Recensione · “Un cuore in mille pezzi” di Anna Todd

Creato il 19 ottobre 2015 da Ceenderella @iltempodivivere

Ho almeno cinque bellissimi romanzi di cui scrivere la recensione e volevo parlarvi oggi di Dov’è finita Audrey? di Sophie Kinsella, ma ieri sera ho finito il volume numero due della serie After e la recensione è uscita talmente di getto da non poterci fare niente. Non me ne voglia chi lo ha amato, anzi, mi spieghi piuttosto il motivo perché davvero vorrei intavolare una discussione critica e non solamente dettata dai feels. Per chi invece non l’ha letto: ci sono spoiler e citazioni utilizzate per spiegare i punti che volevo evidenziare; chiudete la pagina o proseguite a vostro rischio e pericolo, insomma.


Un cuore in mille pezzi
di Anna Todd


TITOLO ORIGINALE: After we collided
EDITORE: Sperling & Kupfer
TRADUTTRICE: Ilaria Katerinov
ANNO: 2015
PAGINE: 465
La serie After è così composta: #1 After (After) | #2 Un cuore in mille pezzi (After we collided) | #3 Come mondi lontani (After  we fell) | #4 Anime perdute (After ever happy)


Dopo il loro incontro, niente è stato più come prima. Superato un inizio burrascoso, Tessa e Hardin sembravano sulla strada giusta per far funzionare le cose. Tessa si era ormai arresa al fatto che Hardin… è Hardin. Con il suo carattere, la sua rabbia. Ma anche simpatico, divertente, dolce – quando vuole – e dannatamente sexy. Eppure la rivelazione sulle origini della loro relazione ha lo stesso l’effetto di una bomba. Tessa è sconvolta, fuori di sé. La sua vita prima di lui era così semplice e chiara. Ora, dopo di lui, è solo… dopo. Chi è davvero Hardin? Il ragazzo di cui si è perdutamente innamorata nonostante tutto? O uno sconosciuto, un bugiardo fin dal principio? Vorrebbe allontanarsene. Ma non è così facile. Non con il ricordo delle sue braccia intorno a lei. Della sua pelle. Del suo tocco. Dei suoi baci affamati. E non è sicura di poter sopportare un’altra bugia, un’altra promessa non mantenuta. Per lui, ha messo tutta la sua vita tra parentesi – l’università, gli amici, il rapporto con sua madre, un ragazzo che l’amava sul serio, e forse anche una promettente carriera nell’editoria. Ora Tessa deve andare avanti. Con o senza di lui. Ma Hardin sa di aver commesso un errore, forse il più grande della sua vita, e non ha intenzione di arrendersi senza combattere. Saprà cambiare? Cambiare … per amore?



· Recensione ·

Sono masochista, in fatto di letture. Scorrendo la lista delle recensioni si può ben capire quanto mi piacciano quelle che mi lasciano a pezzi (e forse dovrei parlarne con qualcuno, direte voi a buona ragione) e al tempo stesso mi butti a capofitto su libri che già in partenza so che finirò per odiare a morte. After, credo sia inutile anche dirlo, è uno di questi ultimi. Insomma, non ho apprezzato praticamente nemmeno la punteggiatura del primo, come potrei averlo fatto col secondo che è addirittura peggiore? Ecco, quel che segue è una recensione brutta, negativa e tendenzialmente anche cattiva. Mi spiace per chi ama questa serie, ma non ne capisco il motivo, dal mero punto di vista letterario e qualitativo. Non discuto l’apprezzare cose che sono orribili e inutili (se solo sapeste quanto ami i programmi trash di RealTime & co. mi togliereste il saluto), ma proprio il suo essere definibile romanzo fatto e finito. Su quali basi? Secondo quale logica? Non quella che riguarda una qualità – oggettivamente mancante – ma semmai una che risponde solamente a scelte di marketing, a mio avviso. Ma vabbe’, facciamo che vi racconto quanto è orrido il suo contenuto, ok? Ricordate dove eravamo rimasti alla fine del primo capitolo? Tessa aveva brutalmente scoperto che Hardin l’aveva in sostanza portata a letto per scommessa, mostrando addirittura (dio, che schifo: come si può pensare cose del genere e giustificarle?) le lenzuola sporche del suo sangue e il preservativo usato quella sera ai suoi amici per riscuotere la vittoria. Raggiunto quest’apice di umiliazione, si penserebbe che non voglia mai più avere a che fare con quel ragazzo che probabilmente non l’amava abbastanza. E invece no! Sì, va bene, inizialmente – nei primi cinque capitoli o giù di lì – fa la ritrosa, grida, piange e si dibatte, incapace di comprendere come abbia potuto, domandandosi pure se l’abbia mai amata ma dopotutto bastano due scuse in croce per far sì che lo riaccetti nella sua vita. E nel suo letto. Di nuovo, ripetutamente, come se si divertisse a sbagliare e a esser presa a offese e ceffoni volanti. Perché in questo romanzo aggiungiamo l’aggravante delle botte: Hardin non lo fa mai forse volontariamente – anche se sono in dubbio su una scena all’incirca a metà – ma più volte la troviamo a terra, sanguinante o mal messa perché lui l’ha allontanata in malo modo quando cercava di staccarlo dal tizio di turno che stava menando. E ditemi voi se potreste mai accettare una cosa del genere, perché per me è un grande, enorme no. Non mi importa la volontarietà del gesto, mi frega che ogni singola azione perfida e subdola di lui sia giustificata, perché, lo sapete no?, Hardin ha avuto dei genitori pessimi, povero ragazzo. Be’, amico, benvenuto nel club, abbiamo le spillette e organizziamo meeting annuali, vuoi avere la decenza di presentarti e condividere le esperienze così da superarle? Non c’è scusante che tenga, per me, nemmeno un passato tormentato: non l’ho accettato in un romanzo di Colleen Hoover (e io adoro la prosa di quell’autrice), figuriamoci se posso stare a leggere di una ragazza così sottomessa da sminuire ogni gesto del suo ragazzo in virtù di un padre alcolista. In fondo “Hardin si arrabbia spesso, e a volte diventa violento, ma non mi farebbe mai del male”, disse quella che poi si è ritrovata con dei lividi addosso e un occhio nero, perché “nessuno gli ha insegnato a essere uomo” e, che sia ben chiaro, “Ken è la fonte di tutti i suoi problemi”. Sì, perché evidentemente Hardin ha tre anni e mezzo e non sa decidere: vive di pulsioni che asseconda, non riflette, il suo cervello bacato ragiona in base ad azione-reazione come un animale che vede minacciati i suoi piccoli. E la ragione di tutto questo è suo padre, quell’uomo che dopotutto ha saputo prendersi le sue responsabilità, cambiare, migliorare e che dal momento uno cerca di ricostruire, senza nemmeno forzarlo ma comprendendo la difficoltà di suo figlio, un rapporto con lui. Troppo facile, e non va così. A ventun’anni hai la possibilità di capire, di saper agire come una persona adulta e coscienziosa: insomma, Hardin e Tessa, ditene un’altra che questa non me la bevo, grazie. Perché, l’ho già detto, la violenza non è mai un’imposizione ma una scelta e Hardin la sua la fa ogni volta, sempre uguale. Inutile che lei incocci, non cambierà per amore se non deciderà di cambiare per sé. Reagirà sempre picchiando Zed, sbattendo al muro un tizio a caso che bacia, minacciando un collega di lavoro che le parla, e finendo poi con l’uscirsene con frasi tipo “verrà con me [in Inghilterra] perché è giusto che stiamo insieme e non vorrà stare lontana”, nonostante sappia benissimo della sua volontà di trasferirsi a Seattle, e arrivare a cose come “scopro che andavi in giro a farti tutto il campus come una puttana”. Che, dico io, vuoi avere la facoltà di decidere della tua vita? Ma sei forse impazzita? Se Hardin vuole che tu lo segua in Inghilterra, così farai, se lo ami. Poi, oh, sei single e baci un ragazzo che non piace al tuo ex? Be’, sì, sei una donnaccia fatta e finita e poco importa se lo hai fatto per ripicca, per dimenticare per qualche istante o semplicemente perché ti andava visto che non dovresti nemmeno dare spiegazioni: a Hardin non interessa, lui deve essere picchiato, tu insultata malamente. Salvo poi scoparti – perché Hardin non fa l’amore ma scopa, fedele alla tradizione che mister Grey ha creato – e vantarsene, ancora, nonostante tutto, persino con sua madre (“me lo ricorderò stasera quando affonderò in sua figlia”). A me sale in disgusto a ogni riga ed avrei anche mille citazioni da mettere, visto quanto ho fuso l’evidenziatore del Kobo, ma non credo ne valga la pena. Insomma, è tutto così sbagliato qui e tutti si comportano in maniera così negativa che nemmeno serve aggiungere altro. Quel che emerge è una Tessa che non può decidere della sua vita (che sia Hardin o sua madre, qualcun cerca sempre di imporle la sua decisione), talmente svampita da ritenersi al centro dell’universo (come fanno gli altri a non accorgersi che lei soffre, si domanda), ancora la bigotta del primo romanzo che nemmeno vuol sentir nominare la parola “mestruazioni” manco fossero una malattia che si attacca al solo pronunciarla e che finisce sempre per assecondare Hardin. Perché lo ama. E che sia un amore disturbato lo sa pure, più volte lo ribadisce ma sembra non prestar nemmeno ascolto ai rari sprazzi di lucidità che affiorano: Hardin comanda, lei può solo seguirlo. Il tutto a ogni capitolo, pronto a concludersi per di più quasi sempre con un colpo di scena che risente ancora troppo della vicinanza a una scrittura da fanfiction per apparire lineare e coerente.
Non lo so, davvero, cos’altro scrivere. Forse sono anche un po’ pessima nell’aver provato anche a leggere il secondo ben sapendo cosa ci avrei trovato dentro e un pochetto mi sento persino in colpa nel recensirlo in questo modo. Però poi penso che un book blogger è lì per dire la sua, anche quel parere che spesso e volentieri nel settore nessuno direbbe, e so che mi sentirei doppiamente in colpa nell’esser stata zitta visto cosa nascondono alcuni dei grandi successi editoriali del momento. Questa è merce scarsa, sbagliata e persino mal scritta (perché, voglio dire, almeno le ripetizioni e gli usi sbagliati di verbi possiamo evitarle): davvero di meglio non si può chiedere ai romanzi che leggiamo? Io dico di sì. E vi dico anche che questa serie la finirò e recensirò. Bastarda, tanto, ma testarda ancora di più.

1/5
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