Harvest Moon va in pensione, ma la Fenice risorta dalle sue ceneri non è ancora all'altezza: Story of Season è poco innovativo e troppo simile al predecessore, così come stentato in termini grafici e di ritmo di gioco
Versione analizzata: Nintendo 3DS
Nicolò Pellegatta va matto per il chinotto, i fumetti europei (anche quelli francesi), non sopporta le code. Ha un debole per i videogiochi giapponesi, ma Kojima proprio non gli sta simpatico. Apprezza i giochi di breve durata, ma poi finisce sempre per iniziarne uno da 40 ore! Dissuadetelo su Facebook, Twitter o su Google Plus.
Story of Season è il nuovo nome della serie Harvest Moon. Marvelous ha voluto eliminare ogni dicitura e riferimento alla longeva serie Natsume, dopo più di 10 anni che quest'ultima aveva lavorato sotto etichetta Marvelous. Una svolta di nome puramente ufficiosa, perchè il team di sviluppo e sopratutto la struttura di gioco di Story of Season hanno molto da spartire con l'ultimo nato in casa Harvest Moon ovvero Harvest Moon: The Lost Valley per Nintendo 3DS. Il cambio completo di nome è un'ottima occasione per rilanciare il franchise, agendo sulla collaudata formula ludica per inserire elementi che in precedenza sarebbero apparsi forzati e incongruenti. Purtroppo, ci duole ammetterlo, in Story of Season non c'è un briciolo di innovazione rispetto agli Harvest Moon, bensì un calco del tutto fedele. Attenderlo per quasi un anno in Europa non ha avuto molto senso: scoprirete nel corso dell'articolo come le novità e le introduzioni siano alquanto banali e dallo scarso impatto sul gameplay.
Si sta così male in città?
Cominciamo dal nome. Story of Season evoca la rotazione stagionale e delle colture che rimanda alle peculiarità di Harvest Moon ed alla capacità a suo tempo di emergere rispetto alla pletora di RPG sostituendo al grinding nei dungeon il lavoro quotidiano nei campi ogni giorno, fino al calare della sera o della stanchezza fisica. Ma quel Season evoca anche un'altra serie che in questi anni ha assunto un posto privilegiato tra i life sim, ovvero Animal Crossing, il quale, rispettando alla lettera il ciclo giorno notte, modifica costantemente il micro-clima del villaggio, evolvendo da Inverno ad Estate. Story of Season eredita molto dal suo genitore diretto, mentre sembra fare orecchie da mercante dinnanzi alle molte qualità del titolo Nintendo, quali i suoi dialoghi ironici al limite del caustico, la sua economia bislacca, la varietà di modi per accumulare risorse ed infine il ciclo reale giorno-notte che determina un ritmo di gioco unico. Nella nuova proposta Marvelous il giocatore è ancora una volta un annoiato borghese che decide di trasferirsi tra i campi, emulando il Pozzetto de Il ragazzo di campagna, fonte d'obbligo in ogni recensione di un Harvest Moon.
Il nostro biondino arriva a Querciallegra e viene subito affidato alla gentile vecchina Eda, la quale gli insegna i rudimenti dell'agricoltura (zappa-semina-innaffia ogni giorno-aspetta che maturi) e dell'allevamento (pulisci il manto-mungi-tosa). Una volta ottenuta una fattoria in proprio, il giocatore possiede già i rudimenti per svolgere ogni mansione del fattore. Si sveglia la mattina, spende alcuni dei propri cuori (che rappresentano la salute, come negli Zelda) per coltivare il proprio orticello, scende in paese dove l'attende il carpentiere, che in cambio di rocce e legname può ristrutturare la fattoria, raggiunge il mercato nel quale vendere latte, uova e qualunque altro prodotto di natura animale, ed infine si reca all'emporio, dove acquistare semi di nuove coltivazioni, animali esotici e qualche suppellettile per la propria abitazione.
Al gioco non manca certo un consapevole senso di progressione, in primis per quanto concerne le meccaniche economiche: diversificare le colture consente anche di diversificare i guadagni, approfittando magari di festival dove un certo frutto è venduto ad un prezzo maggiorato oppure rivolgendosi a mercati stranieri come il " Paese della Seta" (chissà di quale nazione potrebbe trattarsi...?) dove c'è maggior richiesta. Con maggiori disponibilità economiche ed una mentalità da latifondista ci si può poi concentrare sul proprio look, sulla collezione di insetti e pesci, sul corteggiamento delle fanciulle di Querciallegra (ma l'ereditiera chic Angela, che giammai si sporca le mani, non è un partito perfetto per chiunque?) ed il successivo matrimonio, ed infine sulla gestione di un proprio negozio.
Peccato che il ritmo di gioco stenti a decollare, dipingendo giorni tutti uguali, dove basta fare un poco di tutto (coltivare, craftare, rivendere, dialogare/corteggiare) per avere un giorno la ricompensa promessa in ciascun campo. I game designer hanno, inoltre, fatto parecchia confusione nel definire le meccaniche di gioco, che vorrebbero avere un appiglio realistico ma in realtà appaiono vagamente stralunate: una su tutte è la scansione delle giornate, che terminano quando il giocatore non ha più nulla da fare oppure ha esaurito la propria salute; dopo una decina di ore ci si risveglia per un nuovo giorno, peccato che che questo potrebbe accadere in pieno giorno e causare un risveglio nel cuore della notte, quando i negozi sono chiusi e gli animali ronfano. In molte situazioni si avverte una mancanza di idee incanalate in una direzione coerente, che sia in grado di trasmettere all'esperienza di gioco una marcata personalità.
Zappa 2.0?
Il sistema di controllo si scorda che lo schermo inferiore sia tattile: mentre in alto si presenta l'azione di gioco e si interagisce con i vari menù, paragonabili per complessità e diramazioni a quelli di un JRPG canonico, in basso viene mostrata una normale mappa della zona in cui ci si trova, con tanto di icone riferite agli abitanti ed ai punti di interesse. Peccato che non si possa interagire con la mappa, zoomando o ricevendo informazioni, né tramite tasti fisici né via touch screen. Infine un appunto sulla qualità grafica e artistica. Il giudizio in merito alla palette cromatica ed allo stile delle illustrazioni (emerge sopratutto nei mezzibusti dei vari personaggi durante i dialoghi) è senz'altro positivo. Tuttavia ci sembra incredibile come su un hardware paragonabile a Gamecube e Wii, dove gli Harvest Moon avevano proposto visuali 3D degne di nota, il team di sviluppo abbia proposto una mole poligonale poverissima, una telecamera statica a tre-quarti e sopratutto aree piccolissime inframezzate da tempi di caricamento non indifferenti. Stendiamo un velo pietoso sulla colonna sonora, caratterizzata da poche, ripetitive tracce. Capiamo perfettamente che l'esperienza di gioco su una console casalinga sia nettamente diversa rispetto a quella portatile, ma ci sentiamo abbastanza sicuri nell'affermare che il team di sviluppo non si sia sforzato minimamente nel trarre il massimo dall'hardware di Nintendo 3DS, sopratutto nell'occasione di un rilancio del franchise che avrebbe richiesto lo studio di un nuovo percorso grafico e artistico.
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