Recensione: Un'amicizia pericolosa, di Suzanne Rindell
Creato il 10 giugno 2013 da Mik_94
Ciao
a tutti, amici, e buon inizio di settimana! Tutto bene? Dopo
qualche giorno di assenza, colgo l'occasione per condividere con voi
la recensione di un romanzo di recente uscita, edito dalla Nord, che
ringrazio tanto per avermi gentilmente dato modo di leggerlo. Parlo di
Un'amicizia pericolosa, un raffinato e seducente noir
ambientato negli anni '20 e caratterizzato, nell'edizione italiana,
da una copertina elegantissima e semplicemente meravigliosa:
perfetta, davvero. La fotografia – che ha in primo piano una
bellissima modella che mi ricorda vagamente Emma Stone – è di
Natalia Ilina e, nella recensione, troverete altre due foto tratte da
un suo set fotografico. Abbracciandovi dal primo all'ultimo, vi
auguro una buona lettura.
Entrò
a passi lenti, con estrema calma, ma io capii subito di avere davanti
l'occhio del ciclone. Quella donna era il cupo epicentro di un evento
che ancora ci era oscuro, il rovinoso luogo in cui il caldo e il
freddo si fondono. In quell'istante capii che tutto, attorno a lei,
sarebbe cambiato.
Titolo:
Un'amicizia pericolosa
Autore:
Suzanne Rindell
Editore:
Nord
Numero
di pagine: 358
Prezzo:
€ 17,60
Data
di pubblicazione: 6 Giugno 2013
Sinossi:
Odalie... Quella mattina del 1924, quando si è seduta alla scrivania
accanto alla mia, avrei dovuto capire che avrebbe sconvolto la mia
vita. Già da due anni lavoravo come dattilografa alla centrale di
polizia di Manhattan e conducevo una vita tranquilla, ordinaria. Ero
una ragazza all'antica: sebbene intorno a me il mondo stesse
cambiando, non avevo mai nemmeno pensato di tagliarmi i capelli o
d'iniziare a fumare. Poi è arrivata Odalie. Il suo caschetto nero, i
suoi vestiti eleganti, la disinvoltura con cui teneva la sigaretta...
Odalie era così spregiudicata, così sicura, così moderna. In quei
giorni, mi sono resa conto che volevo essere come lei e che avrei
fatto qualsiasi cosa per riuscirci. Per questo ho accettato di
trasferirmi nel suo lussuoso appartamento e l'ho accompagnata alle
feste dove si beveva champagne e si ballava fino all'alba al ritmo
della musica jazz. E per questo non ho detto nulla quando mi sono
accorta che aveva falsificato alcuni rapporti di polizia. Volevo
proteggerla. Non potevo immaginare che mi stesse semplicemente
usando. Che mi stesse mentendo. Come avrei potuto? Odalie era più di
un'amica per me. Era il mio ideale di donna. E invece lei stava
architettando la mia rovina...
La recensione
E'
in una stazione di polizia, tra fumi di sigaretta, scaroffie
disordinate e il rumore sincopato dei tasti di una macchina da
scrivere, che ha inizio questa storia. Una storia di donne che
comincia in un ambiente di soli uomini, un tango in cui a condurre –
in una sala da ballo che ha i mille specchi di una stanza degli
interrogatori – è una lei. Odalie. Un'amicizia
pericolosa è la storia di un'ossessione che brucia l'anima, che
distrugge senza costruire. Un gioco letale che - tra intrighi di
collane e nastri, tra ombre di rossetto, sangue che ricorda vino
rosso e vino rosso che ricorda sangue - solo una donna avrebbe potuto
condurre. La prima volta in cui mette piede sul suo nuovo posto di
lavoro, una fiumana umana di sguardi invidiosi, esterreffatti o
incantati si tende verso Odalie. E' bella come un miraggio. Occhi
azzurri da gatta, labbra scarlatte, una sigaretta tra le unghia
smaltate, gioielli costosi, capelli corvini e un taglio che subito fa
discutere: un caschetto netto, affilato come lo sono il suo sguardo
audace e il suo umorismo pungente. Sfrontata. Moderna. Femmina. La
sua risata è musica, l'incedere sinuoso dei suoi tacchi alti non è
adatto ai deboli di cuore. Ha il potere di farti sentire un
miracolato, se ricambia il tuo sorriso. Scambiando futili
chiacchiere, pettegolezzi, presunti ricordi, ti fa sognare e
struggere: vorresti vivere la sua vita eccitante ed ebbra, vedere New
York attraverso la cortina vellutata delle sue lunghe ciglia scure. Prima di incontrarla, Rose era una persona buona. Lavorava
come stenografa per la polizia, tutt'uno con la sua moderna macchina
da scrivere e con i casi di omicidio e frode che, per un dignitoso
stipendio, era tenuta ad annotare con gesti meticolosi e ripetuti.
Orfana e cresciuta dalla religiosità asfissiante di suore arcigne e
normative, vive un'infatuazione segreta e un po' infantile per il suo
datore di lavoro e, cinica sognatrice, confida nell'arrivo di un
elettrizzante terremoto emotivo che le spazzi via la polvera da una
vita che, come il suo lookdémodé,
sa già di vecchio. Ma, da quando Odalie le ha concesso il primo
occhiolino complice, nulla è stato più come prima. Rose ha
abbandonato su due piedi la sua squallida stanza in affitto per un
appartamento dalla vista mozzafiato e dagli armadi forniti come
quelli di una boutique di grandi marche. Ha trascurato il suo lavoro
per imbucarsi a festini clandestini e a brunch che durano fino
all'alba del giorno dopo. Ha perso la lucidità in calici di
raffinato champagne.
E la testa nell'arte di essere come Odalie,
forse solo per comprenderla di più. Lei, che è il suo più grande
tormento. Il suo finale triste. La sua migliore amica: l'unica che
abbia mai avuto. Batto
sui tasti del portatile e, contagiato dallo splendore sfiorito degli
anni ruggenti, immagino di avere davanti a me una macchina da
scrivere d'altri tempi. I più grandi scrittori hanno affidato ad
esse i loro capolavori e gli scandali più torbidi sono stati
custoditi lì, poi sputati sulla carta, poi dati in pasto alla
stampa. A romanzo ultimato, immagino di raccogliere la deposizione di
Rose al banco degli imputati. Tutti ascoltano affascinati e curiosi,
tutti fumano, tutti aguzzano le orecchie per avere i dettagli di una
relazione considerata scandalosa. Nel suo racconto c'è gelosia,
ambiguità, mania. In quegli stessi anni, in Italia, Italo Svevo
pubblicava La coscienza di Zeno.Questa storia, invece, dovrebbe intitolarsi L'incoscienza
di Rose. Il primo era il diario
interiore di un bugiardo patologico, questa è la ricostruzione,
invece, di una narratrice inaffidabile che parla dell'amicizia assassina che l'ha resa dipendente di una droga chiamata Odalie. Cieca davanti all'evidenza. In
maniera superba, rievoca il meglio e il peggio di quegli ipocriti
anni che eppure adoro così tanto e, attraverso un drappo di mistero
e luci che sfavillano in mezzo ad intere cortine di fumo, ritaglia la
figura di una femme fatale che
sorride amabilmente, balla il charleston, manipola, uccide,
conquista. La sua inseparabile Odalie è un dubbio ossessionante che
seduce lei e il lettore dall'inizio alla fine. Come Salomè, sarebbe
in grado di chiedere il mondo su un piatto d'argento. O la testa di un suo rivale. E, puntualmente, sarebbe in grado di riceverli. La sua femminilità è
potere e il suo sguardo penetrante è la chiave che apre tutte le
porte. Di Paradiso o Inferno. Rose è Nick Carraway, in
viaggio nel lato selvaggio. Odalie – che è uno, nessuno
e centomila – è Jay Gatsby:
l'incarnazione al femminile degli anni '20.
Un bellissimo falso
d'autore. Il suo mondo luccica di diamanti e stelle, scivola sul
pavimento di una balera e sul fondo di un liquore di contrabbando,
sorride nascondendo abilmente una carie grande quanto una voragine, si
finge spensierato e felice quando una crisi economica peggiore della
nostra è in agguato a Wall Street. Confessa la verità e ritratta.
Smentisce e si contraddice. “Era
come se fossimo usciti dalla guerra stanchi di vivere, ma nel
contempo avessimo fatto un salto di generazione, simulando una
gioventù virginale. In breve, giunsi alla conclusione che eravamo un
mucchio d'impostori”. Suzanne Rindell, autrice eccellente e
padrona delle regole del gioco, firma un esordio impeccabile, che può
vantare due protagoniste uniche e uno stile pieno, curato, che odora
di vero, gin e menzogne. Ha poche carte, quasi sempre le stesse, ma
conosce l'arte di dissimulare e i segreti oscuri della persuasione.
Il suo modo di fotografare quegli anni è sublime e personalissimo.
Le sue frasi sono fotografie in bianco e nero che provengono
direttamente da quegli anni lontani; la sua storia è una lenta e
torrida escalation che, al ritmo del jazz di Chicago,
danza dietro le sbarre, tra lo charme immortale dei classici di
Hitchcock e l'erotismo evanescente e malsano dei conturbanti noir
di Brian De Palma. Quelle atmosfere splendidamente descritte e i
misteri foschi e sfrenati creano un labirinto d'inganni e doppi
giochi. Un reticolo prezioso che, ai polsi, ti fa trovare manette
tempestate di diamanti e, al collo, collier tanto stratti da metterti
a tacere per ora e per sempre. Un'amicizia pericolosa è la menzogna divenuta arte.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Death in Vegas - Dirge
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