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Recensione: TUTTI PAZZI IN CASA MIA. Torna la vecchia pochade (e un po’ si ride)

Creato il 30 ottobre 2015 da Luigilocatelli

12140087_1504656413160317_8863279544553886708_oTutti pazzi in casa mia (Une heure de tranquillité), un film di Patrice Leconte. Tratto da una pièce di Florian Zeller. Con Christian Clavier, Carole Bouquet, Rossy De Palma, Valérie Bonneton, Stépjane De Groodt. Distribuzione Filmmauro.
Une heure de tranquillité, un film de Patrice Leconte, scénario de Florian Zeller, avec Christian Clavier (Michel), Carole Bouquet (Nathalie), Valérie Bonneton  (Elsa), Rossy de Palma (Maria), Stéphane de Groodt (Pavel), Sébastien Castro (Sébastien), Christian Charmetant (Pierre), Arnaud Henriet (Léo), Ricardo Arciaga (Philippin), Jean-Paul Comart (le disquaire) et Jean-Pierre Marielle (André Leproux).11058087_1500648696894422_3571356007520321289_oDa una pièce di molto successo sui palcoscenici parigini che recupera sapore e polvere del vecchio teatro boulevardier e perfino della pochade à la Feydeau. Eppure scritta da un autore trentenne di nome Florian Zeller. La porta in cinema impeccabilmente con questo Tutti pazzi in casa mia Patrice Leconte (Il marito della parrucchiera, Mr. Hire). Storia della peggiore giornata nella vita del borghese Michel, con moglie e amante che gli presentano i conti, e altri guai e imprevisti. Vetusto? Forse, ma molto ben congegnato, e anche divertente. Voto 6 e mezzo
Une heure de tranquillité, un film de Patrice Leconte, scénario de Florian Zeller, avec Christian Clavier (Michel), Carole Bouquet (Nathalie), Valérie Bonneton  (Elsa), Rossy de Palma (Maria), Stéphane de Groodt (Pavel), Sébastien Castro (Sébastien), Christian Charmetant (Pierre), Arnaud Henriet (Léo), Ricardo Arciaga (Philippin), Jean-Paul Comart (le disquaire) et Jean-Pierre Marielle (André Leproux).Di fronte a questa abbastanza polverosa commedia da teatro boulevardier parigino, e però anche divertente se solo mettiamo in standby la parte di noi sempre ansiosa di postmodernismi e consumi culturali cool e aggiornatissimi, ci si chiede dove sia finito il Patrice Leconte che in tempi ormai lontani ci dava film come Mr. Hire e La ragazza sul ponte. E che qui ripiega sulle plaghe sicure sull’intrattenimeno borghese per sciure ammodo, senza neanche provarci con una messinscena distanziante e citazionista di quel che fu certo cinema, certo teatro leggero francese, come riuscì benissimo qualche anno fa a François Ozon con un testo apparentabile a questo come Potiche. Ma forse Leconte, reduce da due disastri come La bottega dei suicidi, il più brutto e imbarazzante film d’animazione per pargoli e adulti dell’ultima decade, e l’inutile, decorativo e basta, Una promessa (da Stefan Zweig), ha pensato bene di riprendere fiato con questo Tutti pazzi in casa mia, una commedia di molto mestiere, dai meccanismi comici vetusti ma perfettamente costruiti e regolati e funzionanti, e anche dotata di una sua eleganza, ma sarebbe meglio dire decoro borghese, che la allontana dall’intrattenimento sbracato e plebeo oggi egemone. Una cosa signorile, ecco. Affine a Cena tra amici (da noi diventato Il nome del figlio), anche se meno acre, e comunque firmata da un commediografo mica così vecchio, l’appena trentaseienne Florian Zeller. Tutto succede in un appartamento parigino enorme e confortevole, pieno di boiserie e belle cose costose, magari non tutte di squisitissimo gusto ma sempre capaci di trasmetterci il senso del benessere solido delle solide professioni. Il protagonista Michel è difatti un si suppone molto agiato dentista arrivato a quella che un tempo si diceva mezza età (ma oggi, nell’era del non-mollo-mai?), con la routine ipocrita di chi tiene moglie e figlio ma pure un’amante, che poi, come le regole della commedia leggera esigono, della moglie è la migliore amica. Appassionato di raffinato jazz anni Cinquanta-Sessanta, un genere oggi desueto e di scarsi cultori, scopre su una bancarella un album rarissimo da lui inseguito per decenni, Me, Myself and I di Neil Youare (musica e musicista inventati, però credibilissimi) e, estasiato, se ne torna a casa già pregustando quella delizia in solitaria. Macché, l’ora di tranquillità tanto agognata, che poi è il titolo vero, originale, della pièce di Florian Zeller, non l’avrà mai. Irrompono, a sabotare il suo piano d’ascolto di Neil Youare, il caso e il caos, persone e fatti che gli si rivoltano contro trasformando la sua giornata nella peggiore della sua vita. E l’ordine (in questo caso borghese) man mano smantellato e distrutto dalle forze dellì’imponderabile è precisamente quanto scatena il divertimento e la risata, secondo un paradigna narrativo antichissmo e perfino primordiale. E chi voglia vedere nel testo una critica politica sottotraccia alle ipocrisie delle classi alte si accomodi. Ci si mettono tutti contro il paraculo e ipocrita, ma non antipatico, Michel. La moglie ha deciso proprio quel giorno di fargli una rivelazione decisiva, l’amante, presa dall’impulso a confessare a suo tempo decsritto da Theodor Reik, invade casa sua, il figlio altermondialista (una delle figurette più acidamente ritagliate dall’autore) e fancazzista si porta in casa per solidarietà una tribù di sans-papier filippini (e però sembrano a guardarli più indocinesi). Aggiungiamoci: una colf linguacciuta e impicciona – è l’almodovariana Rossy De Palma (le spagnole di Pedro son destinate nei film francesi a far le serve immigrate, capitava anche a Carmen Maura in Le donne del sesto piano) -, un idraulico incapace che si spaccia per polacco ma è portoghese e che inonda la casa e pire l’appartamento di sotto, il vicino che proprio quel maledetto sabato ha organizzato la festa di condominio. L’iradiddio, ecco, con la scena-tormentone ripetuta all’infinito del povero Michel che abbassa la puntina sul vinile per essere subito interrotto da qualcuno e qualcosa. La narrazione procede, una volta inchiavardata sui suoi binari, secondo un andamento altamente conosciuto e collaudato, il che non è detto sia un male, anzi. L’invisibile ma assai presente autore, con la collaborazione fattiva del regista e di tutti gli attori, non sbaglia mai i tempi, azzecca più di un momento godibile (la confessione del finto idraulico polacco è irresistibile) e qualche battuta cui non si può non sorridere. Certo, sembra di essere finito in un qualche anfratto dello spazio-tempo, di esserci infilati in una macchina che ci porta indietro di qualche decennio (la pièce è sì recente, però volutamente e puntigliosamente antiquata nel suo impianto e nei sui climi e modi), ma la sensazione non è mica così spiacevole. Christian Clavier, che in Francia è un divo della cinecommedia, disegna senza sbagliare niente il suo dentista ipocrita (e però si rimpiange Fabrice Luchini, interprete del ruolo a teatro), Carole Bouquet è la moglie che ti aspetti nella Parigi dei soldi (e ha una faccia grazie a Dio non rovinata da bisturi devastanti), Rossy De Palma fa la proletaria etnica esattamente come ci si aspetta dal suo personaggio. Riposante, ecco. E quando ti ritrovi con Michel che non sa più come giostrare in casa la presenza contemporanea di moglie e amante non puoi non pensare a Feydeau e ai suoi diabolici congegni narrativi. Distribuzione Filmmauro dell’ex signore dei cinepattoni (e presidente di Napoli calcio) Aurelio De Laurentiis, qui passato a un prodotto più fine. Stiamo a vedere adesso se gli incassi saranno tali da poter dare una mano al pagamento degli ingaggi di Higuain e compagni.


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