Recensione: Un giorno, forse, di Lauren Graham
Creato il 29 marzo 2014 da Mik_94
Ciao
a tutti, amici. Come state? Io mi sono ufficialmente ripreso. Dopo il
“picco” di giovedì sera, adesso zero febbre e soltanto un brutto
mal di testa. Lunedì si ricomincia. Oggi, quindi, ho deciso di
parlarvi della mia ultima lettura. Una novità molto attesa che ho
avuto modo di leggere in anteprima, grazie alla Sperling. Scoprite le
mie impressioni in questa breve recensione, se vi va. Un abbraccio e
buon weekend, M.
E'
soltanto un gesto scaramantico, ma osservare l'East River dal treno è
un rito che mi ricorda quanto sono piccola: solo una delle migliaia –
anzi, dei milioni – di persone che hanno guardato il fiume prima di
me, che sono arrivate a New York con un sogno. Non importa se l'hanno
realizzato o no. Mi dà speranza.
Titolo:
Un giorno, forse
Autrice:
Lauren Graham
Editore:
Sperling & Kupfer
Numero
di pagine: 360
Prezzo:
€ 17,90
Data
di pubblicazione: 25 Marzo 2014
Sinossi:
Quante
volte Franny Banks, passeggiando sulla Quinta Avenue con gli anfibi e
l'uniforme da cameriera, si è detta: Un giorno, forse, camminerò su
questa strada con i tacchi alti e il portamento da vera diva. Quando
è arrivata a New York, aspirante attrice e aspirante molte altre
cose, Franny aveva un piano: sfondare nel cinema nel giro di tre
anni. Ora ne sono passati due e mezzo, e le cose non stanno andando
esattamente come sperato. La sola parte che ha ottenuto è stata in
uno spot pubblicitario di imbarazzanti maglioni natalizi, e gli unici
fan sono i suoi due coinquilini. Forse è il caso di trovarsi un
piano B, come le consigliano tutti: Franny già si vede mentre torna
a casa da suo padre, sposa l'ex fidanzato storico e "si
sistema". Eppure, dentro di sé, sa che non è ancora pronta a
tradire il suo sogno e non vuole rinunciare a seguire le orme dei
suoi idoli: Diane Keaton e Meryl Streep. La svolta arriverà
inaspettata, come in una battuta fuori copione: un giorno, durante lo
spettacolo di fine corso alla scuola di recitazione, Franny cade
rovinosamente sul palco. Sembra la fine della sua carriera mai
decollata, e invece sarà il vero inizio. Tra esilaranti avventure
sul set, incontri bizzarri, provini assurdi e un amore inatteso,
Franny scoprirà che la vita può sorprenderti molto più di un film.
La recensione
New
York. La Città che non dorme. La Grande Mela... Sarà abbastanza
grande, questa mela, per contenere i sogni e le ambizioni di tutti i
suoi abitanti? Milioni di vite, milioni di speranze. Tutti con il
loro sogno segreto. S'incrociano ai semafori, in metro, nei pub.
Camminano in masse infinite per quelle infinite vie. Chi in tuta, chi
in jeans e T-Shirt, chi con tailleur e tacchi eleganti. Chi
ciondolando tra i passanti, chi schivandoli per non far tardi a un
qualche appuntamento, chi perdendosi con lo sguardo tra le luci
sempre accese e i grattacieli mastodontici, come se quella fosse la
prima volta in assoluto al centro di Time Square. Turisti per sempre
– alla scoperta, a ogni passeggiata, di nuovi angoli, nuovi teatri
all'avanguardia, nuove audizioni e opportunità impensate. Lo zoom su
una ragazza che va di fretta – i capelli crespi e scuri, le scarpe
comode e la gonna nera, perché il nero sfina e lei è condannata ad
essere una taglia 44 in un mondo di taglie 40: questo è Un
giorno, forse. La storia di
Franny Banks, e di mille provini, e di corteggiatori a sorpresa, e di
una città ricca di possibilità e di aspiranti attori. Una commedia
brillante, carica d'ironia e d'amore, ispirazione per una serie TV di
prossima uscita, scritta da un'autrice d'eccezione. Una scrittrice
per un giorno. Questo è quello che mi ha spinto a leggere questo
simpatico chick lit. Genere, quest'ultimo, che conosco poco, ma di
cui non mi è impossibile riconoscere i vari pregi. Ne ho letti
giusto un paio, in vita mia. O perché non avevo niente di meglio da
leggere e, nei periodi di magra, erano quelli che offriva la libreria
personale di mamma; o perché quegli chick lit in questione sarebbero
diventati film con attori e registi particolarmente amati dal
sottoscritto. Vedi Il diavolo veste Prada,
vedi Anne Hathaway e Meryl Streep chiamate a recitare sullo stesso
set. Il nome in copertina chissà se lo avete riconosciuto subito:
Lauren Graham. Vi dice niente? Nella bozza non definitiva che ho
letto io, non c'era una sua foto, ma proverò a descriverla io per
voi. Occhi azzurri, capelli corvini, naso all'insù, un
indimenticabile sorriso tutto fossette. E' così che la ricordo.
Trasognata, imbarazzante, non sempre pronta a crescere. La dolce
Alexis Bledel l'aveva avuta come mamma e amica per sette stagioni,
come Mamma per amica.
Erano i primi anni duemila e, a lungo, le Gilmore Girls
ci hanno fatto compagnia. Troppo piccolo per seguire un telefilm con
la costanza di adesso, accendevo la tivù, quando capitava, e, quando
capitava, mi facevano compagnia loro. Di ritorno da scuola, nei
pomeriggi privi di tempi morti di Italia Uno, o la mattina, spesso,
in vecchie repliche trasmesse invece in giornate che più morte non
si poteva, durante le sonnolente vacanze di Natale. Ricordo i colori
autunnali della sigla, Carole King che cantava Where you
lead, le loro voci e le loro
risate nella mia cucina. La prima esperienza di Lauren nel mondo
dell'editoria – pur non conquistando del tutto – mi ha divertito
e intrattenuto piacevolmente. Sarà che per me tutto è nuovo. Sono
nuovi i toni, il senso dell'umorismo, la grazia, le avventure e le
disavventure che fanno di Un giorno, forse
un romanzo in rosa, ma non un romanzo rosa. Una vetrina, a volte
inedita, sul mondo delle aspiranti stelle e sulla fame insaziabile di
notorietà. Non potrei dire una sola parola negativa sul suo conto,
ma fatto sta che la memorabilità, qui, non è di casa. Questo è
l'unico difetto di un romanzo estremamente carino, davvero, ma che
potrebbe lasciare il tempo che trova. Purtroppo. Dico purtroppo,
ma non penso sia poi un difetto imputabile all'autrice, qui al suo
esordio letterario. Magari è tra i limiti del genere, magari no.
Sminuirei lo chick lit, se dicessi che – in fondo – è
l'equivalente di carta e inchiostro delle commedie hollywoodiane in
cui tutti sono “belli, ricchi e famosi”? Quelle che ti fanno
ridere, arrossire, per poi farsi dimenticare, senza pensieri, al film
successivo? Un po' prevedibili, confortevoli, confortanti. Le buffe
gag della protagonista, quasi certamente, finirano per sbiadire tra
qualche settimana e qualche libro, ma in questa storia nuovi e
sporadici guizzi sono presenti. I protagonisti, al limite, possono
definirsi “giovani, carini e disoccupati”, come nel piccolo cult
movie di quegli stessi anni con Ben Stiller, e le loro vicende
personali sono meno scontate e facili del previsto. Partono,
all'inizio, accasati e con relazioni sentimentali solide e
inattaccabili, poi destinate ad essere messe a soqquadro da Cupido e
dalle insidie del Red Carpet; non per tutti, inoltre, in queste 360
pagine, arriva il famoso “giorno, forse” delle luci della
ribalta. Vivono sotto lo stesso tetto, sopravvivono con lavoretti
part-time e con i generosi prestiti di genitori ormai al verde,
sbirciano la vita di un solitario vicino – dalle finestre – come
se fosse un reality show dal vivo. Sono disordinati, sono perfettini,
sono talora in armonia e talora in conflitto.
Si ritrovano a parlare
delle loro giornate senza gioia e delle loro sceneggiature più
riuscite, dei loro volti presto nelle poco suggestive pubblicità di
detersivi e delle tragedie della televisione, che sembra ingrassare
gli attori di qualche chiletto. Franny che cerca di scoprire il
mistero legato al suo nome e a sua madre in uno strano racconto di
Sallinger, Dan che scrive di fantascienza notte e giorno e che
filosofeggia guardando le sequenze conclusive dell'8½
del nostro Federico Fellini. La protagonista è New York. I
protagonisti sono gli anni '90. Ambientazione epica, mitica, iconica
che ci riporta alle salopette e alle camicie larghe di flanella, alle
soap e alle maratone serali di Law & Order
con gli amici, sul divano, tra unti cartoni di pizza e supposizioni a
fantasia sul colpevole di turno. Gli anni in cui Friends
era la sit-com per antonomasia e
in cui il taglio di capelli di Rachel faceva tendenza. Un
giorno, forse si rifà allo
spirito di quel decennio, e questo è il bello, decisamente. Metterlo
in scena in quegli anni lo rende nostalgico, riuscito, denso di
rimandi a mode e band di passaggio che hanno fatto storia. Una guida
simpatica e inedita sulle peripezie del diventare artista, al
servizio di una struttura tutta particolare. Alla narrazione in prima
persona della giovane protagonista, infatti, si alternano pagine e
pagine di esilaranti sceneggiature; frammenti, scadenze e note
affidate a una fedele agenda; messaggi imbranati lasciati in
segreteria. Leggerissimo, ma non senza una certa ferocia. Vero. Non
tutte le autrici di chick-lit sono Sophie Kinsella, ma la Graham ha
stile, freschezza, elasticità. Non è una voce tutta sua quello che
le manca. Come la sua protagonista, deve averla trovata dopo anni di
gavetta. Ma l'ha trovata. In bici, sul ponte di Brooklyn, in una
domenica mattina senza traffico: panchine vuote, auto addormentate
nei garage di villette di periferia. “Magari
non sei ancora riuscita a raggiungere i tuoi obiettivi, ma la tua
agenda ti mostra che hai continuato a riempire le pagine. La quantità
diventa qualità, come dice il racconto. Non devi credersi per forza,
al tuo successo. Devi soltanto stringere i denti e non mollare mai;
andare avanti giorno dopo giorno, e qualcosa succederà.”
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: Natasha Bedingfield – Unwritten
Potrebbero interessarti anche :