccontare… La ragazza si ritrova sola in uno scenario terrificante e nuovo. A farle compagnia solo il dolore per la perdita di tutti i suoi cari e le bizzarre figure che popolano i suoi incubi, inquietanti personaggi che sembrano saltati fuori da un mazzo di Tarocchi, che la chiamano Imperatricee che adesso reclamano la sua attenzione con sempre più insistenza. Stando a quel che dicono avrebbe una missione da compiere. Evie stenta a crederci ma quando scopre di avere acquisito degli strani poteri non può sottrarsi all’urgenza di dare un senso a quanto sta accadendo. A questo punto non le rimane che un’unica strada da percorrere: andare a cercare la nonna che sua madre ha allontanato quando lei era ancora bambina, quella nonna un po’ tocca che secondo i medici dell’USI le avrebbe trasmesso il gene della follia. Se fosse sopravvissuta, forse, potrebbe aiutarla a capire giacché è una cartomante e anche lei, a suo tempo, vaneggiava della fine del mondo. Allo scopo Evie dovrà partire dal Maine per raggiungere il North Carolina. Ciò significherà avventurarsi in un territorio straziato dalla siccità e battuto da violente tempeste di cenere, in cui i pochi superstiti si sono trasformati in pericolosi predatori, pronti a cibarsi anche dei loro stessi simili pur di garantirsi la sopravvivenza. Tuttavia non rimarrà sola ad affrontare il viaggio perché ben presto incontrerà altre persone disposte a seguirla. Il primo a unirsi alla compagnia sarà Jack Deveaux un ragazzo cajun che si era iscritto alla stessa scuola di Evie poco prima dell’avvento dei Lampi − probabilmente l’ultima persona che lei avrebbe voluto ritrovarsi accanto vista l’antipatia che sin dal primo momento ha nutrito nei suoi confronti. Successivamente si accoderanno alcuni degli Arcani che finalmente abbandoneranno la dimensione onirica per palesarsi in carne e ossa. Questo non è che l’inizio di una storia lunga e avventurosa in cui le sorprese si susseguono a ritmo vertiginoso. Lasciarsi prendere per mano dall’autrice e arrischiarsi oltre i Lampi è come percorrere un labirinto o, se preferite, come lanciare per aria una manciata di Tarocchi immaginando di vedere il futuro, salvo poi ritrovarsi a vorticare tra le carte riscoprendosi prigionieri del mazzo. La trama, complessa e davvero ben congegnata, sembra avere le caratteristiche di una pozione magica. Uno scenario post-apocalittico, una spolverata generosa di romance, un pizzico di horror e mistero a profusione; gli ingredienti sono comuni e rispecchiano un gusto che ultimamente fa tendenza, eppure il risultato è sorprendente come una piacevole ventata di aria fresca in una giornata afosa. Sarà perché vampiri e zombie sono rimasti in dispensa, perché le atmosfere da fine del mondo si fondono con quelle di una fiaba dark o più semplicemente perché l’idea di un mazzo di Tarocchi pulsante di vita ha in sé qualcosa di geniale… certo è che Poison Princess riesce a ritagliarsi una nicchia di originalità nell’attuale panorama YA. Il ritmo narrativo si sviluppa in crescendo. La prima parte introduce il passaggio dal “pre” al “post” Lampi e pone le basi per la nascita della relazione tra Evie e Jack che rappresenta il nucleo romantico della storia. La seconda, invece, si arricchisce di azione e di nuovi personaggi e ci riserva alcune importanti rivelazioni. Da un ritmo più lento e, in alcuni passi ripetitivo, si passa così a un ritmo decisamente più sostenuto che, dal mio punto di vista, segna un punto di svolta perché è a partire da qui che le potenzialità del romanzo cominciano realmente a essere sviluppate. Pur avendo apprezzato l’opera nel complesso, penso infatti che proprio la componente romance rappresenti il suo maggiore punto debole, di tutte le carte giocate dalla Cole questa è quella più scontata e che per molti versi rinuncia all’originalità – particolare che ha finito per frenare un po’ il mio entusiasmo. La coppia formata da Evie e Jack rispecchia il solito stereotipo: carina, ricca anche se poco popolare lei, bello e dannato lui. Inizialmente lei lo odia nonostante lo consideri attraente fisicamente, però dopo una serie di schermaglie – forse un po’ fuori luogo in un contesto post-apocalittico – , si riscopre stracotta come da copione. Ma è soprattutto lui l’elemento zoppicante: fisico perfetto a cui fa da contraltare una caratteraccio irascibile e violento, fiaschetta di whiskey sempre a portata di mano e sguardo puntato sul fondoschiena delle ragazze, la verità è che, più che un bad boy, Jack è un “tamarro D.O.C.” Il fatto poi che ricorra spesso a intercalari o espressioni nella sua lingua d’origine (il cajun), che è un dialetto francese, per sua natura musicale e ricco di suoni dolci, genera uno strano contrasto, quasi una discrepanza “audio-video” che in alcuni momenti mi è parsa addirittura comica. Insomma, per quanto mi sia sforzata di comprendere l’attrazione che Evie prova per lui, non ci sono riuscita. In compenso ho adorato Mathhew che con la sua aria da cappellaio matto si è ritagliato subito un posticino nel mio cuore. Qui però entriamo nel merito dei gusti personali e le stesse ragioni che hanno reso detestabile Jack ai miei occhi potrebbero renderlo adorabile per qualcun’altra. Trattandosi del capitolo introduttivo di una serie, il finale è apertissimo e gli enigmi irrisolti tanti ma non delude; sicuramente riesce benissimo nell’intento di scatenare una grandissima curiosità per il seguito che si preannuncia particolarmente interessante. Se siete alla ricerca di una nuova saga in cui tuffarvi “The Arcana chronicles” può essere la scelta giusta, non perfetta, ma frizzante e originale quanto basta affinché la possiate amare.
Nessuno darebbe credito alle visioni catastrofiche di una sedicenne; molto più facile ricorrere all’etichetta del disturbo psichico e tentare di lavarle via con un cocktail di psicofarmaci. Per Evie non ci sono eccezioni. Quando comincia a udire strane voci e a riempire il suo album da disegno di immagini che raccontano la fine del mondo, sua madre non esita a regalarle una vacanza presso l’USI (una clinica psichiatrica per ragazzi); d’altra parte esiste già un precedente in famiglia per cui è plausibile pensare a una tara ereditaria. Nonostante tutto le voci non si zittiscono e le allucinazioni si intensificano fino a che non accade l’impensabile: l’apocalisse prevista da Evie arriva davvero. Un giorno, all’improvviso, dei lampi squarciano il cielo e il mondo va in cenere. Dopotutto non era pazza… peccato non sia rimasto quasi nessuno a cui poterlo raccontare… La ragazza si ritrova sola in uno scenario terrificante e nuovo. A farle compagnia solo il dolore per la perdita di tutti i suoi cari e le bizzarre figure che popolano i suoi incubi, inquietanti personaggi che sembrano saltati fuori da un mazzo di Tarocchi, che la chiamano Imperatricee che adesso reclamano la sua attenzione con sempre più insistenza. Stando a quel che dicono avrebbe una missione da compiere. Evie stenta a crederci ma quando scopre di avere acquisito degli strani poteri non può sottrarsi all’urgenza di dare un senso a quanto sta accadendo. A questo punto non le rimane che un’unica strada da percorrere: andare a cercare la nonna che sua madre ha allontanato quando lei era ancora bambina, quella nonna un po’ tocca che secondo i medici dell’USI le avrebbe trasmesso il gene della follia. Se fosse sopravvissuta, forse, potrebbe aiutarla a capire giacché è una cartomante e anche lei, a suo tempo, vaneggiava della fine del mondo. Allo scopo Evie dovrà partire dal Maine per raggiungere il North Carolina. Ciò significherà avventurarsi in un territorio straziato dalla siccità e battuto da violente tempeste di cenere, in cui i pochi superstiti si sono trasformati in pericolosi predatori, pronti a cibarsi anche dei loro stessi simili pur di garantirsi la sopravvivenza. Tuttavia non rimarrà sola ad affrontare il viaggio perché ben presto incontrerà altre persone disposte a seguirla. Il primo a unirsi alla compagnia sarà Jack Deveaux un ragazzo cajun che si era iscritto alla stessa scuola di Evie poco prima dell’avvento dei Lampi − probabilmente l’ultima persona che lei avrebbe voluto ritrovarsi accanto vista l’antipatia che sin dal primo momento ha nutrito nei suoi confronti. Successivamente si accoderanno alcuni degli Arcani che finalmente abbandoneranno la dimensione onirica per palesarsi in carne e ossa. Questo non è che l’inizio di una storia lunga e avventurosa in cui le sorprese si susseguono a ritmo vertiginoso. Lasciarsi prendere per mano dall’autrice e arrischiarsi oltre i Lampi è come percorrere un labirinto o, se preferite, come lanciare per aria una manciata di Tarocchi immaginando di vedere il futuro, salvo poi ritrovarsi a vorticare tra le carte riscoprendosi prigionieri del mazzo. La trama, complessa e davvero ben congegnata, sembra avere le caratteristiche di una pozione magica. Uno scenario post-apocalittico, una spolverata generosa di romance, un pizzico di horror e mistero a profusione; gli ingredienti sono comuni e rispecchiano un gusto che ultimamente fa tendenza, eppure il risultato è sorprendente come una piacevole ventata di aria fresca in una giornata afosa. Sarà perché vampiri e zombie sono rimasti in dispensa, perché le atmosfere da fine del mondo si fondono con quelle di una fiaba dark o più semplicemente perché l’idea di un mazzo di Tarocchi pulsante di vita ha in sé qualcosa di geniale… certo è che Poison Princess riesce a ritagliarsi una nicchia di originalità nell’attuale panorama YA. Il ritmo narrativo si sviluppa in crescendo. La prima parte introduce il passaggio dal “pre” al “post” Lampi e pone le basi per la nascita della relazione tra Evie e Jack che rappresenta il nucleo romantico della storia. La seconda, invece, si arricchisce di azione e di nuovi personaggi e ci riserva alcune importanti rivelazioni. Da un ritmo più lento e, in alcuni passi ripetitivo, si passa così a un ritmo decisamente più sostenuto che, dal mio punto di vista, segna un punto di svolta perché è a partire da qui che le potenzialità del romanzo cominciano realmente a essere sviluppate. Pur avendo apprezzato l’opera nel complesso, penso infatti che proprio la componente romance rappresenti il suo maggiore punto debole, di tutte le carte giocate dalla Cole questa è quella più scontata e che per molti versi rinuncia all’originalità – particolare che ha finito per frenare un po’ il mio entusiasmo. La coppia formata da Evie e Jack rispecchia il solito stereotipo: carina, ricca anche se poco popolare lei, bello e dannato lui. Inizialmente lei lo odia nonostante lo consideri attraente fisicamente, però dopo una serie di schermaglie – forse un po’ fuori luogo in un contesto post-apocalittico – , si riscopre stracotta come da copione. Ma è soprattutto lui l’elemento zoppicante: fisico perfetto a cui fa da contraltare una caratteraccio irascibile e violento, fiaschetta di whiskey sempre a portata di mano e sguardo puntato sul fondoschiena delle ragazze, la verità è che, più che un bad boy, Jack è un “tamarro D.O.C.” Il fatto poi che ricorra spesso a intercalari o espressioni nella sua lingua d’origine (il cajun), che è un dialetto francese, per sua natura musicale e ricco di suoni dolci, genera uno strano contrasto, quasi una discrepanza “audio-video” che in alcuni momenti mi è parsa addirittura comica. Insomma, per quanto mi sia sforzata di comprendere l’attrazione che Evie prova per lui, non ci sono riuscita. In compenso ho adorato Mathhew che con la sua aria da cappellaio matto si è ritagliato subito un posticino nel mio cuore. Qui però entriamo nel merito dei gusti personali e le stesse ragioni che hanno reso detestabile Jack ai miei occhi potrebbero renderlo adorabile per qualcun’altra. Trattandosi del capitolo introduttivo di una serie, il finale è apertissimo e gli enigmi irrisolti tanti ma non delude; sicuramente riesce benissimo nell’intento di scatenare una grandissima curiosità per il seguito che si preannuncia particolarmente interessante. Se siete alla ricerca di una nuova saga in cui tuffarvi “The Arcana chronicles” può essere la scelta giusta, non perfetta, ma frizzante e originale quanto basta affinché la possiate amare.
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