Recensione: Quello che non c'è scritto, di Rafael Reig
Creato il 08 maggio 2013 da Mik_94
Buonasera, amici! Per chiudere la giornata, la recensione di un libro che
ho terminato ieri, sul tardi. Un libro sul quale non so dirvi di
preciso cosa penso e per cui è stato complicato anche mettere un
semplice voto. Effettivamente due stelline e un po' sono giuste per uno young
adult mediocre, ma non per un romanzo come Quello
che non c'è scritto. Purtroppo,
non saprei come altro giudicarlo, quindi prometto di rileggerlo, un
giorno o l'altro, e di passare ad aggiornare il post con nuove impressioni. Sensazione
strana! Ringraziando il gentile ufficio stampa, vi auguro buona
lettura e una piacevole serata, M.
Le coincidenze lasciale ai romanzi. Nella vita non esistono.
Titolo:
Quello che non c'è scritto
Autore:
Rafael Reig
Editore:
Marcos y Marcos
Numero
di pagine: 316
Prezzo:
€ 17,00
Data di pubblicazione: 24 Aprile 2013
Sinossi:
È il rito di un fine settimana qualsiasi: l'ex marito che passa a
prendere il figlio per portarlo in montagna. Dopo averli accompagnati
all'ascensore, Carmen tira un sospiro di sollievo. Il divorzio
burrascoso è alle spalle. Jorge ha quattordici anni, vien su bene;
Carlos era un pessimo marito, ma tutto sommato è un buon padre. Di
colpo vede su una sedia un dattiloscritto che prima non c'era. L'ha
lasciato Carlos con un messaggio scritto a penna: voglio che tu lo
legga. Bastano poche pagine per immergerla in un romanzo amaro, un
noir pieno di violenza. Le parole dell'ex marito bruciano,
scoperchiano ricordi difficili. Carmen tra le righe avverte una
minaccia: è rivolta a lei? A suo figlio? Su un treno che sfreccia
nella campagna, intanto, padre e figlio imbastiscono pacche e
sorrisi, ma Jorge è nervoso da far paura e Carlos si attacca alla
bottiglia. Fin dalle prime stazioni si sente aria di condanna.
Carmen, a casa, legge pagina dopo pagina, sforzandosi di restare
calma: è solo un romanzo, un intreccio di storie immaginarie, forse
è lei che ci legge quello che non c'è scritto. In montagna soffia
un vento umido e gelido, Carlos e Jorge hanno il ghiaccio nel cuore.
È troppo ripido e instabile il crinale delle cose non dette. Cercano
di uscirne, si vogliono bene. Potrebbero anche farcela, se fossero
soli: un padre davanti a suo figlio. Ma non sono più soli. E i loro
cellulari squillano a vuoto.
La recensione
“Le
coppie non si separano quando uno dei due scopre la verità
dell'altro e si rende conto che non è come si aspettava; si sfaldano
quando si finisce per conoscere se stessi e si scopre quello che
segretamente si temeva che venisse fuori.” Jorge,
quattordici anni, è un ragazzino che conosce la sofferenza più
profonda. Figlio di genitori separati, da bambino, è stato conteso
in una lotta per l'affidamento senza esclusione di colpi. Lo scontro
tra sua madre, Carmen, e suo padre, Carlos, doveva essere mosso
semplicemente dall'amore nei suoi confronti, ma alla fine, su tutto,
è prevalsa la distruzione. Sull'amore, l'odio. Ma ogni cosa è destinata a passare, anche una faida di egoismo e sdegno combattuta nel cuore di un'unica famiglia. Le cose sono migliorate. Tra Carmen e Carlos si
è aperto un civile dialogo e, ormai adolescente, Jorge, anche se
affidato alla madre, ha modo di passare un paio di weekend al mese anche
con suo padre: un uomo che non conosce, che teme, che vuole
positivamente impressionare a tutti i costi. In un sabato
temporalesco, gravido di pioggia e tragedie, padre e figlio vanno in
montagna, nella baita di Yolanda, la nuova compagna di Carlos. Carmen è da
sola, nel suo appartamento al centro di Madrid. Sola e con un
manoscritto senza titolo che le ha lasciato il suo ex marito. Sulla
prima pagina, un appunto: leggilo. Carlos, da sempre scrittore
frustrato e senza talento, ha dato vita a un racconto crudo,
squallido, cattivo, che parla della legge degli uomini, del crimine,
della violenza della strada. E' una storia alla Tarantino, grottesca
e sanguinosa; quella di quattro zotici di provincia ossessionati
dalle parole crociate e del rapimento di una giovane snob, ricca e
viziata. In palio c'è un ambito riscatto, ma per il protagonista del
romanzo di Carlos, Toni, in palio c'è molto di più: lui vuole che
la ragazza in ostaggio lo tema, lo guardi con una paura
mista a rispetto, lo prenda in considerazione, lo ami.
Carmen legge
quella storia che odora di ruggine, fumo e sangue, e pensa. Cosa
starà cercando di dirle il suo ex? Cos'è quello che legge tra le
righe, quello che non c'è scritto? Parlare del romanzo di Rafael
Reig è estremamente difficile e strano. Non saprei valutarlo
utilizzando i soliti criteri, non saprei come esprimere quello che
penso. Ecco, è un romanzo oggettivamente buono – ben scritto e ben
congegnato – ma che a me, purtroppo, non è piaciuto. All'inizio,
abituato alla raffinatezza e alla sottile sensualità dei thriller
spagnoli, sono rimasto un po' disorientato. Risuonava di rabbia
repressa, rancore: era pulp, livido, esageratamente esasperato, quasi
carnivoro. E' un romanzo nel romanzo, la cui apparente rozzezza è
studiata nel dettaglio; rozzezza che perfino un bravo scrittore,
mettendoci anima e corpo, non riuscirebbe mai a raggiungere.
Significherebbe distruggere tutto, fare tabula rasa di quello che gli
hanno insegnato in anni di scrittura. Lo stile, per quanto particolare, è
bello. La trama è bella. Ma ci sono cose che cozzano tra loro,
stridendo e sbraitando, rendendo immensamente disarmonici i tratti
generali del libro. La storia madre è quella dei due maturi –
per età, ma non per indole - protagonisti, persone che si sono
tanto amate, ma che, finita la passione, hanno preso a distruggersi a
vicenda, in un duello di rabbia e dolore che deforma i loro tratti;
li rende orribili e affilati; li porta a lottare per il destino di un
bambino sospeso. Un bambino sfortunato. Per una sorta di osmosi, il
romanzo di Rafael Reig, quello vero, acquisisce i toni del
manoscritto del protagonista.
La lettura del primo risulta, ad un
certo punto, meno appassionante di quella del secondo. Presentato
come un thriller, un hard boiled degli anni '70, Quello che non
c'è scritto non
ha, però, misteri. Solo odio che cozza mortalmente contro odio. La
caratterizzazione dei personaggi è eccellente, ma questi ultimi
appaiono incurvati dalle troppe sofferenze, dai troppi dettagli
superflui. Nel corso dell'intreccio, tuttavia, trovano spazio
riflessioni di grande interesse, degne di attenzione e di un'accurata
meditazione. Perché scrivere, afferma l'autore, è un atto di
potenza. Lo scrittore, nell'arco di un romanzo, è il Dio del suo
lettore. Lo manipola... O è il lettore a manipolare lo scrittore, a
leggere nel romanzo ciò che lui stesso vuole vedere? Ciò che
riflette le sue paure inconsce, i suoi desideri, il suo vissuto, ma che, infondo, non
è presente sulla pagina stampata? Dà
più domande sulle cui pensare che risposte concrete. Non è un
enigma, ma è un cruciverba da risolvere. Armati di estrema
razionalità, di voglia di pensarci sopra, di pazienza. Probabilmente
l'ho letto semplicemente nel momento sbagliato, quando ero del tutto privo dei tre preziosi prerequisiti. Ma mi ha fatto
pensare.Ricordo,
anni e anni fa, poco più che bambino, di aver letto un'edizione
supereconomica di La
casa di sabbia e nebbia,
di Andre Dubus III – per inciso, uno dei pochi casi in cui la
trasposizione cinematografica è palesemente superiore al libro
stesso. Ritornando dal mare, in macchina, dal finestrino del sedile
posteriore, guardavo ossessivamente una villetta affacciata sulla
spiaggia. Mi sembrava che fosse uscita dalle pagine del romanzo. Come
se lì si stesse per compiere una tragedia immane, la stessa
raccontata nella storia che stavo leggendo, e io solo potessi
fermarla... Perché ci sono quei libri particolari, infatti, che
riempiono di suggestione, di insensata inquietudine. Purtroppo Quello
che non c'è scritto, per me, non è stato uno di quelli.
Il
mio voto: ★★ ½
Il
mio coniglio musicale: Bebe – Malo
Potrebbero interessarti anche :