Recensione: Una lunga estate crudele, di Alessia Gazzola

Creato il 12 febbraio 2015 da Mik_94
Allora apprenda questa lezione da chi dottoressa non è: il mal d'amore esiste, e uccide.
Titolo: Una lunga estate crudele Autrice: Alessia Gazzola Editore: Longanesi Numero di pagine: 313 Prezzo: € 16,40 Sinossi: Alice Allevi, giovane specializzanda in medicina legale, ha ormai imparato a resistere a tutto. O quasi a tutto. Da brava allieva, resiste alle pressioni dei superiori, che le hanno affidato la supervisione di una specializzanda... proprio a lei, che fatica a supervisionare se stessa! E lo dimostra anche la sua tortuosa vita sentimentale. Alice, infatti, soffre ancora della sindrome da cuore in sospeso che la tiene in bilico tra due uomini tanto affascinanti quanto agli opposti: Arthur, diventato "l'innominabile" dopo troppe sofferenze, e Claudio, il medico legale più rampante dell'istituto, bello e incorreggibile, autentico diavolo tentatore. E infine, Alice resiste, o ci prova, all'istinto di lanciarsi in fantasiose teorie investigative ogni volta che, in segreto, collabora alle indagini del commissario Calligaris. Il quale invece dimostra di nutrire in lei più fiducia di quanta ne abbia Alice stessa. Ma è difficile far fronte a tutto questo insieme quando, nell'estate più rovente da quando vive a Roma, Alice incappa in un caso che minaccia di coinvolgerla fin troppo. Il ritrovamento dello scheletro di un giovane attore teatrale, che si credeva fosse scomparso anni prima e che invece è stato ucciso, è solo il primo atto di un'indagine intricata e complessa. Alice dovrà fare così i conti con una galleria di personaggi che, all'apparenza limpidi e sinceri, dietro le quinte nascondono segreti inconfessabili.                                    La recensione Quando non ci aspettiamo nulla, quando su qualcosa non scommetteremmo un centesimo, è proprio quello il momento in cui accadono cose prorompenti.” Toc toc. E così bussano. E così, come ogni anno, me le porta il postino. Alessia Gazzola, Alice Allevi: compagne fisse, ormai, dei miei freddi freddissimi inverni. Si dice che la puntualità non sia donna e che queste due, di donne, autrice e personaggio, mamma e figlia, forse sorelle gemelle, non siano poi la famosa, spasimata eccezione alla regola. Anzi. Non so Alessia com'è, in verità, ma se c'è un po' di Alice in lei – come io, da anni, ormai sospetto – scommetto che qualche fidanzato avrà dovuto aspettare al freddo e al gelo che scendesse di casa, con la frangia ben pettinata, le scarpe alte, un cappotto scelto con cura maniacale, tenendo a mente i colori in voga, gli abbinamenti e anche gli aggiornamenti variabili delle previsioni meteo. Logico, poi, che si becchino solo un'occhiataccia, un commento sgarbato sui proverbiali ritardi del gentil sesso e complimenti manco a pagare milioni. Ma quando sono dovuti sono dovuti. Alessia, io ti dico brava. Perché ai tuoi lettori riservi un trattamento speciale e loro un gennaio senza te non l'hanno mai passato. Perché fai bene e, se hai fretta non lo so, sei sempre in tiro: non un ricciolo, non una virgola, non un personaggio fuori posto. Quando sai che verrà a farti visita è come se arrivasse l'incarnazione del Natale o, chessò, una cugina fighissima. Ti fai trovare ben vestito e attento, le mani protese verso le cartoline di luoghi lontani e le orecchie rizzate, in attesa di una nuova storia delle sue. Cosa avrà combinato in un anno di silenzio? Nuovo caso, solita città. Quella bella, ma che fa troppo rumore. Quella viva, ma che offre suggestivi spunti di morte. Per fortuna che è vicino alla tranquilla Sacrofano, un'oasi a un passo di treno, in cui ci si deve preoccupare solo di fratelli con piccoli problemi coniugali, nonne che imbrogliano giocando a carte, rimpatriate da organizzare, essere figlie modello – non esattamente cosa da poco, considerando un'inspiegabile attrazione verso il macabro e la scarsa probabilità di scodellare nipotini a breve, con la crisi economica e gli uomini che non cambiano, come cantava la Martini. E per fortuna che ci sono tante cose che non cambiano. Claudio Coltorti: bello, dannato, con una strana poetica sentimentale e lo sguardo indecifrabile. Arthur Malcomess, gran bravo ragazzo, ma pessimo compagno di vita, che forse si godrà per un po' le gioie di stare fermo, senza aerei da prendere e gente da salvare. Insieme a loro la frizzante Cordelia; la mitica Nonna Amalia – il mio sogno? 
Una serie di romanzi dedicati a lei, con tanto di copertine Harmony che farebbero la gioia dell'arzilla ava; il fedele Calligaris – ormai sfugge se lui sia Holmes o Watson, perché la sua allieva è sempre più abile. E poi c'è Alice, che è l'unica certezza che ci resta. Cuore e testa tra le nuvole, due terzi intuito e un terzo indecisione, una voce che ti entra in testa e ci resta, un nuovo spasimante a cui guardare con ritrosia. Perché Sergio Einardi, quieto antropologo, sembra perfetto, ma alle donne si sa che quelli mogi mogi non piacciono granchè, e poi anche lui potrebbe avere un oscuro segreto a forma di ex moglie. Alice... Ricordo di averla trovata più sciupata e malinconica, trecentosessantacinque giorni fa. Non voleva lo zuccherò nel caffè. Un'indagine più difficile delle solite l'aveva messa a dura prova, infatti, e aveva poca voglia di parlare. Una collega scomparsa nel nulla, una vittima sepolta a cui dare voce. In Le ossa della principessa c'era forse meno di lei – per via di una sapiente struttura a più strati che alternava la sua voce a quella di un'amante infelice – ma più giallo, ai margini della tavolozza, in cui immergere la punta del pennello per disegnare nuove scene del crimine, altri moventi, continui misteri. Nonostante l'inverno sia sbocciato in ritardo e neppure febbraio, tra nevicate a bassa quota e geloni sulle mani, ci voglia fare il generoso regalo di un raggio di sole, con Alessia Gazzola arriva l'estate in anticipo. Una lunga estate crudele incede allegro e spedito, vestito di leggerezza e tintarella omogenea. Crudele giusto un po', estivo parecchio, è un toccasana contro il Blue Monday – fosse catastrofico, almeno, solo quel lunedì lì – e la Sessione Invernale. La verve di Alice regna incontrastata, questa volta, e la commedia romantica convola a nozze con il poliziesco, ma con un pelino di convinzione in meno che in passato, secondo me. Tanto infatti nel capitolo precedente il giallo era solido, tanto qui l'indagine è tra le più classiche, prevedibile ma non troppo, e messa in scena in un mondo che conosciamo da lontano, lasciandoci ingannare dalle luci fatue dei riflettori che brillano e dal fascino indiscreto del tendone rosso. Tanto nel capitolo precedente la nostra narratrice preferita era matura e pensierosa, tanto qui – a indicare che non si smette mai di crescere e che l'adolescenza è per sempre – sembra vivere e rivivere un'eterna gioventù, con cotte da quindicenni, viaggi post esame di maturità in Sicilia ma fatti sulla soglia dei trenta, amicizie resistenti e felina curiosità. Ma, vi dirò, davvero è un problema, per chi ormai è affezionato perso ad Alice, aver beccato quello giusto, di indizio, tra un mare di depistaggi e testimonianze spapagliate con intelligenza? Direi di no. Fino a quando ci sarà lei, fino a quando a modo suo – strampalata, estrosa e cronicamente indecisa, al solito – mi racconterà l'arcobaleno e il delizioso pasticcio che viene fuori mescolando con le dita il giallo e rosa, anche lo scoprire che l'assassino è il notorio maggiordomo, giuro, saprà strapparmi un sorriso di quelli ampi, bianchi e stupiti.  Il mio voto: ★★★½ Il mio consiglio musicale: Carmen Consoli - Amore di plastica



"Volevo essere più forte di ogni tua perplessità. Ma io non posso accontentarmi, se tutto quello che sai darmi  è un amore di plastica."

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