L'autrice:
La recensione di Miriam:
L’infanzia è tempo di dolci ricordi. Per Sara è sinonimo di giochi in cortile, lunghe trecce e calzoncini corti; ha l’odore di fumetti sfogliati in compagnia al riparo della tana, reca le ombre di corse a perdifiato per sfuggire alle angherie di Marco “Culogrosso” ma anche il calore dello sguardo del suo migliore amico, il suo supereroe. Più grande di lei di tre anni, Paolo l’ha sempre protetta come fosse una sorella minore. Inseparabili sin dal primo incontro, sono cresciuti insieme condividendo tutto eccetto due segreti inconfessabili.
Sara non ha mai avuto il coraggio di confessare a Paolo che, con il passare degli anni, il suo sentimento di amicizia si stava trasformando in qualcosa di diverso mentre lui ha taciuto di essere schiavo di un incubo.
Dacché ha memoria, mostri orribili si annidano nel suo armadio, escono a torturarlo ogni notte; per combatterli Paolo deve impugnare una matita e intrappolarli su fogli da disegno. Una scatola piena di immagini terrificanti è tutto quanto possiede a testimonianza della sua battaglia, troppo poco perché qualcuno possa credergli, persino se quel qualcuno è la sua Saretta.
Si perderanno così i due amici all’apparenza indivisibili, l’uno ignaro delle tempesta che si agita nel cuore dell’altra e viceversa. Paolo morirà poco più che ventenne volando giù dalla finestra e Sara rimarrà impotente davanti a una bara chiusa, la sua dichiarazione d’amore incollata in punta di lingua.
Ma, a volte, la fine è solo l’inizio di qualcos’altro. Lo comprenderà molti anni dopo Sara, quando, un giorno come tanti, prenderà l’ascensore per tornare a casa e si ritroverà a salire sempre più su, intrappolata in una corsa che sembra non avere fine.
Si fermerà, invece, qualche piano oltre, solo che la realtà fuori non sarà più la stessa…
Attraverso la penna di Sabrina Gregori, un gesto di routine, come entrare in un ascensore e premere un tasto, si trasforma in una scelta che può cambiare la vita. Una seconda possibilità per la protagonista, se non atta a correggere un passato che non si può cambiare, utile a trovare la forza per andare avanti e dare un senso al dolore.
Fiabesco, struggente, surreale, Qualche piano oltre segna un esordio letterario meritevole di attenzione. Atmosfere cupe, quasi da romanzo horror, si mescolano con quelle nostalgiche di un’infanzia che ci riporta all’ombra di un cortile nei lontani anni settanta. La tensione cresce di pagina in pagina perché sin da subito si percepisce l’imminenza di un pericolo o di una tragedia ma non si ha assolutamente la possibilità di presagire quel che accadrà davvero. L’autrice riesce a suscitare curiosità e a depistare il lettore, finendo per sorprenderlo sempre più man mano che l’epilogo si avvicina. La trama, pur semplice nel suo impianto, si evolve in modo imprevedibile e originale arricchendosi, strada facendo, di metafore che inducono a riflettere sui sentimenti e sul senso della vita. Crescere in fin dei conti è un po’ morire; crescere significa trovare il coraggio di affrontare le paure che popolano l’infanzia. Ed è proprio questo il percorso a cui sarà chiamata la protagonista, poiché per diventare donna dovrà fronteggiare i fantasmi del passato e metabolizzare il dolore che lo ha marchiato in modo indelebile.
Particolarmente toccante è il rapporto tra Sara e Paolo che, loro malgrado si ritrovano a essere le due metà di una storia d’amore maledetta… un amore covato nel profondo ma mai svelato, un amore agognato e mai vissuto davvero, eppure così puro e sincero da sfidare la morte.
Quasi una favola moderna, a tratti horror, a tratti romantica che rinunciando a uno scontato lieto fine, preferisce mantenerci con i piedi per terra, pur alimentando la speranza. Indietro non si torna ma, forse, a tutti è data la possibilità di spingersi qualche piano oltre il rimpianto, alla scoperta di una nuova consapevolezza che se non può restituirci ciò che è perduto, di certo, può renderci più forti.