Recensione: Portami con te di Erica Surace

Creato il 03 aprile 2015 da Coilibriinparadiso @daliciampa

Dopo tanto sono riuscita a pubblicare questa recensione! Se qualcuno ha letto il libro e ha voglia di commentare, mi farebbe molto felice un confronto, perché sono abbastanza confusa! :D Buona lettura!

  • Titolo: Portami con te

  • Autore: Erica Surace

  • Data pubblicazione: Dicembre 2014
  • Pagine: 75
  • Genere: Autobiografico
  • Trama: “Portami con te” non è solo la storia di Erica, ventiduenne con la testa tra le nuvole, ma di tutti i giovani che si mettono in viaggio senza sapere bene cosa stanno cercando. “Portami con te” è il romanzo generazionale che parla proprio di noi, dei ventenni che si aspettano dalla vita di tutto e di più, di quelli che trascorrono il quarto anno all’estero o che vanno in erasmus, di quelli che partono senza sapere bene cosa aspettarsi, di quelli che decidono di non tornare.

Opinione personale:

Quando ho aperto per la prima volta Portami con te, cercavo intensità e freschezza: freschezza di una ragazza di ventidue anni, intensità dei tanti sentimenti che mi sembrava di aver notato tra le righe della trama. 
La Erica del primo capitolo ha soli diciotto anni e, con il suo primo viaggio, capisce già che restare a Milano non è la sua vita. Ma non lo è neanche trasferirsi da qualche altra parte. Lei vuole solo spostarsi da un luogo ad un altro, vivere esperienze, affezionarsi e poi soffrire nel dire addio. Sì, sembra quasi che lei voglia dire addio, ogni singola volta. È un’anima inquieta, incapace di identificarsi nella sua Milano: dopo che sarà tornata la prima volta capirà, in realtà, di non poter tornare mai più, di non riuscirci. So che è un paragone un po’ azzardato, ma a scuola ho appena studiato Alfieri, e l’ho pensato, con la sua inquietudine, per tutto il libro. Irlanda, Stati Uniti, Porto, Londra, Amsterdam… ogni città suscita immagini, flash. Ha la necessità fisica di viaggiare.

Siamo la generazione di quelli che il problema non è il limite dei 23 kg del bagaglio in stiva, ma del peso dei ricordi che dovremmo sopportare una volta tornati a casa.

La premessa diceva che quella che stavo per leggere non sarebbe stata una storia d’amore e inizialmente ne sono stata quasi felice: non era quello che cercavo. Ma per strappare subito il cerotto: sono rimasta delusa. Alla fine, che storia ho letto? O meglio, ho letto una storia? Sembrava piuttosto un flusso di pensieri continuo della protagonista. Avete presente quelle riflessioni che nei libri fanno capire meglio i punti di vista, oppure che contengono le frasi evidenziate, quelle poetiche? Ecco, Portami con te è un po’ tutto così: bellissime parole, ma che dopo un po’ annoiano. Lo stile di Erica Surace è fatto da flash, appunto, spezzoni di pensieri che raccontano città con tanta retorica e pochi contenuti. Uno spezzone di dolore, senza spiegazioni, uno di solitudine, uno di allegria. È una scrittura molto, molto visiva.
Molte volte ho avuto l’impressione di leggere quei lunghi post su facebook, quelli che dovrebbero essere commoventi, e che condividi solo quando sei un po’ giù di morale. Oppure le parole delle pubblicità. Ma il loro scopo è essere dei post e delle pubblicità. Non dei libri.
Ho avuto la sensazione di essere travolta da troppe emozioni, troppe cose. Ho avuto la sensazione di non riuscire ad afferrare tutto, o di trovarmi davanti a pensieri volatili, che sarebbero rimasti nella mia testa solo il tempo necessario a finire la pagina.
Quello che mancava era una solida trama di base. Dei personaggi, che sono qui solo nomi in rapida successione. Anche un amore epico, perché no. So che non era una storia d’amore, ma un ragazzo per ogni città non è il massimo. Non in questo modo almeno. E poi un certo Andrea lo ha nominato più e più volte, ma senza far capire molto. (A dir la verità mi sto interrogando da giorni chiedendomi se forse non ho capito io!)

Insieme, per la prima volta, a guardare il mondo con quattro occhi, come fossero due.

Il modo di scrivere gliel’ho invidiato! Quella capacità di giocare con i termini più ricercati e intrecciarli tra loro. Ma lo ha strutturato troppo come se fosse il suo diario personale: del tipo “Scrivo perché sono triste, cosa provo, ma non cosa è successo. Tanto lo devo leggere solo io, lo so cos’è successo!”. Ecco in quel caso lo stile usato sarebbe stato perfetto. Anche perché passa dal presente al passato come se non ci fosse un domani.
Non riesco a recensire con facilità questo libro, perché so che esso è il racconto della vera vita dell’autrice, e giudicandolo mi sembra quasi di giudicare la sua vita, e una vita non si può recensire. Ma una cosa la vorrei dire: forse questo mio malessere nei confronti del libro è dovuto anche al fatto che non mi ritrovo con la mentalità della Surace, non del tutto almeno. Io non viaggerei mai per fuggire. Io amo viaggiare, anche se non ne ho una tale possibilità, ma non per questo, non per nascondermi dai problemi. C’è anche passione e sentimento per il viaggio in sé, ma quell’alone di fuga disperata non va mai via. Viaggiare per me è esplorazione, allargare gli orizzonti, sì, anche farsi stare stretta la propria città ma non è “Siamo frutto di mancanze che tolgono il respiro e ci tengono inchiodati ad un letto a fissare il soffitto e poi ci obbligano a partire per dimenticare, per non ricordare.” No, proprio no.
Non mi dilungo tanto su questo, come ho detto non mi sento a mio agio nel farlo. In tutta sincerità, non ve lo consiglio, se non fosse per quella magia nelle parole che ti fa girare la testa, quella capacità, che davvero hanno pochi autori, di accarezzarvi con le parole. Ecco, dai, forse sì, leggetelo per questo. Tanto si fa in fretta.

Che poi chissà per quale strana ragione si dice innamorarsi, come se succedesse e basta, come se fosse un’azione come un’altra. In inglese, come in francese, si usa il verbo “cadere” e penso che poi innamorarsi non dia poi tanto diverso dall’inciampare, dal capitombolare, dal ruzzolare. Non si riesce ad evitare, si verifica e basta: siamo sulla nostra strada e improvvisamente qualcuno ci prende per mano e ci porta su un’altra strada, che di nostro ha poco, che ha bisogno di essere costruita in due. Quindi camminiamo insieme, fianco a fianco, per un lasso di tempo ignorabile, mentre ci guardiamo intorno e ad un certo punto il paesaggio conta sempre meno e io guardo solo te. E così, nel giro di non troppo tempo, sei diventato la mia persona preferita.

Il mio voto:

L’autrice:
Erica Surace: Ha 22 anni e vive a Milano. Portami con te (2014) è il suo primo libro.

Ne approfitto per augurarvi una buona Pasqua e delle felici vacanze! Auguri a tutti <3"><3"><3


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