Recensione: Robocop

Creato il 18 febbraio 2014 da Mattiabertaina

Genere: Azione

Regia: José Padilha.

Cast: Joel Kinnaman, Gary Oldman, Michael Keaton, Samuel L. Jackson

Durata: 118 min.

Distribuzione: Warner Bros.

E’ da molto tempo che si sentiva parlare di un ritorno del famoso poliziotto dal cuore umano e dal corpo completamente robotizzato. Il film del 1987 diretto da Paul Verhoeven ha avuto il pregio di raccontare le contraddizioni delle politiche americane basate sulle eccessive privatizzazioni e liberalizzazioni da parte della presidenza di Reagan, nel limite che si può permettere una pellicola tutta concentrata sull’azione. Riproporre questo tema è rischioso, perché i tempi sono cambiati e c’era la necessità di un radicale cambiamento di rotta. All’inizio sotto il comando del regista Darren Aronofsky, il film si è arenato nel 2010, per poi tornare alla luce grazie a José Padilha, autore brasiliano celebre per il suo Tropa de Elite – gli squadroni della morte. Perché fare tutto questo travagliato excursus?  Questo era un progetto sicuramente ambizioso e rischioso, ma la mancanza di idee e di originalità che sta vivendo gran parte del cinema d’oltre oceano è un sintomo consolidato da tempo, soprattutto nei blockbusters.

I reboot, che ormai sono diventati i pilastri della produzione hollywoodiana, sono il principale ricavo delle case cinematografiche americane per molte ragioni: il guadagno, visto i precedenti successi delle pellicole da cui sono tratti i successivi remake, è assicurato. Non meno importante è la volontà di riportare sugli schermi soggetti che hanno segnato la cinematografia popolare. Robocop è uno di questi, ma, come si può constatare da molti altri tentativi di rendere contemporaneo un personaggio del passato, l’incapacità di contestualizzarlo in un determinato periodo è determinato in gran parte dal fallimento della sceneggiatura e della focalizzazione di Alex Murphy, interpretato dallo svedese Joel Kinnaman. Nel primo caso, tutto quello che viene messo in campo durante la proiezione è confuso, disordinato. I passaggi da una sequenza all’altra vengono giustificati da elementi molto frivoli, in parte aiutati da una storia superficiale che non da slancio alla narrazione e da un utilizzo smisurato di campi lunghi che appesantisce la visione del film. Per quanto riguarda il protagonista, il regista ha voluto concentrarsi su due temi: il conflitto interno tra uomo e macchina e il rapporto complesso all’interno della sua famiglia dopo l’esplosione che ha quasi provocato la sua morte. La moglie, al momento dell’incidente, si trovava in una scelta difficile: lasciare morire il marito o, come in una citazione all’interno del film, “dargli una seconda chance”. L’opportunità di una nuova vita grazie alla multinazionale OmniCorp, che aveva invece lo scopo di abolire una legge negli Stati Uniti che vietava il commercio dei loro robot, si trasforma non solo in uno scontro interiore nel poliziotto meccanico, ma anche all’interno della stessa azienda: da una parte Raymond Sellars (Michael Keaton) deciso a tutti i costi e con ogni mezzo illecito a vincere questa battaglia, e dall’altra il Dr. Dennett Norton (Gary Oldman), contrario all’uso dei robot se non per scopi scientifici.  In questo lavoro manca un approfondimento di questi temi, resi in maniera sterile con l’eccezione del rapporto conflittuale nella famiglia del protagonista. Gli unici elementi che si salvano sono la regia, con un’impronta molto originale soprattutto nell’introduzione della storia con l’aiuto dell’egregio Samuel L. Jackson nella parte del presentatore televisivo, e le scene d’azione molto convincenti. Da dimenticare invece l’armatura color carbonio, che richiama molto il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan.  Un vero peccato.

Voto: 2 su 5

Il trailer


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