Recensione: Promettimi che ci sarai, di Carol Rifka Brunt

Creato il 13 maggio 2014 da Mik_94
Io voglio immaginare il tempo con le sue pieghe, e boschi pieni di lupi, e lande desolate a mezzanotte. Sogno persone che non hanno bisogno di fare sesso per sapere di amarsi. Sogno persone che non vanno oltre un bacio sulla guancia.
Titolo: Promettimi che ci sarai Autrice: Carol Rifka Brunt Editore: Piemmme Numero di pagine: 418 Prezzo: € 17,90 Sinossi: Quando hai quattordici anni, il tuo cuore è un luogo oscuro, un labirinto di sentimenti che non sai decifrare. Timida, goffa e sognatrice, June è a disagio tra i coetanei. Preferisce rifugiarsi nel bosco dietro la scuola, con ampie gonne e strambi stivali, fingendo di essere stata catapultata a New York dal Medioevo, l'epoca in cui sarebbe potuta diventare un falconiere. Sarebbe bello riuscire a richiamare a sé, proprio come creature alate, le persone che non ci sono più. Come lo zio Finn: grande pittore e migliore amico di June, l'unico in grado di capirla, strappato troppo presto alla vita da una malattia di cui in famiglia è proibito parlare. Un giorno, June riceve un pacco misterioso. All'interno c'è la teiera preferita di Finn, accompagnata da una lettera firmata da un certo Toby: l'uomo che nessuno, al funerale dello zio, ha osato avvicinare. E che ora chiede proprio a lei di incontrarlo in segreto. June dovrà fare i conti con la paura e la gelosia prima di accettare il fatto di non essere stata l'unica persona speciale nella vita dello zio. E prima di aprirsi a un'amicizia che potrebbe aiutare sia lei che Toby a colmare quel grande vuoto. Dopotutto, era quello che avrebbe voluto Finn: fare incontrare le persone che più aveva amato, unirle come in un'unica cornice affinché si prendessero cura l'una dell'altra. Ecco il suo ultimo desiderio, ecco il suo più grande capolavoro.                                                  La recensione Sapevo tutto sulle piccole cose. Sulla proporzione. So tutto dell'amore che è troppo grande per stare in un piccolo secchio. Che schizza dappertutto nel più imbarazzante dei modi. Ho puntato questo libro appena è arrivato da noi. Era gennaio, e ricordo che faceva freddo. L'inverno si era concentrato tutto in quei trentuno giorni dell'anno nuovo. Non è passato molto prima che prendesse posto sul mio scaffale. Celeste, voluminoso, nuovo, era lì, a portata d'occhio. C'era un non so cosa a trattenermi. Scuse su scuse. La sessione d'esami prima, altri libri poi: l'ordine naturale delle cose, nella vita di un blogger. L'ho portato insieme a me, in valigia, in un weekend lontano da casa. Speravo che sapesse farmi compagnia, anche se il caldo era scoppiato e la sua stagione – quella rigida, piovosa, pungente – era passata da un po'. C'è stata tanta cura nel portarlo nelle nostre libreria. Un nuovo titolo, una frase di lancio, una nuova cover. Una copertina dai toni pastello diversa da quella a stelle e strisce, ma dettagliata, originale, bellissima. Ombre cinesi, alberi che compongono un disegno, un ricamo. I rami, le fronde, i tronchi sono il corpo di un lupo che ulula al cielo azzurro del primo mattino. A una luna che si è spostata dalla mezzanotte, all'ora della prima colazione. E io? Io vorrei parlarvi di Promettimi che ci sarai con la stessa cura, con la stessa tangibile passione. Sfortunatamente, non posso. Non completamente, almeno. Il decollo della storia è stato più lungo e tortuoso del previsto. Rimandato di qualcosa come centocinquanta, duecento pagine per il cattivo tempo. O un funerale. Ho trovato lento lo svelarsi di ciò che veniva raccontato nella quarta di copertina, e mi sono stancato prima di arrivare al più bello. Al meglio. L'autrice sembrava attardarsi nell'introdurci i suoi personaggi e una vicenda familiare riassumibile in poco tempo. La mia attenzione si disperdeva. Non a caso, cosa che non faccio mai, l'ho alternato con altri due romanzi brevi: che era un esordio promettente lo riconoscevo e non volevo, francamente, trascinarmelo a peso morto. Non se lo meritava. Ho concluso prima quelli della Gamberale, poi, sul comodino, mi è rimasto questo e basta. Ero prevenuto, ero alquanto stufo. Centellinavo le pagine con falsa scrupolosità, perdevo i personaggi e li ritrovavo sempre allo stesso punto. Una mattina è semplicemente accaduto. La luce dell'abat jour mi ha svelato l'anima di Carol Rifka Brunt, nella pace di un giorno festivo. Ho letto questo passo e l'ho amato, con occhi nuovi: Se trovavi una persona così, non è che dovevi per forza farci sesso. Potevi semplicemente tenertela, no? Sedertici vicino, stringerti al suo corpo fino a sentire il movimento della sua macchina interna. Potevi premere l’orecchio contro la schiena di quella persona e ascoltarne il ritmo, sapendo che eravate fatti entrambi allo stesso modo. Potevi fare cose del genere. A volte, se si sta proprio vicino a qualcuno, non si capisce nemmeno di chi è lo stomaco che brontola. Ci si guarda, tutti e due, si chiede scusa e si dice Era il mio e poi si scoppia a ridere. Non hai bisogno di fare sesso per queste cose, perché il tuo corpo si dimentica di dirti se ha fame. Perché scambi la fame dell’altro per la tua. Parole di June, quattordici anni. Non si rivolge a nessuno di preciso, lei. Non ha un pubblico. Parla tra sé e sé, per sé stessa. Per l'importanza di custodire certi ricordi, di porsi certi dubbi, di amare a voce altra certe persone. La comunicazione, nella prima parte, mi è risultata leggermente ristretta. Promettimi che ci sarai, visto al cinema, emozionerebbe forse di più. La verità è che quell'adolescente saggia ti mette il cuore in mano e tu sei in imbarazzo. Non sai come prenderlo, hai paura di schiacciarlo, temi ti scivoli via dalle mani. Strizzi gli occhi e lo tieni lontano da te. Come si fa con le cose disgustose, scivolose, o solo fragili. Scopri che lei sa che, nella società, esistono tanti tipi d'amore. L'amore verso un pesce rosso, quello verso un parente, quello verso un'anima che consideriamo nostra gemella. Non sa, però, cosa fare se i tipi d'amore si invertono. E se ci troviamo ad amare un nostro familiare fedelmente, ciecamente, ma senza la malizia degli adulti. Con lo stomaco e tutto il resto. Lei vive per le passeggiate nel bosco, le gonne lunghe e i maglioni sformati, gli stivali di cuoio e suo zio Finn. Lui è gay, lo sa da quand'è piccola. Non è mica un problema. Non ama le donne, si ripete, e amerà lei, solo e soltanto. Sarà quella quattordicenne un po' matta la sua donna per la vita. L'unica. Una vita che s'interrompe bruscamente. I fili tenuti tesi dalle Parche rosicchiati dai mostri dell'Aids; quei mostri che si sono attaccati come pesci carnivori a un amo umano. Erano gli anni '80. Si moriva, tra le altre cose, anche d'amore. La narrazione ha inizio nel bel mezzo del periodo delle tasse. Vale a dire che i genitori di June sono sempre fuori per lavoro. Vale a dire che lei e sua sorella, Greta, campano di surgelati, cibo da asporto, bibite frizzanti. Un tempo si fingevano orfane, si divertivano. Un tempo... Ora qualcosa è cambiato. E' cambiato tutto. Greta è diventata cattiva e dispettosa e lo zio Finn è morto. Lui dipingeva e, nel cavò sotterraneo di una banca, resta l'ultima quadro che ha realizzato. Il ritratto delle due sorelle, ferme all'inverno del 1986, con lo sguardo fisso e la sagama di un lupo invisibile tra di loro.  L'enigmatico titolo dell'opera: Dite ai lupi che sono a casa. I segreti nascosti nell'ultimo capolavoro del compianto artista costituiscono, in realtà, la sottotrama dell'esordio della Brunt. Una parentesi separata, con un certo spazio e e una certa importanza, ma che non riuscivo a trovare interessante. Non mi importava dell'interesse dei giornalisti verso quell'ultimo ritratto, non mi convincevano le scene che come protagonista a sorpresa avevano il mondo dell'arte. Il romanzo vince nel momento in cui da Tell the Wolves I'm Home si accontenta di diventare il più scontato Promettimi che ci sarai. Allora è arrivata la commozione. Nella rievocazione spontanea del sentimento profondissimo che legava June a Finn. Nella promessa solenne fatta a un angelo volato in cielo da una bambina rimasta sulla terra. Sulla terra, sotto un cumulo di foglie secche, nel bosco, lei deve ricordare di non essere sola. I lupi vivono in branco e c'è un lupo con la scabbia che ha bisogno di lei, mentre tutti lo schivano o lo prendono a sassate. Il colpevole, l'assassino, l'uomo a cui nessuno rivolge la parola al funerale dello zio. Il compagno di Finn: Toby. Ha l'accento inglese, il corpo come un giunco, la voce di chi fuma quaranta sigarette al giorno ma che sa dare nuovo smalto ai ricordi. Quel Toby che ride come se avesse ingoiato il sole e con cui June ha sempre avuto, incosapevolmente, un rapporto fantasma. Toby e Finn erano la vergogna della loro famiglia, lo scandalo del loro quartiere: persone che si nascondevano nel rifugio segreto in cantina, pur di non farsi vedere insieme da occhi indiscreti. Carol Rifka Brunt ha un nome difficile e una prosa convincente. Semplice, immediata, intrisa di tenerezza e crudeltà. Ha lavorato tanto d'introspezione, fino a rendere il suo scritto il diario segreto di una quattordicenne. Credibilissimo. Ho creduto a quello che la narratrice mi confidava, e ho credo al fatto che lei avesse quattordici anni sul serio. Tanta onestà, in un adulto, non penso l'avrei trovata. June ha altruismo e personalità. Fuma e tossisce. E' convinta di tornare indietro nel tempo, saltando con la corda al contrario, il più velocemente possibile. Infonde calore, infonde fiducia e, schiva e di poche parole, dà spazio agli altri: un padre pacato, una madre con sogni repressi, un compagno di scuola carino, una sorella da stritolare. Con brutalità, ma con tutta la brutalità con cui si possa dare un abbraccio. Quello di Greta è un personaggio detestabile, ma che arrivi a comprendere. Sente il peso di essere la figlia perfetta; sente di dover andare presto all'università, e coltiva il rimpianto taciuto di non aver passato abbastanza tempo con le persone “per cui valeva la pena”. Se non nell'imperdibile Luna, non credo di aver mai conosciuto due sorelle altrettanto umane. Le pagine si facevano di meno, gli sproloqui sul quadro diminuivano e gli occhi si appannavano di autentica emozione. Quel Finn si scopre il primo, grande amore di June e Toby: vedovi di cui nessuno è disposto a riconoscere il dolore. Con la voce di June a guidarti, ti stupisci della sua innocenza. Ti ci soffermi, perché quando racconta il primo incontro dei suoi due zii maschi pensa che quella sia la vera faccia dell'amore. Perché questo mondo dovrebbe essere governato da un bambino. Promettimi che ci sarai è un libro che implode. Non esplode. E' una supernova. La detonazione è interna. Non manifesta. Ma, forse per quello, più fragorosa. Il mio voto:★★★½ Il mio consiglio musicale: Rent – Seasons of Love 



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