Six Shots
Di Alfredo Mogavero
XII edizioni
188 pagine, 13 euro
Più di cent’anni fa, nell’Ovest di una nazione ancora giovane, accaddero delle vicende.
Che non appaiono nei libri di Storia.
Che i film e i romanzi western non hanno mai voluto raccontare.
Troppo strane per non essere solo balle di qualche ubriacone in un saloon di quarta categoria.
Sei racconti che corrono come una diligenza sul fondo sconnesso di una strada nella prateria, con un manipolo di banditi alle spalle e soltanto sei colpi nel caricatore per buttarli giù tutti. Prima che sia troppo tardi.
Commento
Premessa: non ho mai amato particolamente il genere western, né al cinema né nella narrativa.
Seconda premessa: credo di essere uno dei pochi lettori/recensori a non impazzire affatto per Joe R. Lansdale a cui, consciamente o meno Six Shots un po' s'ispira. Aggiungiamo anche che non sono nemmeno un appassionato di antologie, men che meno di esordienti (anche se poi è bello doversi cospargere il capo di cenere e chiedere scusa – Vedi Malarazza!)
Detto questo, Six Shots mi è piaciuto. L'ho trovato gradevole, ben amalgamato e – soprattutto – scritto bene. Il talento di Mogavero si vede e traspare anche nei racconti meno riusciti del libro. L'autore ha uno stile incisivo, ironico, pulito e senza arzigogoli bizantini da sperimentatore del linguaggio della domenica. Se mi conoscete, sapete quanto spernacchio gli scrittori intelletualoidi che, a corto di idee, si buttano su improbabili esperimenti narrativi con la presunzione d'inventare chissà cosa.
Ecco, Mogavero non ha questi vezzi, bensì scrive bene. Punto. Questo dovrebbe bastare e avanzare.
L'ambientazione western, volutamente nebulosa per quel che concerne specifiche spazio-temporali, ha ottime ibridazioni weird e – seppur in minima parte – steampunk. Accanto ai pistoleri, ai predicatori, ai beccamorti, abbiamo dunque inventori folli, fantasmi, mostri mutanti, e chi più ne ha più ne metta.
I racconti sono piuttosto variegati, di qualità superiore alla media. Citando quello che mi è piaciuto di più e quello che mi è piaciuto di meno faccio i seguenti nomi: Twilight Jackson e Paddy McGee (pollice alto) e Nebbia e silenzio a Cherokee Hill (pollice verso). Il primo è un perfetto mix di ironia, wild weird west e avventura: davvero perfetto in ogni dettaglio. Il secondo, pur scritto con grande eleganze, è piuttosto scontato e presenta una situazione fin troppo abusata nella narrativa di genere. Nel mezzo ci sono altri quattro racconti, ciascuno a suo modo interessante (immagino che Sei pistole sarà il preferito di molti!).
C'è da aggiungere che il linguaggio passa spesso dal leggero all'estremamente scurrile, ma lo fa sempre in modo da sembrare naturale, quindi non fastidioso. A volte forse c'è un'eccessiva spinta sullo humor nero, ma devo ammettere, pur non amando molto questo genere di “infiltrazioni” nella narrativa di genere, che sono quadretti molto azzeccati, non fini a se stessi.
Ottima l'atmosfera di divertissment che impreziosisce l'antologia: Mogavero non si investe come latore di chissà quale messaggio etico, bensì punta a stupire e intrattenere i lettori. E, se qualcuno ci vuole per forza vedere altro, probabilmente potrà farlo leggendo tra le righe di un paio di racconti.