Titolo: Se mai verrà il mattino
Prezzo: 12,91 €
Editore: Guanda (la cover non corrisponde ma non ho trovato un'immagine decente di quella attuale)
Pagine: 228
Il mio voto: 4 piuma e mezza
Trama
Si chiama Ben Joe Hawkes, è nato nel North Carolina e per tutta la vita è stato circondato da donne: una madre imperscrutabile, una nonna irriducibile e sei sorelle. Se n'è andato a New York per studiare e per cercare la sua strada, ma un giorno decide di ritornare nella sua piccola città. Ritrova così il suo mondo di donne, ma molte cose sono cambiate. Il passato ritorna, con tutti i suoi ricordi. Ma ritorna anche l'amore verso la timida Shelley, con la quale potrebbe decidere di ripartire per New York.
La mia recensione
You say the best when you say nothing at all
Il modo in cui Anne Tyler riesce sempre a dire qualcosa, a trasmettere qualcosa, non raccontando mai nulla di speciale mi stupisce ogni volta che prendo in mano un suo libro.
Se mai verrà il mattino è il suo primo romanzo e, nonostante lo stile un po' acerbo, è riuscito ad avvolgermi in un caldo abbraccio così come tutti gli altri suoi romanzi che ho avuto il piacere di divorare. Sì, perché la Tyler ha la capacità di entrarmi dentro e accarezzarmi il cuore come pochi altri scrittori riescono a fare. Con me e il mio grinzoso cuoricino, almeno.
Protagonista di questo romanzo, come sempre nei romanzi della Tyler del resto, è una famiglia rumorosa e sconclusionata.
E io nei romanzi che raccontano le vicende, gli amori e i dispiaceri delle famiglie sconclusionate ci sguazzo allegramente dentro. Proprio come i bambini che si divertono saltellando appositamente dentro le pozzanghere, io saltello appositamente dentro i romanzi di questo tipo.
Le famiglie mi incuriosiscono, mi hanno sempre affascianata. Forse perché un po' soffro del non aver mai avuto una famiglia numerosa e chiassosa come quelle dei romanzi. Le ho sempre vissute indirettamente quelle come la famiglia Hawkes e ho sempre provato un po' di invidia, lo ammetto, per quegli amici che avevano la fortuna di essere circondati di zii pazzi, cugini indisciplinati e nonne simpatiche. O forse perché sono un tipo romantico e mi piace pensare alla famiglia come una sorta di branco, dove ci si aiuta l'un l'altra e ci si accetta così, squilibrati mentalmente per quanto si è. Qualunque sia il motivo di fondo, già dalle prime righe di questo romanzo, sapevo che non sarei rimasta per niente delusa.
Con dolcezza, Anne Tyler ci accompagna sulla porta di casa Hawkes e ci lascia lì, sul portico accanto al dondolo, aspettando che qualcuno venga ad aprirci. È Ben Joe, un ragazzo ancora troppo giovane e insicuro, che ci accoglie e ci invita a varcare la soglia. Da quel momento le nostre giornate non saranno più le stesse.
Adesso che ne ho terminato la lettura è come se fossi ancora lì, in compagnia delle innumerevoli donne Hawkes. Mi sembra di sentire i loro passi frettolosi sulla moquette, di vedere le liste della spesa attaccate al frigorifero, di osservarle mentre guardano la tv in vestaglia.
È questo che fa Anne Tyler, è questo che fa a me. Mi fa affezionare alle famiglie di cui mi racconta. Non ho usato il pronome personale sbagliato, ho scritto che "mi" racconta perché è proprio quello che intendo. Perché, in ogni suo libro, sembra sempre che lei si rivolga proprio a noi e non al lettore come entità. Manca solo che ci chiami per nome prima di iniziare a raccontarci una storia.
Ho avuto l'impressione – e non solo durante la lettura di questo romanzo – che lei fosse seduta accanto a me, magari attorno al tavolo della sua cucina con una tazza di tè fumante tra le mani, e mi dicesse qualcosa di simile a: "Nereia, oggi voglio raccontarti la storia di un mio amico, Ben Joe, e della sua straordinaria famiglia".
Nulla di particolarmente importante sconvolge la vita di Ben Joe e di tutte le donne Hawkes, non nella parte della loro vita che Anne Tyler decide di mostrarci, perlomeno. Le cose veramente significative che hanno segnato la vita di ognuno di loro sono già accadute da diverso tempo quando la narrazione ha inizio. Fanno, così, parte di ricordi ormai lontani e quasi sfocati che, però, rivestono comunque un ruolo abbastanza importante all'interno della storia. Non manca occasione per far ricordare a Ben Joe il padre ormai defunto, una vacanza avvenuta anni luce or sono, un vestito indossato da una delle sue sorelle quando andava ancora al liceo. Il tutto senza che sembri messo lì per muovere a compassione il lettore o per riempire dei vuoti all'interno della trama. I ricordi ci sono perché sono parte della storia, dei personaggi. Se Ben Joe non aprisse una finestrella sul suo passato e non ci permettesse di affacciarci a sbirciare, questo libro non avrebbe motivo di esistere. Strano a dirsi, ma non poi così strano se si parla della Tyler. Inutile che mi impegni, non riesco a spiegarmi meglio di così. Ad Anne Tyler riesce bene tutto, anche scrivere un romanzo che racconta una settimana soltanto e una vita intera, contemporaneamente.