Il saggio intende ripercorrere le tappe più significative del cineasta americano attraverso un approccio anticonvenzionale, non rigidamente vincolato allo sviluppo cronologico della sua filmografia ma piuttosto orientato a indagare quegli aspetti della sua poetica fino a oggi poco noti, in parte trascurati o subordinati a questioni di maggior interesse commerciale: la figura dell'outsider, la rappresentazione dell'infanzia, il ruolo femminile nell'evoluzione dell'eroe, l'elusione della sessualità nel percorso narrativo, l'ispirazione gotica e le contaminazioni di matrice espressionista. Un’analisi che non vuole essere
puro divertissement ma possa legarsi all’esperienza umana e ai valori sociali coi quali l’autore è cresciuto e nei quali ha operato, regalando al lettore e all’appassionato dell’opera burtoniana una nuova prospettiva sull’opera di questo affascinante personaggio. L'autore:
Giulio Muratore è nato a Fiesole nel 1988. Nel 2013 consegue la laurea magistrale in
Pro.S.M.Art. (Produzione di Spettacolo, Musica, Arte e Arte Tessile presso l’Università
degli Studi di Firenze. Nello stesso anno pubblica il saggio Italia Horror Underground,
primo studio ufficiale sul cinema di genere contemporaneo.
La recensione di Miriam: Visionario, eccentrico, anticonvenzionale, Tim Burton è considerato uno dei più grandi registi del cinema contemporaneo. Che lo si ami o no, è innegabile che, fino a oggi, si sia rivelato uno dei pochi cineasti statunitensi in grado di conquistare tutti i tipi di pubblico – adulti e ragazzi, cinefili e critici – incassando cifre da capogiro con i suoi film, sebbene non ubbidiscano a logiche commerciali. Quale la formula magica del suo successo? Probabilmente non esiste una risposta incontrovertibile a un simile quesito. Giulio Muratore, nel suo saggio, prova tuttavia a scandagliare il mistero offrendoci, al termine di un’analisi lucida, brillante, accattivante, se non la sua soluzione, il ritratto a tutto tondo di un genio. L’indagine si apre con una rapida incursione nell’infanzia di Burton, ovvero in quella particolare stagione della vita che occupa un ruolo fondamentale nella sua poetica e che, probabilmente, serba il segreto della sua personalità stravagante. Ci ritroviamo così immersi nella banalità di un quartiere pastello, che tanto somiglia a quello in cui si muove Edward Scissorhands, in una tipica buona famiglia americana. In un contesto, insomma, che trasuda normalità al punto da far sì che una bambino sensibile come il piccolo Tim, finisca per subire la norma come fosse un difetto, un cappio al collo da cui liberarsi per affermare la propria identità e assecondare un bisogno di libertà. La voglia di rompere gli schemi, questo senso di ribellione alla normalità segnerà come un marchio indelebile l’intera opera burtoniana che, di fatto, può essere letta come una vera e propria rivoluzione non violenta attuata attraverso le abilità grafiche. A partire da qui, la linea del tempo viene accantonata e il saggio si sviluppa secondo un approccio teoretico. Muovendosi con grandissima familiarità tra le pieghe della carriera e della filmografia di Burton (da Gotham a Wonderland come recita appunto il titolo), l’autore esamina le tematiche salienti del suo universo gotico-visionario, soffermandosi in particolar modo sugli aspetti solitamente trascurati dalla critica corrente. Il viaggio virtuale qui proposto prosegue dunque alla scoperta della figura dell’outsider, della negazione dell’infanzia intesa come un treno fantasma, del ruolo femminile e dell’elusione della sessualità, delle ispirazioni di matrice gotica e impressionista. Ogni argomento viene sviscerato, non solo da un punto di vista teorico, ma grazie al supporto di esempi pratici e continue irruzioni nei film prodotti dal regista. A completare il complesso mosaico si aggiunge poi una riflessione sul particolare sodalizio tra il regista e l’attore Johnny Depp, interprete della maggior parte dei suoi personaggi, e un’analisi di carattere più specialistico inerente le tecniche impiegate e il delicato (rivoluzionario?) passaggio dallo stop motion all’animazione in 3D – questione spinosa quest’ultima, giacché chiama in causa anche la presunta involuzione da taluni critici ravvisata in Alice in Wonderland. Un testo imperdibile per gli appassionati di Burton ma altamente consigliabile anche a chi voglia approcciarsi da neofita a questo artista, il cui talento non si esaurisce nella cinematografia.