“In questo periodo l’Italia si trova in una condizione triste e pericolosa. Tutti sono spaventati dalle funeste certezze dell’oggi e dalle ancor più temibili incertezze del domani.”
VIAGGIO IN ITALIA
di
Lorenzo Pezzica
Autore: Lorenzo Pezzica
Editore: Elèuthera
pagg.: 143
Prezzo: euro 12
Sinossi:
Nelle sue vorticose peregrinazioni, ora per partecipare a un'insurrezione ora per sfuggire a un arresto, Bakunin soggiorna spesso in Italia, soprattutto negli anni Sessanta dell'Ottocento. Più che essere attratto dalle bellezze del paese, l'obiettivo che si propone è di incendiare l'immaginazione delle masse povere italiane per fondare una società di liberi ed eguali. Tra una cospirazione e l'altra si rivela però un acuto osservatore dei mali di un paese appena unificato e già afflitto da quei vizi con cui facciamo i conti ancora oggi: un meccanismo di prelievo fiscale tanto vessatorio quanto inefficace, l'uso personale del potere da parte degli amministratori della cosa pubblica, lo strapotere della burocrazia, il ruolo invasivo della Chiesa… Insomma, lo sguardo a volte indignato ma a volte divertito del rivoluzionario russo mette in luce un'Italia che non stentiamo affatto a riconoscere. Sembra quasi che lo Stato unitario si sia ripetuto uguale a se stesso nel corso dei decenni, riproponendo neltempo i tanti vizi e le scarse virtù che già Bakunin coglieva centocinquant'anni fa.
Recensione a cura di Melquiades
Viaggio in Italia è il volume edito da Elèuthera nel quale Lorenzo Pezzica raccoglie gli scritti dell’aristocratico russo Michail Bakunin, sceso in Italia nel 1864 per risvegliare gli animi e innescare la rivoluzione socialista. Nei tre anni di soggiorno italiano si stabilisce in diverse città, partendo da Torino per arrivare nell’amata Napoli. Dalle lettere in appendice si evince come Bakunin abbia contato su un’estesa rete di contatti per muoversi e trovare ospitalità nelle varie tappe, rete basata essenzialmente su esponenti del movimento mazziniano. Ed è proprio Mazzini, insieme a Garibaldi, il protagonista se non anche il destinatario di questi scritti. Se da un lato vengono elogiati i due eroi del Risorgimento, il loro profilo umano, la loro carica “rivoluzionaria”, dall’altro se ne rileva il profondo fallimento, o “fiasco”, per utilizzare una delle poche parole italiane che l’anarchico russo conosceva. Il risultato del processo di unificazione italiano è stato il regno sabaudo, lontano e disinteressato al popolo che dovrebbe essere il serbatoio inesauribile di ogni rivoluzione e la forza motrice di ogni Stato. L’analisi tracciata è desolante e, purtroppo, attualissima: l’Italia, nonostante la vivida intelligenza del suo popolo, è un Paese povero, affamato e oberato di imposte che servivano e servono a mantenere lo status quo, dove le classi apicali, la “consorteria”, vivono sulle spalle della massa indigente e artatamente costretta all’ignoranza. La soluzione ai mali è, ça va sans dire, la rivoluzione socialista. Lucidamente, Bakunin conclude che difficilmente l’Italia avrebbe potuto essere il centro della stessa. Nonostante il terreno fertile, l’innesco doveva necessariamente trovarsi altrove. E in effetti, dopo un secondo tentativo qualche anno più tardi, la parentesi rivoluzionaria e anarchica italiana si chiuderà definitivamente con la fuga grottesca di Bakunin. E se è vero che nemo propheta in patria, altri volumi della stessa, encomiabile casa editrice ci mostrano come gli anarchici italiani abbiano trovato maggior successo e fatto un maggior numero di proseliti all’estero.