Nel paesino di mare dove abita Violet White non succede mai niente... fino a quando River West non affitta la casetta dietro la sua e incominciano ad accadere cose inquietanti. River è soltanto un bugiardo dal sorriso irresistibile e un passato misterioso? O dietro i suoi occhi ipnotici si nasconde qualcos'altro? La nonna di Violet l'aveva sempre messa in guardia dai giochi che sa fare il diavolo, ma lei non aveva mai pensato che potesse nascondersi dietro un ragazzo dai capelli scuri che si appisola in giardino, adora il caffè e ti fa tremare di passione.
La mia recensione
Non saprei dire se è più difficile parlarvi dei libri che più o amato o di quelli che più odiato. In entrambi i casi è come se avessi una grande responsabilità di cui curarmi, come se dal mio giudizio dipendessero in qualche modo le vostre scelte di lettura ed è forte la paura di deludervi o illudervi. Ma è più forte di me: devo essere sincera, e farlo nel modo che mi è più consono. Perciò sappiate che questa sarà una recensione adorante, siete stati avvisati.Come la fiammella di una candela durante la notte più tempestosa dell'anno, "Quando il diavolo mi ha preso per mano", mi ha regalato uno spiraglio di luce in un periodo privo di perle letterarie. La prosa poetica, ricca ed evocativa di April Genevieve Tucholke, che ricorda molto i romanzi southern gothic di una volta, trascina il lettore in un mondo oscuro e barocco, fatto di ombre e mostri belli e pericolosi quanto il Diavolo.
La nostra cittadina era abbastanza piccola da non avermi mai fatto sviluppare una sana paura degli estranei. Per me erano una cosa eccitante, infiocchettati come un regalo e pieni di possibilità, ed emanavano una dolce scia di luoghi lontani. Perciò River West, un estraneo, non suscitò in me alcuna paura… solo una scarica di eccitazione, come quella che sentivo quando stava per abbattersi una grossa tempesta e l’aria crepitava di aspettative. Da "Quando il diavolo mi ha preso per mano"Sicuramente non si tratta del classico paranormal romance per giovani adulti a cui siamo abituati: ricco di metafore e figure retoriche, inquietanti, fitto di misteri e immagini agghiaccianti, il primo libro della duologia "Beetween" si è rivelato senza dubbio più singolare di quanto il pubblico si aspettasse. L'intera vicenda è infatti intrisa di una decadente bellezza mista a un crescente terrore, di un romanticismo intenso e dirompente, ma poco fisico, poco adolescenziale, poco convenzionale. Quindi più adatto a chi è avvezzo a letture, per così dire, diverse.In molti non hanno apprezzato la particolarità di questo libro, ma io, invece, me ne sono invaghita follemente. Perché non ho potuto resistere al canto sublime della prosa con cui è stato scritto e neppure al folle sentore di catastrofe imminente che mi ha attanagliata dal primo istante. Ciò che più ho amato è che la storia sembra essere stata scritta pensando a un'altra epoca, o forse un'altra dimensione. Una dimensione in cui i giovani vivono lontani dalla tecnologia e dalle passioni terrene che siamo abituati a conoscere, si lasciano guidare da istinti e desideri, da una sfrenata incoscienza e da credenze antiche che li tormentano con come racconti del terrore.
Freddie non faceva che parlare del Diavolo, quasi fosse il suo migliore amico, o un vecchio amante. Ma per quanto parlasse del Diavolo, non la vidi mai pregare.Il romanzo è narrato dal punto di vista di Violet, una diciassettenne decisamente particolare che nutre una vera e propria ossessione nei confronti della nonna Freddie, ormai morta da tempo. Da quando Violet e il gemello Luke vivono soli, dopo essere stati lasciati dai genitori che hanno deciso di vivere come artisti vagabondi, la mancanza della nonna si è fatta sempre più insistente. Continua a indossare i suoi abiti, a cercare possibili lettere nascoste, a ricordare gli aneddoti strani che le raccontava da piccola. Aneddoti che la mettevano in guardia dal fascino con cui il diavolo ti circuisce, convincendoti con la sua impossibile bellezza a seguirlo nelle fiamme della perdizione. Freddie amava Candalù, è così che chiamava la loro casa. Ma quella che un tempo era stata una villa in stile "The great Gatsby", ora non è altro che una dimora enorme e difficile da mantenere. Proprio per non perderla, Violet decide di affittarne la dependance. Non immagina che chi busserà alla sua porta non è un attempato turista benestante, bensì un irresistibile ragazzo dai mille misteri, dal sorriso storto e i modi gentili. Un ragazzo che, sotto molti aspetti, ricorda quel Diavolo che Freddie le diceva che avrebbe dovuto temere. Ma come si può temere qualcuno che sembra essere in grado di leggerti dentro, di chiamarti a sé come nessun altro?
Io pregavo, invece. E mi rivolgevo a Freddie, quando morì.
Negli ultimi cinque anni l’avevo fatto così tante volte che era diventato un gesto inconsapevole, come soffiare sulla zuppa quando è troppo calda. Pregavo Freddie per i miei genitori lontani. Per i soldi che stavano per finire. E perché, a volte, mi sentivo così sola da sentire più vicino il maledetto vento dal mare che sibilava tra gli infissi, che non mio fratello al piano di sopra.
E pregavo Freddie per il Diavolo. Le chiesi di tenere la mia mano lontana dalla sua. Le chiedevo di proteggermi dal male.
Ma, nonostante tutte le mie preghiere, il Diavolo mi trovò comunque. Da "Quando il diavolo mi ha preso per mano"
«Mi piacerebbe che la gente spargesse una diceria faustiana su di me.» Mi sporsi in avanti e schiaffeggiai via la mano di Sunshine dai capelli di mio fratello. «Un mito faustiano» ripetei. «Molto più interessante che essere soltanto la povera ragazza bionda che vive tutta sola in quella grossa casa, con quel deficiente del fratello con i pettorali più grossi del cervello. Sunshine, se mai dovessi sparire, ti prego di dire in giro che sono corsa dietro al Diavolo per cercare di riprendermi l’anima.» Da "Quando il diavolo mi ha preso per mano"
Dal momento in cui River entra nella vita di Violet, accade qualcosa di magico e oscuro. Magico come l'attrazione che germoglia indisturbata, mettendo radici nei cuori e negli animi, oscuro come una storia dell'orrore in cui le ombre hanno artigli e denti con cui divorare e dilaniare. Mentre River e Violet si avvicinano, inesorabilmente attratti l'uno dall'altro, e tutti, persino lo scostante Luke, sembrano essere soggiogati dal fascino del nuovo arrivato, qualcosa di nero e macabro serpeggia nella loro cittadina. Leggende popolari prendono vita sotto gli occhi increduli degli scettici, cimiteri vengono invasi da orde di bambini che cacciano mostri, atti orribili vengono compiuti e il sangue di innocenti e peccatori inizia a scorrere tra le stradine di Echo e dintorni. Esistono forze più nere della notte stessa, tanto misteriose da non poter essere comprese. Forze che rendono impossibile distinguere l'amore dall'ossessione, un diavolo da un angelo e un angelo da un mietitore. Se pensate che River sia il Diavolo, aspettate di conoscerlo prima di decidere se scappare da lui, o seguirlo nelle fiamme.
Le sue labbra sapevano di caffè, di tempeste e di segreti.Piano piano River cominciò a muoversi più veloce, sempre più veloce…Finché non si fermò.Si staccò da me, di punto in bianco. Proprio quando mi ero dimenticata chi fossi, proprio quando mi ero dimenticata che fossimo due persone distinte e non un unico, splendente e tremolante oceano di baci… mi lasciò andare. Indietreggiò d’un passo e fece un respiro profondo.«Pensi di rimanere qui, stanotte?» chiese, con il fiato un po’ corto. Come il mio. Si mise le mani nei capelli e li tirò su in un modo così sexy che quasi mi diede sui nervi.Guardò fuori dalla finestra della cucina, il cielo nero-viola e il mare nero-viola. «Ho gli incubi da quando ho compiuto quattordici anni. Ogni notte. Poi qualche giorno fa ho schiacciato un pisolino con te e, di colpo, sono spariti. Vado via un giorno e boom, eccoli che ritornano.» Fece una pausa. «Lo sai che significa, vero?»Scossi la testa.«Significa che dovrai dormire accanto a me per il resto della mia vita.» Da "Quando il diavolo mi ha preso per mano"Ho letteralmente adorato ogni singola riga di questo libro: ancora sono ossessionata dlla sua atmosfera, dalla sua poesia, dal suo essere unico e spaventoso. Dal primo istante mi sono sentita a casa, cullata dalle parole sublimi con cui la Tucholke è riuscita a tessere la tela degli eventi che mi hanno sconvolta fino all'ultima pagina. Spesso è stata criticata l'irrazionale follia con cui Violet si dona a River. Ma in realtà, tutto torna. Il fatto è il loro percorso (così come il libro) è un po' come un salto dalla scogliera: divino, pericoloso e, soprattutto, decisamente incomprensibile per chi lo osserva senza viverl0. Proprio perché ho lasciato che mi possedesse, per me è stato impossibile giudicare male la trama, o Violet in sé. Perché la trama è bellissima e macabra, a tratti misteriosa e incomprensibile, eppure tirando le somme coerente con i propositi dell'autrice. E Violet, ragazza leggera che vive con il peso della solitudine sulle spalle, che beve il caffè in punta di piedi e adora tutto ciò che è anacronistico, trova in River il suo perfetto corrispettivo e forse qualcosa di più. Non voglio fare spoiler, ma credetemi quando vi dico che è assolutamente impossibile resistere a River. E non solo perché è un ragazzo tormentato con più segreti di quanti riesca a mantenere, bello come un dio e pericoloso come un demone.
No. In River c'è molto, molto di più. Ci sono i ricordi di un'infanzia disperatamente triste, le colpe di azioni irrimediabilmente brutte, la consapevolezza che a volte è più facile spaventare le persone che renderle felici. Perché la felicità crea i veri mostri, crea dipendenza.
«Che diavolo sei? Che diavolo sei, River?» Scossi la testa e indietreggiai lentamente verso la porta e repressi il desiderio di scappare, perché sarebbe sembrato stupido e non volevo fare la figura della stupida davanti a River, nemmeno in quel momento.Un po' angelo della vendetta, un po' diavolo tentatore, River mi ha catturato e ha dato al romanzo quel sapore antico e malinconico che mi ha accompagnata fino alla fine. Ma non è stata solo la storia d'amore a rapirmi. Tra le pagine di questo libro infatti, ho trovato una bellissima avventura macabra e intricata fatta di scelte sbagliate e segreti che logorano l'anima, di punizioni esemplari e giochi perversi, di sangue e terrore e maledizioni familiari. Ho amato i personaggi secondari, tutti. Perché sono stati unici, favolosi e mi sono entrati nel cuore. Di alcuni ho sentito la mancanza, avrei voluto sapere di più su di loro. Molto, molto di più. Come Neely, il fratello protettivo di River, ugualmente misterioso e affascinante. Anche l'odiosa Sunshine, migliore amica di Violet e amante occasionale di Luke, mi è entrata nel cuore. Le sue stranezze, in fondo, mi hanno fatto tenerezza.
Lui alzò le spalle. «Un mostro. Un santo. Nessuno dei due. Qualcosa nel mezzo. Ci ho riflettuto a lungo e l’unica risposta che sono riuscito a trovare è che sono… me. Sono River. Tutto qui.»Da "Quando il diavolo mi ha preso per mano"
Ma più di tutto ho amato la storia di fondo. Il terrore, la paura, la tentazione del male. Avete presente quel genere di potere che si nasconde dietro una minacciosa e seducente porta chiusa? Che non ha bisogno di spiegazioni, né può essere placato? Bene, è questo è ciò che mi ho trovato irresistibile. Un potere troppo forte per essere ingabbiato, troppo seducente per essere rifiutato, troppo oscuro per essere sopportato, troppo inebriante per non soffrirne la mancanza. Un potere che mette a soqquadro la vita di tutti quelli che sfiora.Dolce e carico come un cucchiaio di miele, ma anche spaventoso e tagliente come la lama di un rasoio ben affilato, "Quando il diavolo mi ha preso per mano" è un libro capace di trascinarti in un luogo in cui gli incubi diventano reali.
Quando fece buio, i bambini tornarono al cimitero. Strisciarono fuori casa mentre i loro genitori dormivano. Lo so perché ero lì anch’io. Radunai tutte le briciole di coraggio che avevo e andai a piedi al cimitero dopo il calare della notte. Immaginavo che Jack sarebbe stato lì, ad aspettare il Diavolo. Ma quello che trovai, una volta varcati i cancelli, furono decine di ragazzini di nuovo ai loro posti, con le loro faccine pallide che spiccavano al buio. Nient’altro che silenzio e ombre, i morti sepolti sottoterra e il suono distante del mare a risuonar loro nelle orecchie per l’eternità. Avanzai di albero in albero, di bambino in bambino, sempre lasciandomi l’oceano a sinistra per non perdere l’orientamento.
Più e più volte lo sentii, il Diavolo, respirarmi sul collo. Ogni volta mi giravo e non c’era nessuno… Da "Quando il diavolo mi ha preso per mano"
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